Popoli
antichi e Correnti superficiali dell’Adriatico
di Nazzareno Graziosi
Le Marche e la
costa occidentale dell’Adriatico sono, da millenni, porto di arrivo: la
storiografia antica lo propone, quella moderna non lo esclude. Il Gallucci in
Antichità Picene, 1786, afferma: molti e vari popoli vi ebbero stanza e
imperio, tra essi novera: Siculi (quelli antichissimi non i siracusani
– Italo compreso), Liburni, Enotrj, Ausoni, Peucezj, Umbri, Pelagi, Etruschi e
Galli. Per Ellanico i primi erano: “Stirpe antecedente la guerra di Troia”,
Filisto 80 anni prima. Pierfrancesco Giambullari (Firenze, 1495 – Firenze,
agosto 1555) scrisse “Istoria dell’Europa dall’800 al 913” dove leggiamo: “…dopo
la guerra di Troia, uno nipote di Priamo, chiamato Franco, fattosi capo di una
gran parte che vi erano campati, se ne venne nel mar maggiore…”. Non
sappiamo di Franco e del mar Maggiore che doveva essere l’Adriatico, ma
potevano esistere collegamenti tra mar Nero, mar Caspio, Volga e Danubio. In
ogni caso questo storico accetta grandi trasferimenti via acqua.
Durante la mia
vita di dirigente pubblico ho effettuato numerosi controlli su animali
spiaggiati e ho potuto costatare che i luoghi di rinvenimento cambiavano di
mese in mese. Lungo il litorale di Porto Sant’Elpidio abbiamo anche raccolto
una tartaruga che 11 mesi prima era stata identificata, con una targhetta
metallica sul carapace, nel golfo del Messico. L’apparato intestinale era
completamente vuoto: morta per inedia, era stata trasportata dalla corrente. Mi
sono convinto della necessità attivare studi delle correnti marine anche nell’ottica
della prevenzione di malattie esotiche. Non ho trovato aiuti e le mie capacità
non hanno oltrepassato il reperimento delle carte delle correnti della Marina
militare; ma per l’argomento di cui trattiamo sono ampiamente sufficienti.
I nostri uomini
di mare raccontano di numerosi Slavi approdati, nei primi anni 1950, sulle
coste Marchigiane, dopo essere fuggiti in barca dalla dittatura comunista di
Tito. Giorgio Cingolani, pubblicato da
Mursia nella raccolta “Adriatico, storie di mare e di costa”, racconta la
fuga di Sminian con la moglie e due amici, su una barchetta a remi, partito in
prossimità di Murter, puntando la prua su Civitanova. Dopo circa 30 ore prese
terra a Porto d’Ascoli, dove gli sbarchi, in estate, erano molto numerosi.
Certamente Smilian e la tartaruga non potevano arrivare in così breve tempo
nelle Marche se non aiutati dalle correnti marine superficiali, il cui flusso
principale sulla costa slava spinge verso nord e su quella italiana verso sud.
La barca di Sminian non era certo molto più
evoluta di quelle di cui potevano disporre popoli dell’era preromana. Anche le
correnti superficiali dell’Adriatico non potevano essere molto diverse dalle
attuali: esse sono direttamente correlate alle maree (influsso della luna, del
sole e di pianeti), al punto anfidromico, (intorno al quale la marea ruota in
senso antiorario), alle masse d’aria sull’acqua e in particolare a densità,
temperatura, evaporazione del mare e alla quantità di acqua dolce immessa.
Questi dati non sembrano significativamente variati nei millenni; se così non
fosse stato, la storia avrebbe riferito del cataclisma, dell’impaludamento e
dell’invivibilità dei territori circostanti. Da quanto sopra e dalla visione
delle carte delle correnti superficiali adriatiche, con particolare attenzione
a quelle circolari (variabili con le stagioni, con il loro moto antiorario
consentivano e consentono ai naviganti esperti di giovarsi di esse nelle loro
rotte), è evidente che Colucci e gli altri storici siano attendibili. Molti
nobili popoli sono venuti nelle Marche, lasciando segni della loro civiltà,
cultura, scienza, tecnologia, e delle loro fedi religiose.
Oggi non
vogliamo vederlo!
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