giovedì 17 luglio 2014

L'Università di Camerino riconosce la tesi del prof. Giovanni Carnevale su Aquisgrana in Val di Chienti

Mercoledì, 16 luglio, si è tenuta nella Sala degli Stemmi del Palazzo Ducale di Camerino, organizzata dall’Università di Camerino, una conferenza dibattito su “I Carolingi nel Piceno”. L’ipotesi della presenza di Carlo Magno in questa zona, dove era la sua capitale Aquisgrana, La Cappella Palatina e l’Urbs, ossia “la nuova Roma”, da lui fondata, e non ad Aachen in Germania, argomento “storico” della conferenza, è stata tratta dai libri del professor Giovanni Carnevale, nei quali descrive - per primo al mondo in senso assoluto - le sue tesi. Queste dovranno essere verificate scientificamente. Ecco, allora, il ruolo fondamentale dell’Università di Camerino, che utilizzerà le sue strutture scientifiche per provare la veridicità delle tesi del professor Carnevale. Gli altri interventi di docenti universitari, relatori al convegno sulla geoarcheologia e alle tecniche diagnostiche chimiche, si indirizzano in tal senso. La domanda che da venti anni ci si pone tra le giustificate polemiche è la seguente: l’attuale Abazia di San Claudio è la storica Cappella Palatina di Carlo Magno? i ruderi della cosiddetta Urbs Salvia, sono di una città romana, come si crede ancora oggi, oppure appartengono alla città fatta costruire da Carlo Magno nei pressi di Aquisgrana? E’ ormai assodato che ad Aachen non c’è la Cappella Palatina, né Aquisgrana, né la nuova città di Carlo Magno. Sono allora qui nel Maceratese? Su questi argomenti i documenti carolingi parlano chiaro. Si tratta oggi di dimostrare concretamente ciò che essi indicano. Intanto,seguendo le ipotesi del professor Carnevale, The International Research Institute for Archaelogy and Ethnology e il suo presidente, l’archeologo Daniele Petrella, sono fortemente interessati a indagini in tal senso. L’IRIAE ha diversi cantieri archeologici aperti nel mondo. Ma la sua notorietà l’ha avuta soprattutto per la scoperta subacquea nel Mar del Giappone dell’intera flotta inviata da Kublai Khan per la conquista del Giappone, che, come è noto venne distrutta da un tifone, ma non si seppe mai dove si fosse inabissata. Adesso lo sappiamo. Giorgio Rapanelli.

giovedì 10 luglio 2014

LE STRUTTURE ARCHITETTONICHE CAROLINGE

Libera Università di Lingue e Comunicazione ____________________________________________________________________________________ Facoltà di Scienze della comunicazione e dello spettacolo Corso di Laurea in Scienze Turistiche La difficile collocazione dei luoghi del mito: l’esempio di Aquisgrana in Val di Chienti. Relatore: Tesi di Laurea di Chiar.mo Prof. Roberto Lavarini Chiara Morresi ______________________________________________________________________ Anno Accademico 2003 - 2004 ................................ DAL Capitolo III della tesi di laurea .............................. ..... LE STRUTTURE ARCHITETTONICHE CAROLINGE ................. In Val di Chienti, agli studiosi di storia dell’arte si presentavano grosse difficoltà, nella classificazione cronologica di molti edifici. Non potendo fare alcun riferimento all’epoca carolingia dovettero perciò anticipare al I secolo dopo Cristo gli edifici carolingi della Nuova Roma e posticipare al secolo XI la costruzione molte chiese delle Marche e soprattutto di S.Claudio, cioè della carolingia Cappella di Aquisgrana. Edifici contemporanei venivano separati da un intervallo cronologico di ben mille anni. In S.Claudio c’è già in nuce tutto il futuro romanico. La genialità e l’originale semplicità di questa architettura che, giustapponendo una serie di moduli uguali poteva variare a piacere il volume complessivo dell’edificio, conquistò l’Europa e la prima documentata imitazione di S.Claudio-Aquisgrana fu Germigny des Près presso Orleans.(IX secolo) Germigny des Près La struttura di San Claudio appariva, ad esempio, rispettosa della sezione aurea nel rapporto tra le dimensioni della base e quelle dell'altezza. Lo si può riscontrare dall'annesso grafico dell'edificio. L'utilizzazione edilizia della sezione aurea aveva largamente contrassegnato l'architettura classica, ed era stata codificata nel "De Architectura" di Vitruvio. Dopo le invasioni barbariche, nel generale decadimento culturale che coinvolse anche le tecniche edilizie, il ricorso a un tale principio geometrico scomparve totalmente nel nostro Occidente, anche perché comportava scientifica competenza in fase progettuale e sicure conoscenze delle leggi della statica in fase esecutiva. Furono gli architetti del Rinascimento italiano che, in seguito al sistematico studio e recupero delle tecniche edilizie della classicità, ne reintrodussero l'impiego nelle costruzioni rinascimentali. È storicamente inimmaginabile che nel Piceno dell’ XI, conteso fra Papato e Impero e dilacerato dalle locali contese di forze anarchiche feudali, si fossero create le condizioni culturali perché potesse sorgere quella specie di "cattedrale nel deserto" che è San Claudio-Aquisgrana e che presenterebbe l'incredibile reviviscenza della sezione aurea nell' edilizia del sec. XI. L'annesso grafico dimostra che l'architetto che progettò l'attuale San Claudio era in possesso di qualificata professionalità progettuale, ai fini della realizzazione tecnica ed estetica dell'edificio. Oggi la cupola non c'è più, ma vi sono sicure tracce della sua esistenza. Inoltre la sua struttura è caratterizzata da nove campate quadrangolari coperte da volte a crociera. Questo lo accomuna ad alcune altre chiese dislocate nel contiguo territorio. S. Claudio al Chienti Il gruppo di edifici piceni a nove campate costituisce un unicum che non ha riscontri in altre zone d’ Italia, né in passato sono stati segnalati in Europa edifici gemelli di quelli del Piceno. L’impossibilità di stabilire oggettivi confronti costituiva per gli studiosi, un’ulteriore difficoltà per districarsi nel difficile problema della loro datazione. Oggi che la Cappella di Aachen si è sicuramente rivelata un edificio voluto dal Barbarossa, Germigny assume un’importanza basilare per poter finalmente configurare gli archetipi architettonici della Rinascenza carolingia, almeno per quanto riguarda l’edilizia sacra. Germigny ha in sé una forza probante superiore anche a S.Claudio, che ne è il prototipo, perché della sua origine carolingia non si può dubitare. E’ documentato con assoluta certezza che lo fece costruire all’inizio del secolo IX, Theodulf, un dignitario ecclesiastico della corte di Carlo Magno. Theodulf afferma anche che questa sua cappella , o meglio oratorio privato, era stato costruito “instar eius quae in Aquis est” : era stata costruita sul modello della Cappella Palatina fatta costruire da Carlo Magno in Aquisgrana. Se Aquisgrana fosse davvero Aachen, l’oratorio di Theodulf in Germigny avrebbe dovuto rassomigliare alla Cappella di Aachen; ancora oggi essa è unanimemente e ufficialmente riconosciuta come Cappella Palatina di Carlo Magno; ma il raffronto tra Germigny ed Aachen, portò però alla costatazione che non è possibile stabilire un parallelismo tra i due edifici: non hanno nulla in comune, né nella pianta né nell’alzato. Appare invece nettissima la somiglianza tra Germigny e S.Claudio. al di là delle Alpi non ci sono edifici carolingi che possano essere paragonati con Germigny, che ha invece costruzioni gemelle proprio nel Piceno, quali S.Vittore alle Chiuse, Santa Maria delle Moie, Santa Croce dei Conti e naturalmente San Claudio. S. Marie delle Moie Santa Croce dei Conti Sull’origine carolingia di queste costruzioni picene “gemelle” di Germigny, non si sapeva nulla fin’ora, anche perché nessun storico dell’arte si era accorto che tali edifici erano strutturalmente analoghi a Germigny. Li si assegnava genericamente al secolo XI per via degli elementi “romanici” in essi presenti, vale a dire campate coperte da volte a crociera. Se si prescinde dagli edifici del Piceno, non ci sono in Europa altri edifici sacri accostabili alla carolingia Germigny, né questo deve stupire: l’influsso e l’attività edilizia della corte di Aquisgrana si attuava nel Piceno in modo più determinante che sugli altri territori dell’Impero. Un esempio della difficoltà della datazione è data dallo studio su S. Vittore alle Chiuse, l’unica abbazia che disponga di una documentazione. Per P. Favole, il primo monumento del monastero di S.Vittore risale al 1007, un atto di donazione di terre vicine, pubblicato negli “Annales Camaldulenses”. S. Vittore alle Chiuse Per il Sassi, nel 1011 la chiesa di S.Vittore esisteva già ed è questo un “ante quem” di molto valore come quello che stabilisce un punto fisso nell’incerta disputa intorno all’età della sua costruzione. Non solo, ma non sembra arrischiato affermare che esistesse nella forma attuale; il fatto che nessuna traccia di riedificazione è dato trovare nei documenti posteriori, ma soprattutto la menzione particolare dei tre altari principali corrispondenti alle tre piccole absidi del fondo e di altri altari laterali, l’accenno a reliquie, celle, libri, ornamenti, stanno ad indicare una grandiosità che soltanto ad un simile edificio può convenire. Il Benedettoni infine, sulla base di una pergamena del IX secolo, aveva retrodatato a quell’epoca S.Vittore. Ma queste considerazioni sono ormai superate perché, avendo potuto documentare in Val di Chienti la Nuova Roma, il Palatium, la Nuova Cappella di Aquisgrana, il Campo Maggio, la suddivisione del territorio in Ministeria, Curtes, Villae, in analogia con quanto descritto dal Capitolare de Villis, gli edifici del Piceno “gemelli” di Gernigny, completano il quadro di quanto la Rinascenza carolingia realizzò nel Piceno. Si aggiunga che il toponimo “alle Chiuse” che accompagna “ab antiquo” l’edificio di S.Vittore è ulteriormente conferma dell’origine carolingia della chiesa. Sull’autorità dello storico Perenne, il toponimo “clusa” è carolingio e indicava uno sbarramento doganale per il transito delle merci, costituendo così un cespite di entrate per la corte di Aquisgrana. Particolarmente interessante è ciò che è emerso dallo studio degli scritti di Eginardo, biografo di Carlo Magno; egli narra che il sovrano coralingio aveva stretto rapporti d'amicizia col califfo di Baghdad, l'abbasside Harun Al Raschid. Gli abbassidi avevano eliminato da Damasco i precedenti califfi ommayadi, ed Arun Al Raschid erano ora impegnati a far sorgere sulle rive del Tigri la nuova, splendida capitale di Baghdad. Dovevano trascorrere molti secoli prima di verificare in maniera indiscutibile la veridicità del racconto di Eginardo, infatti pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, a Khirbet Al Mafjar, un'oasi nei pressi di Gerico, in Palestina, una missione d'archeologi inglesi aveva dissepolto dalle sabbie del deserto un complesso edilizio risalente all'epoca dei califfi ommayadi: si trattava di uno dei "palazzi del deserto" che i califfi Ommayadi avevano fatto costruire, prima che gli Abbassidi li privassero del potere, obbligandoli a riparare nella Spagna islamizzata. Faceva parte del Palazzo anche un complesso termale, la cui parte centrale presentava gli stessi moduli architettonici di San Claudio: nove campate di base e coperture a crociera. Coll'appoggio del califfo di Baghdad l'abbasside Harun Al Raschid, Carlo Magno poteva facilmente reclutare in Medio Oriente, come riferisce il suo biografo Notker, maestranze da utilizzarle nella costruzione della sua Cappella Palatina ad Aquas Grani, cioè ad Aquisgrana. Le indagini sulla Cappella di Aachen, la chiesa di San Claudio e l'oratorio di Germigny des Prés potevano così giovarsi dello studio su un quarto edificio come elemento di comparazione fondamentale per le cronologie e la classificazione architettonica, il complesso termale ommayade di Khirbet Al Mafjar, fatto costruire dalla dinastia ommayade verso la metà del sec.VIII. Frigidarium di Khirbet Al Mafjar L'edificio di Khirbet Al Mafjar è essenziale punto di riferimento per datare gli enigmatici edifici piceni, tra cui San Claudio. Tale edificio fu costruito nell'Oriente islamico a metà del sec. VIII e presenta sorprendenti analogie strutturali sia con Germigny des Prés, sia con con gli altri enigmatici edifici piceni similari a Germigny, con pianta a nove campate e coperture a crociera. Poiché Notker dice che Carlo Magno fece affluire maestranze edili dall'Oriente in Europa, l'edificio ommayade nei pressi di Gerico si pone dunque come prototipo, sia per la carolingia Germigny, sia per i similari edifici piceni di enigmatica datazione. Ai fini delle indagini, si è creata quindi la situazione seguente: - L'oratorio di Germigny des Près era storicamente databile come carolingio, perché certamente costruito da Theodulf all'inizio del sec. IX, sul modello della Cappella Palatina in Aquisgrana. I suoi costruttori appartenevano dunque, con tutta probabilità, alle stesse maestranze che Carlo Magno aveva reclutato in Oriente alla fine del sec. VIII, per la sua Cappella di Aquisgrana. - La storiografia ufficiale additava in Aachen la Cappella palatina d'Aquisgrana, ma ciò era in contrasto con almeno due notizie fornite dalle fonti: doveva essere simile all'edificio di Germigny des Prés, il che non è assolutamente vero; doveva essere stata costruita da maestranze di orientali, ma il suo architetto è un occidentale e se ne conosce con precisione il nome: Odo di Metz perciò si avvalora la tesi che l’odierna S. Claudio è Aquisgrana. In una vasta area delle Marche sorgono chiese costruite sul modello di S. Claudio e databili al IX secolo. ..................................