martedì 29 dicembre 2020

L'Imperatore se ne infischia di Aquisgrana!

 

Che strana coincidenza!

Nell’881 le fonti riferiscono della distruzione, da parte dei Normanni, di Aquisgrana e della Cappella Palatina, che ridussero a stalla di cavalli.  

Nello stesso anno i documenti dicono che gli arabi, in Italia non appena l'imperatore si allontanò da Roma, non trovando resistenza, distrussero l’abbazia carolingia di San Vincenzo al Volturno e  sbarcado alla foce del Chienti, distrussero il “monasteriolum ad Indam” l’attuale Santa Croce al Chienti ed occuparono l'intera valle del Chienti. 

Stranamente l’Imperatore si preoccupò esclusivamente delle occupazioni di insignificanti edifici in Italia, trascurando completamente di liberare Aquisgrana, nel nord della Gallia.

Al contrario di quello che ci si sarebbe aspettati,  subito dopo l’invasione degli arabi il Papa, l'Imperatore e il Doge si rifugiarono a San Leo per organizzare la resistenza. La conformazione di San Leo è tale che anche se in zona fossero sbarcati gli arabi, loro si sarebbero salvati, protetti dalla inaccessibilità della Rocca.

L’iscrizione sul Ciborio, sopra l'altare del tempietto della Chiesa della Pieve di San Leo, costruito nel 882, ci conferma che in questa località si riunirono l’ Imperatore, il Papa ed il Duca Dux Ursus (Doge Orso) per riunire le forze ed organizzare la cacciata degli arabi.

Tutta la valle del Chienti fu liberata nel 882. 

A ricordo di questa vittoria fu costruita Santa Croce al Chienti.

domenica 20 dicembre 2020

ANGILBERTO, ad Aachen, pensate che abbia potuto assistere a questa meraviglia?

 

ANGILBERTO in “ CARMINA DUBIA” descrivendo Aquisgrana afferma:

"Exoritur radiis cum primum Phoebus honestis, Et iubar ignicomo perlustrat lumine montes, Praecipites scopulos et summa cacumina tangens Silvarum,…..”

"Non appena sorge il sole coi suoi luminosi raggi e il suo splendore illumina con fiamme di fuoco i monti, le rocce scoscese, e lambisce la sommità dei boschi…..”

 

Angilberto descrive esattamente quello che è possibile ammirare ogni mattina, nelle belle giornate, ad Aquisgrana di Carlo Magno nelle Marche (distinta da Aachen, voluta dal Barbarossa), cioè la magnifica vista dei monti Sibillini (confusi con le Ardenne) e sullo sfondo, sulla sinistra, il Gran Sasso dell’Abruzzo. Ad Aachen si può solo ammirare qualche bassa ed insignificante collinetta.

venerdì 11 dicembre 2020

La Valle di Aquisgrana.

 Ecco la valle di Aquisgrana con il suo "Palatium", la Cappella Palatina e sullo sfondo i Sibillini (scambiati per le Ardenne dai revisionisti tedeschi)

domenica 6 dicembre 2020

"V-L'ultimo canto" di Enrico Tassetti vi presenta una nuova, diversa ed intrigante verità!

Vi segnalo il link dell'ultimo libro di Enrico Tassetti, "V-L'ultimo canto". 

Chi fosse interessato a richiederlo, è possibile ottenere una sconto del 20% e spese di spedizioni assicurate gratuite, utilizzando il seguente link:
L'offerta è valida fino al 12/12/2020.
Caratteristiche tecniche:
Prezzo di vendita: 25 € (chi acquista entro il 12/12/2020, il prezzo è 20,00 €)
Isbn 9788831381154
Pagine: 422
Collana Esoterica
Formato 17 x 24 cm.

Sinossi:

"Chiedete dello strano abate di Rennes-le-Château e del

suo segreto, di quelle misteriose pergamene, di una collina incantata circondata dalle nebbie dove dimenticata è la potente fanciulla.

Chiedete di quel misterioso quadro che racconta un’altra verità e del segno impresso su quattro antichissime abbazie; di un perduto canto e del messaggio che ha varcato le porte del tempo.

Qual è stato l'inganno e che volto ha l’oscuro ingannatore? Ascoltate, osservate, perché la storia non sarà più la      stessa, il momento è giunto.

Ogni fatto, ogni vicenda è stata ricercata e trovata.”

Ecco il nuovo romanzo esoterico di Enrico Tassetti che ci porta nei meandri di una storia nascosta, di scoperte che sconvolgono il sapere comune.

Attraverso un viaggio nei luoghi più suggestivi delle Marche (Abbazia di San Claudio, Abbazia di Rambona, etc.), il libro ci rivela una tradizione celata, ricca di bellezza.

Un libro dove l'invenzione letteraria è un tocco di penna sottile, volto ad unire il frutto di anni di ricerche su misteri e leggende che celano incredibili verità."




venerdì 4 dicembre 2020

Vi invitiamo alla lettura dell'articolo pubblicato da "Vera Classe"

 San Claudio/Aquisgrana

https://www.veraclasse.it/viaggi/cultura/san-claudio-al-chienti-il-mistero-di-carlo-magno_62659/


mercoledì 2 dicembre 2020

Il marchigiano Guglielmo Divini antesignano della Scuola Siciliana?

 Guglielmo Divini era chiamato "Fra' Pacifico", era originario della MARCA FERMANA  (Vedi su Wikipedia : Fra Pacifico).

Composizione di Guglielmo Divini nel 1187 in occasione del soggiorno ascolano della regale coppia imperiale: Enrico VI e Costanza:



sabato 28 novembre 2020

Scuola Siciliana, perchè è nata nelle Marche.

 Nell'aprile del 1222 Federico II si incontra a Veroli con il papa Onorio III e si impegna a ricostruire la cattedrale di Fermo.  L'architrave del portale della cattedrale oltre a offrire una figurazione ecclesiastica, presenta una rappresentazione politica, in quanto i personaggi che affiancano il Cristo, come Apostoli, rappresentano i personaggi della "magna curia" di Federico II, che è ragionevole credere abbiano dimorato per qualche anno nel "Palatium" della Valle del Chienti.

Sotto l'aspetto letterario inoltre i personaggi che affiancano il Cristo raffigurano i poeti della "Scuola Siciliana". Questi vengono rappresentati con in mano i rotoli delle pergamene che alludono alle prime composizioni poetiche in volgare italiano.
È nell'edificio della ristrutturata imperiale Cappella Palatina della prima Aquisgrana nella Valle del Chienti, che la corte del Re di Sicilia ha sicuramente soggiornato per qualche anno, come si evince dal documento  conservato nel Comune di Corridonia che ci informa dei beni posseduti da Federico II in questo comune: "Domum quam habuit inimicus Dei ed Ecclesiae Federicus".
E' qui che il "volgare aulico" viene utilizzato dalla scuola poetica. E' Dante che ci induce all'errore, in quanto definisce "Scuola Siciliana" questa scuola solo perchè ha avuto origine ed è cresciuta presso la corte di Federico II, Re di Sicilia.

sabato 21 novembre 2020

Una analisi del Prof. Enzo Mancini sulla decisione di Carlomanno di trasferisi da Soratte a Montecassino.

                                                                       Eginardo


Nacque verso il 770 d. C. , ma la data è incerta;  probabilmente a Seligenstadt, presso Francoforte, non troppo lontano dal monastero di Fulda.  In questo monastero ricevette l’istruzione di base e , sicuramente per essersi segnalato per la non comune memoria e per il suo cervello fino, fu inviato alla corte di Aquisgrana. Vi arrivò poco più che ventenne, nello  stesso periodo in cui vi giunse Alcuino di York, cioè verso il 792. Alcuino ossia Albino ossia Flacco fu definito da Eginardo:” l’uomo più dotto del suo tempo”. Eginardo fu certamente l’allievo più brillante di Alcuino, ma non certo un personaggio importante alla corte di Carlo Magno.  Il maestro lo chiamava amabilmente “Nardulus”, piccolo nardo,  scherzando un poco col suo nome e con la sua piccola taglia. Eginardo diventò importante a corte solo con Ludovico il Pio, e anche di più col suo primogenito Lotario. Non era un monaco, nonostante che nello sceneggiato RAI di pochi anni fa lo abbiano fatto vestire di saio già ai tempi di un giovane Carlo Magno, sbagliando sull’abito e sull’età.  Eginardo si fece monaco solo quando rimase vedovo della moglie Imma, in età avanzata.  Morì  quasi settantenne nell’840,  lo stesso anno di Ludovico il Pio. Da vedovo e monaco fece ritorno dalle parti dove era nato, facendovi costruire un monastero e una basilica.

Curiosamente Eginardo oggi è più famoso di Alcuino, solo per aver scritto la “Vita Karoli”. Vero è che senza Eginardo  oggi Carlo Magno sarebbe stato considerato alla stregua di re Artù. Però Alcuino era di un’altra categoria, una mente enciclopedica, il sottovalutato inventore dell’UNIVERSITA’, il vero padre dell’Europa. Ma su Alcuino mi propongo di approfondire in seguito.  Ora vorrei tornare ad Eginardo e a quello che scrive nelle prime pagine della “Vita Karoli”.

Racconta che il fratello maggiore di Pipino il Breve, Carlomanno, stanco delle battaglie e degli impegni di governo del regno dei Franchi, si potrebbe anche ipotizzare per non essere molto in sintonia con l’ambizioso fratello, si ritirò sul monte Soratte, a vita monacale, a poco più di venti Km a Nord del grande raccordo anulare  di Roma. Lasciò così spazio a Pipino che di li a poco, con un vero colpo di stato, doveva esautorare Childerico III e farsi incoronare, con la benedizione di papa Stefano II, quale legittimo sovrano del regno Franco. Ma la pace del monastero era frequentemente interrotta da un andirivieni di nobili Franchi, dai quali Carlomanno era considerato molto più importante e popolare di Pipino. Di sicuro in battaglia  Carlomanno  aveva  molto  più carisma  e  seguito  del suo mingherlino  fratello,   passato alla storia come “il Breve”.  Quelli di San Claudio oggi lo avrebbero chiamato “Peppe lu Tappu”.   Allora Carlomanno, seccato delle visite di questi importuni,  se ne andò a Monte Cassino, dove concluse senza più scocciatori la sua esistenza terrena.

Ora ragioniamo. Se Pipino e i Franchi fossero stati  dalle parti di Liegi e di Aachen i nobili che andavano da Carlomanno sul monte Soratte avrebbero dovuto viaggiare per un sacco di tempo. Oggi il percorso in autostrada sarebbe di 1.400 Km circa; ma senza autostrada, senza ponti e gallerie il percorso sarebbe più che doppio . Ammesso che riuscissero a fare 50 Km al giorno, che sarebbe una buonissima media per quei tempi, la sola andata avrebbe richiesto quasi due mesi. Si potevano permettere questi signori di stare via da casa quasi quattro mesi solo per rendere omaggio al loro vecchio condottiero?  Forse sarà stato allora che  è nato il proverbio “chi va a Roma perde la poltrona”?  Ma se questi avevano viaggiato per quasi due mesi per arrivare al monte Soratte, si sarebbero scoraggiati di fare due giorni di strada in più per andare a Monte Cassino?  Credo proprio di no.  Se invece i notabili Franchi partivano dal territorio che oggi è la provincia di Macerata, per andare a Monte Cassino  anziché al monte Soratte, avrebbero dovuto impiegare il doppio del tempo di viaggio.  Allora sì che si spiega perché Carlomanno poté vivere in santa pace i suoi ultimi anni di vita terrena.

Mancini Enzo     Macerata 20  novembre 2020   (in tempi arancioni)

martedì 3 novembre 2020

Da "L'imperiale abbazia di Farfa" di I. Schuster, pag.66

 

Il Cardinale Schuster, già Abbate di Farfa, riporta nel suo libro i seguenti interessanti avvenimenti tratti dai documenti dell’Abbazia:

l'abbate di Farfa Ingoardo  tra il 2 ed il 4 giugno 818 arriva ad Aquisgrana. Richiede a Ludovico il Pio un terreno, non lontano da Rieti, che dividendo i possedimenti dell'abbazia di Farfa crea un danno ed un incomodo. L'imperatore Ludovico il Pio, prima di concedere le terre richieste, invia sul luogo "un messo per istituire l'inchiesta" .
Il diploma con il quale l'Imperatore dona le terre richieste è datato 5 giugno 818.


Secondo voi è possibile che il tecnico che ha effettuato il sopralluogo presso Rieti sia partito da Aachen si sia recato a Rieti e sia ritornato ad Aachen in massimo 3 giorni?
Ubicando Aquisgrana in Val di Chienti tutto ciò risulterebbe possibile.




lunedì 26 ottobre 2020

Il Prof. Enzo Mancini sembra invitare noi e soprattutto gli storici a fare chiarezza sulle vicende del Medioevo.

 Santi del giorno


Per il 10 giugno 2020 la C.E.I. propone come santo del giorno San Landerico:  “ A Parigi , nel territorio della Neustria, in Francia,  san Landerico vescovo , che per assistere i poveri in tempo di carestia si tramanda abbia venduto le sacre suppellettili e costruito un ospedale accanto alla cattedrale”.   Il sito ufficiale C.E.I. per la “Liturgia delle ore” è sempre scarso di notizie sul santo del giorno: non sai mai se parli dei tempi di Nerone o del secolo scorso.  Allora digito – san Landerico –  e vado su Wikipedia.  Trovo che “Landry de Paris”, come lo chiamano i Francesi, fu vescovo di Parigi nel VII secolo. Trovo anche scritto, interessante in questi tempi di pandemia,  che ebbe l’idea di riunire tutti gli ammalati in un unico luogo, per poterli meglio curare ed anche per evitare il contagio al resto della popolazione. “Fu così  che creò, a fianco della cattedrale di Notre-Dame,  l’ospedale divenuto poi famoso con il nome di –Hotel Dieu di  Parigi- “. Ma,  sempre usando Wikipedia,  Notre –Dame fu costruita nel 1160 dal vescovo Maurice de Sally. Quindi nel VII secolo se c’era una chiesa sull’isola della Senna era dedicata a santo Stefano.  Quindi Notre- Dame diventò cattedrale metropolitana e chiesa madre dell’archidiocesi di Parigi solo dopo il 1160! O no?

Oggi, 26 ottobre 2020, leggo sul santo del giorno del sito C.E.I. : “ A Pavia san Folco Scotti, vescovo, uomo di pace, colmo di zelo e carità”. Le informazioni sono pochine;  come al solito cerco su Wikipedia. “ Nato a Piacenza nel 1164, vescovo di Piacenza dal 1210 al 1216, papa Onorio III lo trasferì alla sede vescovile di Pavia, dove rimase fino alla morte, avvenuta il 16 dicembre 1229. A vent’anni  andò a studiare teologia alla Sorbona”.  Clicco su Sorbona: “Collegio fondato da Robert de Sorbon nel 1253”.  Clicco su Robert de Sorbon: “Nato a Sorbon, ( nelle Ardenne), il 9 ottobre 1201, morto a Parigi il 15 agosto 1274, iniziò ad insegnare intorno al 1253 e nel 1257 fondò il collegio della Sorbona”.

Ora mi domando: come fece Folco Scotti a frequentare la Sorbona verso il 1184, quando cioè aveva vent’anni,  se la fondarono solo nel 1257? Misteri della storia ufficiale!!??  Non è che la macchina del tempo è stata già inventata nel Medioevo e non ce lo vogliono dire?  Visto che non credo alla macchina del tempo mi pongo un’altra domanda: ma quelli che scrivono su Wikipedia poi si rileggono? 

Visto che di santi e personaggi illustri che dall’Italia andavano a studiare a Parigi prima della metà del XIII secolo ce ne sono parecchi, come se fosse la strada dell’orto, io una spiegazione me la sono data: fino ai tempi di san Francesco e anche qualcosa di più “ l’Universitate Parisius” si trovava a non più di 50 Km da qui.

Mancini Enzo

Macerata 26 ottobre 2020

Addendum alla precedente pubblicazione: A proposito della Francia in Val di Chienti pubblicato

 

Ci scusiamo di aver omesso il nome dell'autore delle ricerche qui riportate e dei riferimenti bibliografici pubblicati: il Sig. Massimo Orlandini.

Ad Orlandini deve essere riconosciuto il merito di aver intuito e trovato le fonti che indicano che Federico Barbarossa era operativo in Italia come duca e marchese molto prima di essere incoronato imperatore.


Nell’aprile del 799, papa Leone III mentre si recava a S. Lorenzo in Lucina per celebrare una funzione religiosa, fu aggredito da un gruppo di congiurati. Gli strapparono le vesti, tentarono di cavargli gli occhi e di tagliargli la lingua.
Poi trascinatolo all'interno della chiesa di San Silvestro lo malmenarono selvaggiamente. Successivamente portarono il Papa in un monastero da dove un gruppo di fedeli lo liberarono e lo portarono in S. Pietro.
Avvisato dell’accaduto il duca di Spoleto Winichis, giunse a Roma, prelevò il Papa per condurlo a Spoleto. Leone III chiese di incontrare Carlo Magno. Fu accompagnato quindi  a Paderborn dove fu accolto da Carlo Magno.

.......
Abbiamo trovato che un autore, nel  XVIII secolo, nel raccontare questa vicenda , in base a quanto aveva trovato nel “liber Pontificalis” ci informa che Leone III fu accompagnato, passando per  Spoleto,  in Francia (sicuramente la Francia in Val di Chienti) e successivamente a Roma.

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mercoledì 14 ottobre 2020

venerdì 4 settembre 2020

Where is Aquisgrana? It is found in the “Ministerium de Sancto Claudio”

 

Where is Aquisgrana?


It is clearly stated in the “Capitulare de Villis”

 

“Capitulare” is a Carolingian term that indicates the prescription of a law. The law or “capitulare” that we would like to focus on is defined as “De Villis vel Curtis Imperii”. It was enacted approximately in the year 770; it identifies the properties belonging to Charlemagne’s family and it mandates that these properties be protected and maintained exclusively for the sustenance of the royal family.

The “Capitulare de Villis” describes in detail the organization of the Ager belonging to Charlemagne and it underlines its structure that takes the shape of a pyramid, with “Ministeria”, “Curtis” e “Villae”.

It specifies in a very detailed and exhaustive manner what must be produced and raised in each “Ministerium”: it lists which crops must be cultivated and which animals must be bred, specifying even the number of animals that must be kept in the stables.

The “Capitulare” is detailed to the point of ordering the courtyards of the “Villae” to be made pleasant and elegant, with the presence of peacocks, pheasants and other charming animals.

            The management of the “Ministerium” is entrusted to a “judex” who must exercise both administrative and judicial powers and who is appointed directly by Charlemagne. “Judices” had to handle additional tasks: they had to take turns serving in the Palace and could be asked to perform various duties and even participate in military expeditions. They were obviously the highest personalities of the kingdom, tied to the king by an oath of loyalty.

            The “Capitulare de Villis” has always aroused a lot of interest in historians, but also a lot of confusion due to the list of crops that had to be cultivated in the “Ministeria”. Identifying Aquisgrana with Aachen and therefore placing it in northern Europe had the historians confused; based on the ability of growing the crops described in the law, keeping in mind that almost all of these products could be grown only in the mild Mediterranean climate, they could not figure out where the listed products were cultivated.

            The “Capitulare” states that only Charlemagne or, in his absence, his wife could impart orders in the entire “Ager”.

            We are interested not just in identifying the location where the crops described in the law had to be cultivated, but mainly in the in-depth analysis of the structure of the “Ager” as described in the “Capitulare”.

            As we analyze the document, we draw some key considerations:

1 – The “Ager” belonging to Charlemagne, given the type of products that must be cultivated in it, is located near the Mediterranean Sea.

​2 – Aquisgrana and its Palatium, the center of power given the activities that were taking place in it, had to be inside the “Ager”. Therefore, Aquisgrana had to be near the Mediterranean Sea as well.

3 – From the analysis of the documents from the High Middle Ages available to us, we realize that up until the 11th  and 12th   century the presence of “Ministeria”, “Curtis” e “Villae”, meaning the partition of the territory of Aquisgrana as described in the “Capitulare”, is found only in the areas of Macerata and Ascoli.

            We reiterate that, as they analyzed the “Capitulare de Villis”, the historians focused their attention on the type of agricultural products mentioned in the law. Since the historians had placed Aquisgrana in Aachen, in northern Germany, they had great difficulty in locating the places described in the “Capitulare”. Since the location of this “Ager” belonging to Charlemagne is strictly tied to the location of Aquisgrana, and given the fact that certain crops could not be grown in Aachen, the historians have considered Aquisgrana to be a capital that was spread out, attended by a traveling court.

            We believe that the “Capitulare de Villis” was never fully studied by the historians. We have taken the time to do that, paying particular attention on the fundamental function of the “Ager” organization, with its various “Ministeria”, which was intended for the sustenance of the king and his extended royal family and for the production and conservation of food supplies that were fundamental for the military campaigns that took place every summer.

            The quantity of animals and the abundance of the various crops bespeak a prevalent wellness and especially of a large availability of food to be used in the frequent military actions.             The efficiency of the military organization can also be seen in the prescription for the construction of the carts used to transport food supplies. The carts had to be light and waterproof, so that they could cross waterways without damaging the food.

            The “Capitulare” clearly defines the “Ager”: it describes a territory that is relatively contained, as one derives from the fact that whenever there was a dispute among citizens or between a citizen and the authorities and a citizen had to be reprimanded for reprehensible behavior, he had to walk to the court without eating. This shows that the area of the “Ager” was well defined and circumscribed.

            Every “Ministerium” was managed by a “Judex”, who is a trusted individual to whom Charlemagne gives the responsibility to run the “Ministerium”, both for administrative and legal purposes. This is a confirmation that with Charlemagne there is no trace of feudalism, rather there is a direct and trusted relationship between the king and the “Judex”, the individual managing the king’s property.

            The specification of the type and quantity of crops that needed to be cultivated, which and how many animals had to be raised, which fisheries needed to be managed and which mills had to be built, how much cooked wine was needed, it all shows a flourishing economy with a well-run system that keeps the “Curtis” and “Villae” very lively.

            The “Comes stabuli” as described in the “Capitulare” is a character of particular interest. This authoritative figure was in charge of the “Stabulum”, the area where you would find the buildings used for the breeding of various animals.

            There is a high concentration of place names in the province of Macerata that have a faunal origin, such as: Pieve Bovigliana, Pieve Taurina, Capriglia, Monte Cavallo. All these and other name places are an indication of how these areas were used for the raising of certain types of animals as prescribed in the “Capitulare”.

            We believe that for some of these buildings in the northern province of Macerata, especially those that present Syrian architectural features, we may backdate the origin. Undoubtedly, one of these is the castle in Beldiletto. Its most ancient part is a large quadrilateral structure, not far from the river stream, that seems built with the purpose of raising animals.

            Historical documents are fundamental for the reconstruction of history. Often enough, however, we see history scholars start their research relying on certain established assumptions. Instead of examining and analyzing historical sources scrupulously, historians tend to bend the facts and the meaning of the documents they are studying to fit what they believe or what they were told is a matter of fact, a notion accepted by everyone in the world of academia, a world that does not like to upset historical traditions.

            History scholars shy away from disputes that would require a deep analysis and additional studies instead of confronting with scientific proof whoever presents new theses.

sabato 22 agosto 2020

Il Crocifisso di Beirut o di Numana


 Il crocifisso di Beirut o di Numana, icona molto legata alle vicende di Carlo Magno è conservato da sempre a Numana, nelle Marche. Forse perché Aquisgrana era nel Piceno?


mercoledì 12 agosto 2020

La "Verità" per gli storici spesso è legata al: "tengo famiglia". Così sembra dirci il Prof. Enzo Mancini

 

                                     Dilexit  veritatem

 

   Grazie al Covid- 19 ho ascoltato qualche giorno fa un video di Alessandro Barbero che celebrava Marc Bloch. Barbero è un affabulatore  che riuscirebbe ad incantare i cobra con la sua parlantina spigliata. 

   Non mi è dispiaciuto. Ma il soggetto era interessante di proprio. Marc Bloch nacque a Lione, da una famiglia ebrea che veniva dall’Alsazia: da qui il cognome che suona più tedesco che francese. Anche il padre era un buon professore di storia, per cui si può considerare un figlio d’arte. Partecipò a due guerre mondiali, lasciando il segno in entrambe. Nella prima si guadagnò sul campo i gradi di capitano, cosa riuscita a pochi. Nella seconda non si imboscò nonostante avesse sei figli e cinquantatre anni. Ritornato a Lione dopo la sconfitta dei Francesi, organizzò la resistenza nella cosiddetta Repubblica di Vichy.  Fu preso dalla Gestapo l’otto marzo 1944, quando le sorti della guerra erano già segnate. Fu fucilato dai nazisti il 16 giugno , dopo più di tre mesi di prigione e torture, poco lontano da Lione.  In località “La Rouseille” vicino a Saint  Didier  de Formans,  c’è anche il suo nome nel monumento commemorativo.  Ne erano 29 a subire l’esecuzione ma due sopravvissero fingendosi morti, come a Montalto delle Marche: avevano fretta i Tedeschi in ritirata e non si fermavano a verificare il decesso effettivo.

 

   I medievisti attuali si sentono un po’ tutti figli di Marc Bloch, come fa intendere Barbero, soprattutto per il suo approccio multidisciplinare allo studio della Storia. Nel testamento lasciò scritto che voleva come epitaffio sulla sua tomba due semplici parole: DILEXIT VERITATEM. Nello stesso dice anche: “ Considero la compiacenza verso la menzogna, qualunque sia il pretesto di cui possa ammantarsi, la peggiore lebbra dell’anima”. Onore a Marc Bloch, ma… c’è sempre un ma.

 

   Nel periodo fra la prima e la seconda guerra mondiale ci fu nell’ambiente accademico europeo una querelle sul “Capitulare de Villis”, provocata da Alfons Dopsch. Questo studioso, nato prima di Bloch e morto dopo, ha dimostrato molto prima di Giovanni Carnevale che Aachen non può essere l’Aquisgrana di Carlo Magno. I tedeschi cercarono di zittirlo offrendogli una cattedra prestigiosa a Berlino, ma lui rifiutò.  Era austriaco, nato a Lovosice, Lobositz in tedesco, sotto l’impero austro- ungarico, quando non esisteva ancora la Repubblica Ceca. Il suo saggio su “Le basi economiche e sociali della civiltà europea”, pubblicato nel 1918/20, fece scuola sia a Marc Bloch che ad Henry Pirenne; ( “Mahomet et Charlemagne” di quest’ultimo fu pubblicato postumo nel 1937, due anni dopo la sua morte).

 

   Vengo al succo di quello che volevo dire. Marc Bloch nella sua “revue historique” sminuì quanto detto da Dopsch.  Disse che non cambiava  sostanzialmente la storia del Medioevo se Aquisgrana invece che ad Aachen stava un poco più a sud, ma certamente sempre in Francia, nel”nido dei Franchi”. In parole povere Bloch contraddice platealmente se stesso, anche lui affetto da nazionalismo francese. Nella sua testa mai e poi mai avrebbe potuto pensare ad una Aquisgrana in Italia.

 

   Chi tesse le lodi di Marc Bloch secondo giustizia dovrebbe farlo anche per Alfons Dopsch, perché anche lui “dilexit veritatem” e senza contraddirsi. Invece viene platealmente ignorato. Per quale peccato? Aver scritto che nell’VIII secolo Aachen non poteva essere Aquisgrana, quasi un secolo fa. Ma in Germania sia prima che dopo Hitler hanno fatto finta di niente. NON DILEXERUNT VERITATEM. Salvo rare eccezioni.

  

   Mancini Enzo

 

Macerata  28 luglio 2020

martedì 28 luglio 2020

Le osservazioni del Prof. Enzo Mancini, appena pubblicate, richiamano una analisi sul Capitulare de Villis!


DOVE E’ AQUISGRANA?
LO INDICA IL CAPITULARE DE VILLIS
            “Capitulare” È un termine carolingio che indica le prescrizioni di una legge.
La legge o “Capitulare” che vogliamo prendere in considerazione è definita: “De Villis vel Curtis Imperii”
. Essa è stata emanata intorno all’anno 770; indica quali sono le proprietà della famiglia di Carlo Magno, inoltre ordina che queste  siano preservate e mantenute esclusivamente per il sostentamento della famiglia reale.
            Il “Capitulare de Villis” descrive in modo dettagliato l'organizzazione dell’Ager di proprietà di Carlo Magno, ne sottolinea la struttura che si presenta in forma piramidale con “Ministeria”,Curtis” e “Villae”. Specifica in modo dettagliato ed esaustivo ciò che deve essere prodotto ed allevato in ciascun “Ministerium”: vengono elencati i prodotti da coltivare e quali animali devono essere allevati, specificandone anche il numero da mantenere sempre nelle stalle.
         Il “Capitulare” è così dettagliato da ordinare di rendere piacevoli ed eleganti i cortili delle “Villae” con la presenza di pavoni, fagiani ed altri animali incantevoli.
La gestione del “Ministerium” è affidata ad un  “Judex”, che deve esercitare sia il potere amministrativo che giudiziario,nominato direttamente da Carlo Magno.
Agli iudices competevano anche altri doveri: dovevano servire a turno nel Palazzo e potevano essere incaricati di ambascerie o partecipare a spedizioni militari. Erano evidentemente i grandi del regno, legati al re da un giuramento di fedeltà.

            Il “Capitulare de Villis” ha sempre destato, da parte degli storici, grande interesse e anche tanta confusione a causa dell’elenco dei prodotti che devono essere coltivati nei “Ministeria”. L’identificazione di Aachen con Aquisgrana e quindi la sua ubicazione nel nord Europa ha disorientato gli storiografi, i quali basandosi sulla coltivabilità dei prodotti descritti nella legge, considerando che questi nella quasi totalità possono essere coltivati esclusivamente nell’area del Mediterraneo, non sono in grado di definire dove venivano coltivati i prodotti elencati. Il “Capitulare” afferma che solo Carlo Magno o in sua assenza la sua consorte ha il potere di dare ordini in tutto l’Ager.
            Il nostro interesse è rivolto non solo alla individuazione dell’ubicazione nella quale devono essere realizzate le colture descritte nella legge, ma principalmente all’approfondimento e all’analisi della struttura del’Ager descritta nel “Capitulare”. 
Dall’analisi del documento  ricaviamo  importanti considerazioni:
-      L’Ager di proprietà di Carlo Magno, per la tipologia di ciò che nello stesso deve essere coltivato,  è ubicato nell’area del Mediterraneo.
-      Aquisgrana  con il suo “Palatium”, cioè la sua area di potere, analizzando i dettagli delle attività in esso svolte, risulta  ubicata all’interno dell’Ager e quindi anche Aquisgrana è ubicata  nell’area del Mediterraneo.
-      Dall’analisi dei documenti dell'alto Medioevo a noi pervenuti, risulta che fino nel XI e XII secolo, solamente in quelli relativi ad avvenimenti del Maceratese  e dell’Ascolano è indicata la presenza dei  “Ministeria”, “Curtis” e “Villae”, cioè la ripartizione del territorio di Aquisgrana descritto nel “Capitulare de Villis”.
            Ribadiamo che del “Capitulare de Villis” solo la tipologia dei prodotti agricoli elencati nella legge, ha sempre interessato gli storici. Questi, avendo ubicato Aquisgrana, intesa come Aachen, nel nord della Germania, hanno avuto grande difficoltà nell’individuare i luoghi del “Capitulare”.  Poiché la collocazione di questa proprietà di Carlo Magno è strettamente legata alla collocazione di Aquisgrana, ma ad Aachen alcune colture erano impraticabili, gli storici hanno considerato Aquisgrana  una capitale diffusa presenziata da una Corte itinerante.
            Riteniamo quindi che il “Capitulare de Villis” non sia stato analizzato mai dagli storici nella sua completezza, lo abbiamo riletto, ponendo l’attenzione sulla funzione fondamentale della  organizzazione dell’Ager con i suoi dei vari “Ministeria”, che è rivolta esclusivamente al sostentamento della famiglia allargata del Re ed alla produzione e conservazione di derrate alimentari fondamentali per il sostegno delle campagne militari che venivano sostenute tutte le estati.
            Il numero dei capi di bestiame l’abbondanza dei vari prodotti agricoli coltivati denotano un  diffuso benessere e soprattutto una grande disponibilità di vettovaglie, da utilizzare nelle continue azioni militari.  L’efficienza della organizzazione militare la riscontriamo anche dalle prescrizioni per costruire i carri per il trasporto delle vettovaglie, che devono essere leggeri ed impermeabili per attraversare indenni i corsi d'acqua, senza arrecare danni alle derrate trasportate.
            Il   “Capitulare” definisce chiaramente che L’Ager”, o “Latifondo”: descrive un territorio sufficientemente circoscritto, come si evince dal fatto che, in caso di conflittualità fra cittadini o tra cittadino e autorità o quando il cittadino deve essere richiamato per un cattivo comportamento deve recarsi digiuno a piedi dal Re. Questo testimonia che l’Ager è un’area ben definita e circoscritta.
            Ogni “Ministerium” è anche gestito da un judex, il quale  è un uomo di stretta fiducia di Carlo Magno a cui il re affida la gestione sia amministrativa che legale del Ministerium. Ciò ci conferma che con Carlo Magno non vi è ancora traccia di Feudalesimo, bensì un rapporto diretto e fiduciario tra il Re e chi gestisce la sue proprietà, lo Judex.
            La indicazione del tipo e quantità di  prodotti agricoli da coltivare, di quali e quanti animali allevare, delle peschiere da gestire, dei mulini da costruire, del vino cotto da produrre ci presenta una economia florida e ben gestita, e la vitalità delle varie “Curtis” o Villae”.

            Particolarmente interessante è la figura del “Comes Stabuli” descritta nel “Capitulare”. Questa autorità presiedeva lo STABULUM, cioè l’area dove erano ubicate le strutture atte all’allevamento dei vari tipi di animali.  La concentrazione nell’alto maceratese di una nutrita serie di toponimi di origine faunistica, tipo: Pieve Bovigliana, Pieve Taurina, Capriglia, Monte Cavallo e altri toponimi attestano come questi luoghi siano stati luoghi privilegiati per alcune tipologie di allevamenti prescritti nel “Capitulare”. Riteniamo che per alcuni edifici di questa area dell’alto maceratese, che presentano caratteristiche architettoniche syriache, si possa retrodare l’origine. Uno di questi è senz’altro il castello di Beldiletto, nella sua parte più antica. Si tratta di un vasto quadrilatero, poco lontano dalla corrente del fiume, la cui struttura sembra studiata per l’allevamento del bestiame.
            I documenti sono fondamentali per la ricostruzione della Storia, ma spesso accade che gli storici partono da un assunto e si sforzano di adattare le fonti, senza averle analizzate scrupolosamente, a ciò che danno per scontato, accettato da tutti e conveniente per il mondo accademico che non ama stravolgimenti della tradizione storica. Gi storiografi rifuggono le contestazioni che richiederebbero ulteriori studi e approfondimenti per confrontarsi scientificamente con chi osa affermare nuove tesi.

Il documento: “CAPITULARE DE VILLIS” (Tradotto dal Prof. Giovanni Carnevale)
l)          Vogliamo che le nostre villae, che abbiamo impiantato perché servano ai
nostri bisogni, siano totalmente al nostro servizio e non di altri uomini.
2)        Vogliamo che la nostrafamilia sia ben trattata e non ridotta in miseria da nes-
suno.
3)        Gli iudices si astengano dal porre la nostrafamilia al proprio servizio, non li
obblighino a corvées, a tagliar legna per loro o ad altri lavori né accettino
alcun dono da essi, né cavallo
, né bue, né maiale, né montone, né maialino da
latte, né agnello
, né altra cosa a meno che non si tratti di bottiglie, verdura,
frutta, polli, uova.
4)        Se nella nostra familia qualcuno si rende colpevole nei nostri confronti di
furto o trascura i suoi doveri, risarcisca il danno personalmente; per altre
colpe sia punito con frustate secondo la legge, a meno che non si tratti di
omicidio e incendio, risarcibili con ammenda. Agli altri uomini gli iudices
rendano la giustizia a cui hanno diritto in base alla legge; per frodi nei nostri
confronti, come già detto, lafamilia sia fustigata
. Quanto ai Franchi stabiliti
su terre fiscali o nelle nostre villae, qualsiasi reato commettano, lo scontino
secondo la loro legge e qualsiasi ammenda versino
, venga incamerata a nostro
profitto, tanto per il bestiame che per altro.
5)        Quando i nostri iudices devono occuparsi di lavori sui nostri campi, come
seminare o arare, raccogliere le messi, falciare il fieno o vendemmiare, cia-
scuno di essi, al tempo dei lavori, provveda ai singoli settori e faccia eseguire
ogni cosa Ì11 modo che tutto sia ben fatto. Nel caso che lo iudex sia lontano da
casa, invii sul posto che egli non ha potuto raggiungere un uomo esperto della
nostrafamilia che provveda alle nostre cose o un altro di cui ci si possa fida-
re, in modo che tutto venga eseguito come si deve: lo iudex provveda in tempo a inviare un fedele che si occupi di queste cose.
6)        Vogliamo che i nostri iudices versino l'intera decima di ogni raccolto alle
chiese che sorgono sulle nostre terre fiscali e che la nostra decima non sia
versata alla chiesa di un altro
, a meno che non si debba rispettare un'antica
consuetudine. Non altri ecclesiastici ufficino queste chiese, ma i nostri, o
della nostrafamilia o della nostra cappella.
7)        Ogni iudex adempia appieno al suo servizio, così come gli è stato assegnato;
se si presentasse la necessità di dover servire oltre il previsto, si faccia dire se
questo comporta solo il servizio diurno o anche le notti.
8)        l nostri iudices si interessino delle vigne nostre che fanno parte del loro mini-
sterio,
le curino bene e il vino lo mettano in buoni recipienti e stiano ben
attenti che in nessun modo si guasti, acquistino ulteriore vino, procurandoselo
con scambi in natura di animali, da inviare alle villae del re. Nel caso si sia
acquistato più vino di quanto sia necessario per il rifornimento delle nostre
villae, ce lo facciano sapere perché possiamo decidere quale uso farne.
Ricavino dalle nostre vigne ceppi di vite e ce li inviino per impiantare altrove
nuove coltivazioni a nostro vantaggio. l canoni in vino versati dalle nostre vil-
lae
li inviino alle nostre cantine.
9)        Vogliamo che ogni iudex tenga nel suo ministerio le misure dei moggi, dei
sestari - e dei recipienti da otto sestari - e dei corbi
, corrispondenti alle misu-
re che abbiamo in Palatio.
lO) l nostri maiores, gli addetti alle foreste, ai puledri, alle cantine, i decani, gli
esattori di tributi, gli altri ministeriales collaborino ai lavori dei campi, diano
in tributo maiali dai loro mansi
, provvedano di manodopera i loro ministeria.
11 maior in possesso di un beneficium designi un sostituto che si occupi in sua
vece della manodopera e delle altre attività attinenti il servitium
Il) Nessun iudex si serva dei nostri uomini o degli stranieri per la custodia dei
cani o altre prestazioni a suo vantaggio.
12)    Nessun iudex dia ordini a un nostro ostaggio in una nostra villa.
13)    Si prendano cura dei cavalli da riproduzione - cioè i Waraniones - e non per-
mettano che sostino a lungo in uno stesso luogo, perché questo non sia di
loro detrimento. E se qualcuno non è più buono o è vecchio o è morto, ce lo
facciano sapere per tempo, prima che venga il momento di essere inviati fra le giumente
.             .
14)    Custodiscano bene le nostre giumente e separino i puledri quando è tempo di
farlo; se le puledre si saranno moltiplicate vengano separate e se ne faccia un
branco a parte
.
15)    l nostri puledri siano in ogni caso presenti nei pressi del Palatium per la
messa di S. Martino, in inverno.
16)    Vogliamo che tutto ciò che noi o la regina abbiamo ordinato a ciascun iudex o
lo abbiano ordinato a nome nostro i nostri ministeriales - il siniscalco e il
sovrastante alle cantine - lo eseguano esattamente come è stato loro ordinato: chiunque trascuri di farlo per negligenza
, si astenga dal bere dal momento in
cui gli giunge il richiamo fino a quando non si presenta al cospetto nostro o
della regina e chieda perdono. Se lo iud
ex milita nell'esercito o è incaricato di
far la guardia o partecipa a un
'ambasceria o è altrove, e ai suoi iuniores siano
stati assegnati degli ordini rimasti ineseguiti
, costoro vengano a piedi al pala-
tium
e si astengano dal bere o dal mangiar carne finché non forniscono le
ragioni della loro mancanza. Subiscano quindi il castigo, o in frustate o in
qualsiasi altro modo piacerà a noi o alla regina.
17)    Quante sono le villae presenti nel ministerium, altrettanti siano gli uomini che
si occupano d
elle api a nostro profitto,
18)    Allevino polli e oche presso i nostri mulini, in base alla resa del mulino o
come meglio possono
.
19)    Nei nostri granai delle "ville più grandi" allevino non meno di cento polli e
non meno di trenta oche, nelle
"ville più piccole" non meno di cinquanta polli
e dodici oche.
20)    Ogni iudex faccia pervenire per tutto l'anno alla curtis prodotti in abbondanza
e faccia effettuare controlli tre quattro o più volte.
21)    Ciascun iudex tenga dei vivai di pesci là dove prima già c'erano e, se possono
essere ampliati
, li ampli; dove prima non c'erano, ma possono esserci, ne crei
di nuovi.
22)    Chi coltiva vigne, tenga non meno di tre o quattro corone di grappoli.
23)    In ogni nostra villa gli iudices abbiano stalle per mucche, porcili, ovili per
pecore
, capre e montoni nel maggior numero possibile e non devono assoluta-
mente esserne privi
. Abbiano inoltre vacche proprie destinate al loro servizio
e custodite dai nostri servi
, cosicché in alcun modo si riduca il numero delle
vacche addette al nostro servizio o agli aratri. E quando tocca loro il turno
della fornitura della carne, forniscano buoi zoppi non malati, vacche e cavalli
non rognosi o
altri animali non malati. E, come già detto, non riducano per
questo il numero delle vacche nelle stalle o agli aratri.
24)    Rientra nei compiti di ciascun iudex quel che va fornito per la nostra mensa; e
quanto fornirà sia buono e di ottima qualità, ben preparato, con cura e pulizia
.
Ciascuno riceva dall'annona due pasti al giorno per il servizio alla nostra
mensa
, quando sarà di turno a servire. Forniture di altro genere siano in tutto
sot
to ogni aspetto di buona qualità, che si tratti di farina o di animali.
25)    Ai primi di settembre facciano sapere se si organizzano o no pascoli collettivi.
26)    Ai maiores non sia affidato nel ministerio un territorio più ampio di quel che
può essere percorso o controllato in un sol giorno.
27)    Le nostre case abbiano sempre il fuoco acceso e siano sorvegliate per garan-
tirne la sicurezza
. E quando messi o ambascerie vanno o vengono dal pala-
tium,
non allog
gino assolutamente nelle curtes del re, senza uno speciale ordi-
ne nostro o della regina. Il conte nel suo ministerium o quegli uomini che già
in passato si sono occupati dei messi o delle
ambascerie, continuino ad occu-
parsi come in passato e dei cavalli e di ogni altra necessità, in modo che pos-
sano recarsi a palazzo o tornarne in modo agevole e decoroso
.
28)    Vogliamo che ogni anno, durante la quaresima, nella domenica delle palme
detta osanna
, facciano recapitare, come prescritto, il ricavato delle nostre col-
tivazioni
, dopo che ci avranno fatto conoscere per l'anno in corso a quanto
ammonta la produzione.
29)    Per quei nostri uomini che hanno reclami da fare, ciascun iudex provveda che
non debbano venire a reclamare da noi
, e veda di non rimandare per negligen-
za i giorni in cui devono prestare servizio. E se uno straniero nostro servo
reclamasse giustizia, il suo magister si batta con ogni impegno perché gli sia
resa e
, se in qualche posto non ci riesce, non permetta che il nostro servo
debba penare da solo ma il suo magister
, di persona o per mezzo di un suo
inviato, provveda a informarcene
.
30)    Vogliamo che da tutto quel che è stato prodotto venga accantonata la parte
destinata a nostro uso
. Ugualmente accantoni quanto deve essere caricato sui
carri per le spedizioni militari
, procurandoselo sia nell'abitato che presso i
pastori, e registrino i quantitativi inviati a questo scopo.
31)    Allo stesso modo ogni anno facciano accantonare ciò che va distribuito ai
braccianti e alle lavoratrici dei ginecei e a tempo opportuno lo distribuiscano
in
tegralmente e ci sappiano dire che uso ne fanno e come si riforniscono.
32)    Ciascun iudex provveda a rifornirsi di semente sempre buona e di ottima qua-
lità, o comprandola o procurandosela altrimenti.
33)    Dopo che si sono fatti gli accantonamenti, si sono effettuate le semine e si è
provveduto a tutto, la produzione avanzata sia conservata finché non facciamo
conoscere le nostre disposizioni
, se venderla o tenerla.
34)    Occorre dedicare molta attenzione perché i prodotti alimentari lavorati o con-
fezionati a mano, siano tutti fatt
i o preparati con pulizia somma: il lardo, la
carne secca o in
saccata o salata, il vino, l'aceto, il vino di more, il vin cotto,
la salsa di pesce
, la senape, il bUITo, il malto, la birra, l'idromele, il miele, la
cera, la farina.
35)    Vogliamo che si utilizzi la sugna delle pecore grasse e dei maiali, inoltre in
ciascuna villa vi siano dei buoi ben ingrassati o per farne sugna sul posto o
perché siano consegnati a noi
.
36)    l boschi e le foreste nostre siano ben custodite; dove è necessario il disbosca-
mento lo si faccia e non si permetta al bosco di invadere i campi
; dove invece
devono esserci i boschi
, se ne impedisca uno sfruttamento che ne compromet-
ta l'esistenza
; tutelino la selvaggina presente nelle nostre foreste; si occupino
anche degli avvoltoi e sparv
ieri per le nostre cacce; riscuotano con diligenza
le tasse sui boschi a noi dovute. Se gli iudic
es o i maiores nostri o i loro
dipendenti mandano i loro maiali
al pascolo nei nostri boschi, siano i primi a
pagare la decima per dare buon esempio, in modo che dopo anche gli altri
paghino la decima int
eramente.
37)    l nostri campi e le culture siano ben curati e ci si occupi dei nostri prati quan-
do è il momento.
38)    Dispongano sempre di un sufficiente numero di oche grasse e polli grassi
destinati al nostro uso, da utilizzare quando è il loro turno di servizio o da
farceli recapitare
.
39)    Vogliamo che accettino i polli e le uova che i servi o i coloni consegnano
ogni anno. Quando non servono, li facciano vendere.
40)    Ogni iudex faccia allevare nelle nostre villae sempre, senza eccezioni, uccelli
caratteristici come pavoni, fagiani
, anitre, colombe, pernici, tortore, a scopo
ornamentale.
41)    Gli edifici delle nostre curtes e le siepi di recinzione siano ben curati e siano
ben tenute le stalle, le cucine, i forni e i frantoi in modo che i nostri ministe-
riales
possano attendere ai loro lavori con decoro e pulizia
.
42)    In ciascuna villa negli alloggi ci siano a disposizione letti, materassi, cuscini,
lenzuola, tovaglie
, tappeti, recipienti di rame, di piombo, di ferro, di legno,
alari, catene, ganci per paioli, scalpelli, accette o asce, succhielli, insomma
ogni tipo di utensili, in modo che non sia necessario cercarli altrove o fa
rseli
prestare
. Rientra nei loro compiti curare che gli arnesi di ferro da impiegare
nelle spedizioni militari siano in buono stato e quando si rientra dalla spedi-
zione siano conservati in casa
.
43)    A tempo opportuno facciano distribuire ai nostri ginecei, come prescritto, il
materiale necessario, cioè lino, lana
, ingredienti o piante utili per tingere stof-
fe, pettini da lana, cardi per cardare, sapone, grasso, vasetti e altre minutaglie
necessarie alla lavorazione
.
44)    Ogni anno vengano inviati per nostro uso due terzi degli alimenti adatti al
digiuno quaresimale: legumi
, pesce, formaggio, burro, miele, senape, aceto,
miglio, panico
, ortaggi freschi e secchi e, inoltre, navoni, cera, sapone e altre
minuzie
. Di quel che avanza, come già detto, stendano una relazione e per
nessuna ragione la tralascino, come hanno fatto [mora
, perché vogliamo con-
frontare i due terzi con la terza parte rimasta
.
45)    Ogni giudice abbia nel suo ministerium buoni artigiani, cioè fabbri ferrai, ore-
fici o argentieri, calzolai, tornitori, carpentieri, fabbricanti di scudi, pescatori,
uccellatori, fabbricanti di sapone, di birra, di sidro o esperti nella fabbricazio
-
ne di qualsiasi altra bevanda gradevole a bersi, fornai che ci forniscano pane
di semola
, fabbricanti di reti che sappiano fare delle reti, buone sia per la cac-
cia che per la pesca che per catturare uccelli, altri ministeriales infine che
sarebbe troppo lungo elencare
.
46)    Facciano ben custodire i nostri recinti per animali, che il volgo chiarna brogi-
li
, provvedano a ripararli quando occorra e non aspettino assolutamente che
sia necessario rifarli nuovi
. Facciano lo stesso per tutte le costruzioni.
48)    I nostri cacciatori, i falconieri e gli altri ministeriales addetti a stabile servizio
nel palatium trovino assistenza nelle nostre villae quando noi o la regina ve li inviamo con precisi ordini scritti per fare qualcosa di nostra utilità, o quando
il siniscalco o il bottigliere ordinassero loro di far qua
lcosa a nostro nome.
49)    I torchi nelle nostre villae siano efficienti e funzionaI i. I nostri iudices prov-
vedano che nessuno si permetta di pigiare la nostra uva con i piedi, ma tutto
si faccia con decoro e pulizia.
50)    l nostri ginecei siano ben strutturati, con alloggi, ambienti riscaldati, locali in
cui le donne possano trascorrere le serate invernali; siano circondati da stec-
cati ben saldi e muniti di solide porte, in modo che con tranquillità lavorino
per noi
.
51)    Ciascun iudex veda quanti puledri possano stare in una stalla e quanti debba-
no essere gli addett
i ai puledri. Gli addetti che sono di condizione libera e
posseggono benefici in quel ministerium v
ivano con le risorse dei loro benefi-
ci; anche i fiscalini che posseggono dei mansi vivano di questi e chi non li
avesse percepisca una prebenda dalla curtis dominica.
52)    Ciascun iudex vigili perché i malviventi non possano nascondere sotto terra o
altrove la nostra semente e, di conseguenza, il raccolto sia scarso. Vigilino
anche perché nessun altra malefatta possa mai verificarsi.
53)    Vogliamo che agli stranieri sia resa piena e completa giustizia, secondo le
loro
leggi, da parte di chi vive sulle terre del fisco o nelle nostre villae, di
condizione servile o libera che sia
.
54)    Ciascun giudice vigili perché nel proprio ministerium non ci siano uomini
ladri o delinquenti
.
55)    Ciascun iudex badi che i nostri servi si applichino con impegno nel proprio
lavoro e non perdano tempo gironzolando per i mercati
.
56)    Vogliamo che i nostri iudices tengano conto di quanto hanno versato, utilizza-
to o messo da parte a nostra disposizione; ne tengano un altro per le uscite e
ci facciano pervenire una relazione di quanto è ancora disponibile.
57)    Ciascun giudice nel proprio ministerium tenga frequenti udienze, amministri
la giustizia e provveda che i nostri servi vivano onestamente.
58)    Se qualcuno dei nostri servi volesse direi qualcosa che ci riguarda a proposito
del suo magister, non gli si impedisca di venire da noi. E se lo iudex venisse
a sapere che i suoi iuniores vogliono venire a palazzo a lamentarsi di lui, allo
-
ra lo stesso iudex faccia pervenire a palazzo le lamentele suscitate contro di
lui
, in modo che i loro reclami non ingenerino fastidio alle nostre orecchie.
Vogliamo anche sapere se vogliono venire per vera necessità o per vani pre-
testi.
59)    Quando i nostri cuccioli di cane siano affidati agli iudices per essere allevati,
lo iudex stesso li nutra a sue spese o li affidi ai suoi iuniores
- cioè maiores,
decani o cellerar
ii - che li facciano allevare a loro spese a meno che non ci
sia un ordine nostro o della regina di nutrirli nella nostra villa a spese nostre
;
e allora lo iudex stesso invii un servo a questo scopo che li nutra bene e
disponga di che nutrirli senza dover ricorrere ogni giorno a
lla dispensa.
60)    Ciascun iudex, quando sarà di servizio, faccia dare ogni giorno tre libbre di
cera, otto sestari di sapone e inoltre, per la festa di Sant' Andrea
, dovunque ci
trovassimo coi nostri servi
, faccia dare sei libbre di cera; lo stesso faccia
durante la quaresima.
61)    l maiores non vanno scelti fra gli uomini potenti, ma fra quelli di media con-
dizione che abbiano prestato il giuramento di fedeltà.
62)    Ciascun iudex, quando è il suo turno di servizio faccia portare a palazzo il suo
malto; vengano anche con lui i magistri che producano ivi della buona birra
.
63)    Ciascun iudex, ogni anno per Natale ci sottoponga un elenco particola-
reggiato, chiaro e completo, che precisi l'ammontare complessivo e
particolareggiato di quanto vien prodotto dal lavoro effettuato dai buoi custo-
diti dai nostri bovari, quanto rendono i mansi che essi debbono arare, il reddi-
to derivante dai maiali, dalle tasse e dai prestiti effettuati, dalle multe, dalla
selvaggina catturata nelle nostre riserve senza nostro permesso, dalle compo-
sizioni, dai mulini
, dalle riserve di caccia, dai campi, dalle riscossioni sui
ponti, dai traghetti, dagli uomini liberi e da quelli delle centene che prestano
servizio su terre fiscali, dai mercati, dalle vigne, da chi vende vino, dal fieno,
dalla legna da ardere e da illuminazione, dalle tavole o altro legname da lavo-
rare, dai legumi, dal miglio, dal panico, dalla lana, dal lino, dalla canapa, dai
frutti degli alberi, dalle noci e dalle nocciole, dagli alberi innestati, dagli orti,
dai navoni, dai vivai, dal cuoio
, dalle pelli, dalle corna, dal miele e dalla cera,
dal grasso, dal sego, dal sapone, dal vino di more, dal vin cotto, dall
'idromele
e dall'aceto, dalla birra
, dal vino nuovo e da quello stagionato, dall'ultimo
raccolto di grano e da quello vecchio, dai polli, dalle uova, dalle oche, dai
pescatori, dai fabbri, dai fabbricanti di scudi e dai calzolai, dalle madie, dai
cofani, dagli scrigni
, dai tomitori, dai sellai, dai ferrai, dai fonditori di ferro e
di piombo, dai tributari. dai puledri e dalle puledre.
64)    Non sembri troppo duro ai nostri iudices se chiediamo tutte queste cose per-
ché vogliamo che anch
'essi richiedano ugualmente tutto ai loro iuniores senza
animosità alcuna; e l'ordinata amministrazione che un uomo deve tenere in
casa sua o nelle proprie villae, i nostri iudic
es la devono tenere nelle nostre
villae
.
65)    Le basterne, i nostri carri che noi utilizziamo in guerra, siano ben fatti e le
loro aperture siano ben chiuse col cuoio, così ben cuciti che, se si presentasse
la necessità di dover attraversare l'acqua a nuoto
, possano valicare i fiumi con
le derrate in essi contenute
, l'acqua non possa penetrare all'interno e il tutto
possa passare
, come già detto, senza danni. E vogliamo che ogni carro sia
carico della farina occorrente al nostro sostentamento
, cioè dodici moggi di
farina; su quelli che trasportano vino carichino dodici moggi corrispondenti al
nostro moggio; ogni carro sia provvisto di scudo e lancia, faretra e arco.
66)    l pesci dei nostri vivai siano venduti e sostituiti con altri, in modo che ci
siano sempre dei pesci
; tuttavia quando noi non veniamo nelle villae siano
venduti e gli iudices destinino il ricavato a nostro profitto.
66)    Ci rendano conto delle capre, dei becchi e delle loro corna e pelli e ogni anno
ci riforniscano con le loro carni grasse salate.
67)    Ci tengano informati sui mansi incolti e sui servi da poco acquisiti di cui
dispongano
, che non si sappia dove collocare.
68)    Vogliamo che ogni singolo iudex abbia sempre pronti dei buoni barili cerchia-
ti di ferro, che possano essere utilizzati nelle spedizioni militari o inviati a
palazzo, e non faccia mai otri di cuoio
.
69)    Ci tengano sempre informati sulla presenza di lupi, su quanti ciascuno ne ha
catturati e ci facciano presentare le loro pelli; nel mese di maggio diano la
caccia ai cuccioli di lupo e li catturino col veleno, con esche, con trappole
,
con cani.
70)    Vogliamo che nell'orto sia coltivata ogni possibile pianta: il giglio, le rose, la
trigonella, la balsamita, la salvia, la ruta, l
'abrotano, i cetrioli, i meloni, le
zucche
, il fagiolo, il cimino, il rosmarino, il cumino, il cece, la scilla, il gla-
diolo, l
'artemisia, l'anice, le coloquentidi, l'indivia, la visnaga, l'antrisco, la
lattuga, la nigella, la rughetta, il nasturzio, la bardana, la pulicaria, lo smirnio,
il prezzemolo
, il sedano, il levistico, il ginepro, l'aneto, il finocchio, la cico-
ria, il dittamo, la senape, la satureja, il sisimbrio, la menta, il mentastro, il
tanaceto, l
'erba gattaia, l'eritrea, il papavero, la bieta, la vulvagine, l'altea, la
mal va, la carota, la pastinaca, il bietolone, gli amaranti
, il cavolo-rapa, i cavo-
li, le cipolle, l
'erba cipollina, i porri, il rafano, lo scalogno, l'aglio, la robbia,
i cardi, le fave, i piselli, il coriandolo, il cerfoglio
, l'euforbia, la selarcia. E
l'ortolano faccia crescere sul tetto della sua abitazione la barba di Giove.
Quanto agli alberi, vogliamo ci siano frutteti di vario genere
: meli cotogni,
noccioli, mandorli, gelsi
, lauri, pini, fichi, noci, ciliegi di vari tipi. Nomi di
mela: gozmaringa, geroldinga, crevedella, spiranca, dolci
, acri, tutte quelle di
lunga durata e quelle da consumare subito e le primaticce. Tre o quattro tipi
di pere a lunga durata, quelle dolci, quelle da cuocere, le tardive.