giovedì 28 settembre 2023

il Sacco di Roma del 1084 descritto da Wikipedia sembra una radiocronaca in diretta. Quali sono le fonti! (forse la fantasia del grande "Cantastorie")

 Sacco di Roma (1084)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il sacco di Roma del 1084 è uno degli episodi più cruenti della lotta per le investiture, che contrappose il Papato ed il Sacro Romano Impero tra XI e XII secolo, ed ebbe forse il suo culmine durante i regni di papa Gregorio VII e di Enrico IV di Franconia.

Nel 1075 l'imperatore Enrico IV di Franconia decise di nominare a sua discrezione il vescovo di Milano, scatenando la reazione del papa Gregorio VII, che nel febbraio del 1076 emise ai danni dell'imperatore un decreto di scomunica e di decadenza dal trono regale (era re dei Romani). Enrico, temendo per la stabilità del proprio regno, preferì sottoporsi alla celebre umiliazione di Canossa del 1077 per ottenere il perdono papale e la revoca dei decreti in suo danno. Questo episodio non mise fine alla disputa, che anzi si aggravò quando Gregorio VII favorì l'elezione di un altro re in Germania, Rodolfo di Svevia, mentre Enrico elesse un antipapa col nome di Clemente III.

Infine, favorito anche dalla morte di Rodolfo dopo la battaglia di Hohenmölsen (novembre del 1080), Enrico IV decise di risolvere le sue questioni con il papato con un atto di forza e nel 1083 occupò Roma, costringendo Gregorio VII a rifugiarsi a Castel Sant'Angelo.

Dopo alcuni mesi di assedio e di trattative infruttuose, il papa chiamò in soccorso i normanni di Roberto il Guiscardo, che il 21 maggio 1084 riuscirono, dopo aver percorso la via Appia, a superare le mura aureliane e passando per San Giovanni percorsero la strada che dal Celio conduce verso la via Labicana e da qui direttamente al Colosseo. Tale strada tuttora ha il nome di Via dei Normanni. Dopo tre giorni di furibondi combattimenti contro le truppe di Enrico IV che assediavano il Papa rinchiuso e protetto dalle forze romane a lui fedeli, il Guiscardo con il suo agguerrito esercito di 36.000 uomini ed una forte cavalleria, sconfisse pesantemente le truppe tedesche che si ritirarono[1].

Dopo aver liberato il papa, le truppe normanne dettero inizio a devastazioni selvagge e saccheggio sfrenato della città. Tutta Roma fu depredata, ma in particolare fu colpita la zona tra il Colosseo, l'Aventino, il Laterano e l'Esquilino e furono saccheggiate e distrutte le basiliche di San Clemente, dei Santi Quattro Coronati e dei Santi Giovanni e Paolo. Tutta quella zona di Roma, a seguito del sacco, rimase disabitata, perché la popolazione preferì concentrarsi nell'ansa del Tevere, più vicina alla fortezza della Mole Adriana e alla cittadella del Vaticano; questo evento pose le basi per il progressivo isolamento del Laterano dal nucleo urbano di Roma e per lo spostamento della sede papale al Vaticano, che sarà definitivo dopo la fine della cattività avignonese.

Gregorio VII non trasse alcun beneficio dall'intervento dei normanni, se non la sua salvezza personale; al contrario fu costretto alla fuga dalla popolazione inferocita e si ritirò in esilio a Salerno, dove morì nel 1085.


mercoledì 30 agosto 2023

Dal libro "La barba Fiorita" del Prof. Enzo Mancini: Storia della Germania

 

Storia della Germania

Hagen Schulze (1943-2014) è stato uno storico tedesco 
esperto del medioevo e anche della storia recente, la cui carriera
si svolse principalmente nella libera Università di Berlino. lo
riporto semplicemente ciò che scrive nel suo libro "Storia della
Germania", tradotto da Ilaria Tani, pubblicato in Italia da Donzelli di Roma. Non so se Schulze sia stato al corrente della tesi
di don Carnevale, ma da come scrive sembra dargli ragione.

• Le radici della storia tedesca non affondano nelle
foreste germaniche ma in quella straordinaria città
stato italica che fu Roma, la quale arrivò ad estendere
il suo potere su tutto il bacino mediterraneo, a domina-
re l'Europa fino al Reno. al limes. al Danubio, la cui
cultura unitaria e al tempo stesso multiforme rappre-
sentò per gli antichi un mondo ben definito, un ecume-
ne. Nulla era più ambito che essere cittadino romano;
l'apostolo Paolo ne era tanto orgoglioso quanto il
principe dei Cherusci Arminio. nonostante tutte le dif-
ferenze con Roma...
(Arminio è il vincitore di Varo
nella battaglia della selva di Teutoburgo, nel 9 d. C.).

• Questo impero (carolingio) non poteva durare ...
un ordine inviato dall'imperatore da Aquisgrana a
Roma impiegava due mesi per giungere a destinazio-
ne...
(è i
l primo tedesco che sento ammettere che la
distanza era un problema).

• Il termine Germania venne introdotto soltanto nel
XV secolo e ci vollero più di cento anni perché
si af-
fermasse. I popoli che abitavano ad Est del Reno per
secoli ignorarono di essere Tedeschi ...

• A partire dal 919, quando la corona reale passò
a Enrico I,
(padre di Ottone I), per più di un secolo la

dinastia dei Sassoni ebbe un ruolo di primo piano, so-
stituendosi ai Franchi. Secondo il monaco Vitichindo
di Corvey... l'impero era "omnis Francia Saxoni-
que
", era costituita cioè dai territori dei Franchi e dei
Sassoni: di Germania non si parla affatto.

• Il termine "teutonicus" aveva dunque all'origine
una connotazione ostile; italiani, francesi, inglesi lo
utilizzavano quando volevano esprimere disapprova-
zione e scherno nei confronti degli abitanti della
Germania ...

• Non abbiamo dunque a che fare con una storia
del medioevo tedesco, con una storia dello splendore
imperiale tedesco, e neppure con l'inizio di una storia
dei tedeschi, poiché costoro non sapevano di essere
tedeschi.
Si tratto’ piuttosto di preistoria tedesca ...

• La Germania del XIX secolo è stata definita una
verspatete Nation, una nazione in ritardo. Questo può
dirsi propriamente dell'intera storia tedesca ...

• La maggior parte delle città tedesche ... sono sor-
le tra l'inizio del XII e i primi anni del XIV secolo ...

• Intorno al 1300 in tutto l'impero tedesco non esi-
steva nessuna università.

L'idea di una nazione tedesca ... fece un notevole passo  
 avanti quando l'umanista italiano Poggio
Bracciolini riportò alla luce il testo dimenticato della
"Germania" di Tacito ... Solo adesso, nel 1500, questo
termine
(Deutschland) compare al singolare, mentre

fino a quel momento ci si era accontentati
dell'espressione "Deutschen Landen
", paesi tedeschi.

• ... Così la Bibbia tradotta (dopo la pace religiosa
di Augusta del 1555), nel possente tedesco sassone di Meissen  divenne il libro di lettura nazionale, e lo stesso accadde con i trattati e le lettere di Lutero ..

Questa ultima frase di Hagen Schulze vuole dire che prima di Lutero non esisteva una lingua tedesca unitaria, ma una accozzaglia di dialetti: il tedesco come idioma nasce quindi per Schulze con Lutero nel XVI secolo, come secondo alcuni l’italiano nasce con la “Divina Commedia” di Dante Alighieri.

lunedì 7 agosto 2023

Da "La barba Fiorita" del Prof. Enzo Mancini: Frate Pacifico cioè Guglielmo Divini il "RE dei versi"

 

Frate Pacifico

Prima della conversione si chiamava Guglielmo Divini;
nacque a Lisciano, sotto colle San Marco e sopra Ascoli Pice-
no, probabilmente nel 1158. Parecchi lo confondono col San Pa-
cifico di San Severino che è venuto dopo, anche lui frate minore,
anche lui di cognome Divini. Ora mi interessa il beato Pacifico
da Lisciano, quello che nel 1212 incontrò San Francesco a San
Severino Marche e si fece frate da un giorno all'altro, come atte-
sta Tommaso da Celano nella "vita seconda", cap. LXXII.

Quando Guglielmo Divini aveva 29 anni recitò una sua com-
posizione di 100 versi ad Enrico VI in visita ad Ascoli, fresco spo-
so di Costanza D'Altavilla. Il poeta piacque alla coppia regale,
tanto che se lo portarono dietro, in Sicilia, da cavalier servente.

La gran Costanza, erede del regno di Sicilia, il 26 dicembre
del 1194 dette alla luce Federico II sulla pubblica piazza di Jesi.

Ha osservato Benedetto Leopardi, di Monte San Pietrange-
li, che nove mesi prima Enrico VI non era in Italia con la mo-
glie, ma in Germania. Costanza stava a Spoleto con le sue dame
e il suo cavalier servente: Guglielmo Divini.

 L'ipotesi dell'amor galeotto è clamorosa ma non inverosimile. 

Costanza aveva 11 anni di più dell'imperatore, il loro matrimonio

combinato era stato un capolavoro politico ma non af-
fettivo. Il figlio del Barbarossa era un uomo crudele. Costrinse
la moglie ad assistere all'esecuzione con tortura del barone di
Castro Giovanni, cui fece inchiodare sul cranio una corona di
ferro rovente. Poi morì a Messina nel 1197, a soli 32 anni, in
circostanze poco chiare. Il 27 novembre del 1198 morì anche la
gran Costanza, lasciando il piccolo Federico sotto la tutela di
Innocenzo II!.

Nel 1208, quando Guglielmo Divini ha 50 anni, Federico Il
adolescente lo incorona "Re dei versi". Il dubbio è: sapevano di
essere padre e figlio, se veramente lo erano? Poi nacque la
scuola poetica che Dante chiamò "Siciliana", Ma questi sicilia-
ni da chi furono istruiti se non dal nostro Guglielmo Divini?
Che poi diventò frà Pacifico a 54 anni. Certamente si sarà con-
vertito, ma quanto sarebbe valsa la sua pelle se a corte gli fosse
sfuggito il suo grande segreto?

Quindi frà Pacifico seguì San Francesco; era presente
quando al santo fu donato il monte della Verna; era con lui ne-
"li anni 1223 - 1226.

Questo giustifica l'ipotesi che il "Cantico delle Creature"

sia stato composto a quattro mani.

Il "poverello" era malato, cieco, ignaro di metrica: lui ci mise l'ispirazione, frà
Pacifico ci mise le parole giuste, in volgare Italiano.

E' curioso che Salvatore Attal cerchi di screditare questa collaborazione
scrivendo che frate Pacifico era morto nel 1220, quando invece morì nel 1234, all'età di 76 anni.


venerdì 28 luglio 2023

Abul Abbas, è il nome dell'elefante donato del califfo abasside Harun Al Rashid a Carlo Magno. (Da Enzo Mancini: parte seconda)



Mi meraviglia che invece gli storici, tedeschi e non, li prendano per oro colato. Ma sanno anche dal 1913, cioè da una certa pubblicazione di Alfons Dopsch, che Aachen non può essere l'Aquisgrana carolingia, e continuano a spacciarla per tale senza fare una
piega. Però dopo il "Diesel
Gate" della Volkswagen mi
meraviglia di meno. Mi spiego. Gli autori del congegno
fraudolento applicato ai Suv
della casa automobilistica te-

desca erano tutti ingegneri
laureati ad Aachen.

Ma torniamo al nostro pachiderma. Che sia sopravvissuto a otto inverni della Westfalia a me pare poco credibile. Nella "storia d'Italia" di Montanelli e Gervaso si legge che l'elefante non morì di freddo ma

per aver mangiato troppo foraggio fresco, fornito gli dalle stesse
mani dell'imperatore. Dal dispiacere che ne ebbe fece indire
addirittura una giornata di lutto,

Che l'elefante era asiatico lo sapevo da tempo: quello afri-
cano non è addomesticabile. Che era albino l'ho scoperto da
poco. L'immagine riportata viene da un affresco che ora è con-
servato al museo del Prado di Madrid, ma ha una storia lunga.
Proviene dall' eremo mozarabico di San Baudelio de Berlanga,
nella provincia di Soria. Fu riscoperto nel 1917, dopo essere
stato adibito a stalla per pecore. Ora è diventato un monumento
nazionale. Essendo proprietà privata gli affreschi furono vendu-
ti a musei degli Stati Uniti.

Nel 1957 la Spagna ne tomò in possesso, lasciandoli al
museo della capitale. Che l'elefante albino raffiguri Abul Ab-
bas lo hanno detto gli Spagnoli, che avranno le loro ragioni. La
presenza di un elefante albino raffigurato in una chiesa è dovuta
al fatto che nel medioevo era un simbolo di purezza e castità.
Ma se si tratta di Abul Abbas l'edificio che ha sul groppone
non è un castello, ma l'aula Aquensis, la cappella palatina di
Aquisgrana, cioè l'abbazia di San Claudio al Chienti nel suo
aspetto originale, con due torri laterali e una cupola centrale.
Una riflessione sul viaggio dell' elefante dal medio oriente ad
Aquisgrana. I messaggeri che Carlo Magno inviava in Asia mi-
nore viaggiavano in Adriatico: "ille gurgitulus" lo definiva.
Perché il buon Isacco doveva passare per il Tirreno, in quel pe-
riodo sotto controllo Omayade di Al Andaluz, in contrasto con
gli Abassidi di Bagdad? E se non c'erano gli Omayadi c'erano i
pirati saraceni nordafricani. Perché Isacco, che era un uomo
giudizioso, per trasportare un carico prezioso e pesante avrebbe
dovuto scegliere una strada più lunga e più insicura?

In Adriatico ai tempi dei Romani c'era un "Portus Veneris"
a Cupra Marittima. Cupra era la dea Bona, Afrodite Cipria, la
Venere dei Latini. Meno di 100 Km più a Sud, alla foce del
fiume Sangro, esiste un "Portus V eneris" attestato da antichi
documenti, che alla fine dell 'VIII secolo poteva far parte del
territorio carolingio. Meno di 100 Km più a Nord c'è Ancona,
che aveva un tempio di Venere adiacente all'arco di Traiano.

Insomma in Adriatico ci sono abbastanza porti di Vene re sui
quali poteva approdare comodamente Abul Abbas, senza dover
andare nei paraggi di Genova. Se lo avessero portato realmente
in Liguria sarebbe da matti: poteva andare direttamente a Marsi-
glia senza tanti giri inutili. Chissà che Abul Abbas non riemerga
dal sottosuolo di San Claudio? lo ci spero, perché mio zio mi
raccontò da piccolo che aveva trovato i resti di un "animalacciu"
. scavando un pozzo, e non era riuscito a capire che animale fosse. 

Quando nel 1994 mi venne in mente che aveva potuto tro-
vare lo scheletro di un elefante mio zio era morto. Ma era vivo
quello che lavorava con lui: mi disse che se fossi arrivato tre
mesi prima mi avrebbe dato un dente di quell'animale, che ave-
va dato non ricordava a chi. Lo portai personalmente nei locali
dell'università di Camerino, dove c'è il cranio di un elefante
preistorico. Mi disse che il dente che aveva era identico ai mo-
lari di quello.

Se quello scheletro si trova basterà fare la datazione al ra-
dio carbonio. Se vengono 1200 anni sarà la prova che taglia la
testa al toro ... anzi all'elefante, che Aquisgrana era qui! 

giovedì 27 luglio 2023

Abul Abbas, è il nome dell'elefante donato del califfo abasside Harun Al Rashid a Carlo Magno. (parte prima)

 

Abul Abbas

In data 802 d. C. alla corte di Aquisgrana pervenne, dopo
un lungo viaggio di circa quattro anni, un
elefante, scortato
dall' ebreo lsacco, il suo mahout, il suo conduttore e custode.

Era un dono del califfo abasside Harun Al Rashid, più fa-
moso in letteratura come "il signore delle mille e una notte". Lo
attesta il biografo ufficiale di Carlo Magno, Eginardo.

Scrivono gli storici che questo animale esotico arrivò per
mare a Porto Venere, in Liguria. Da lì fu portato a Vercelli per
poi fargli attraversare le Alpi. Ma c'è anche chi scrive che detto pachider-
ma sbarcò a Pisa per poi essere portato a Pavia. Però per evitargli il valico
delle Alpi fu di nuovo imbarcato in Liguria per riprendere la terraferma a Ma
rsiglia                                                 

Da lì, risalendo la valle del Ro-
dano, avrebbe raggiunto Aix la Cha-
pelle senza eccessive difficoltà.

Negli "annales qui dicuntur Ein-
hardii" si legge che l'elefante morì
nell' 881 , dopo aver attraversato il
Reno, in località Lippenheim. Ma
questo brano riguardante l'elefante è

una evidente interpolazione, ammessa CafijJò Hàriin al-Rashid

      dai curatori stessi degli MGH. Di questi annali, pieni di cancellature, interpolazioni, toponimi in tede-

sco, correzioni, abrasioni ... io non mi fiderei.

venerdì 14 luglio 2023

Pubblico altri stralci della tesi del Prof. Giovanni Carnevale, per permettere a coloro che lo criticano/insultano di esprimere la loro saccenza.

Dal libro del Prof.

G I O V A N N I  CARNEVALE

La scoperta di

AQUISGRANA

in VAL DI CHIENTI

 

DRAGHI PERSIANI E PALMETTE SASSANIDI A CINGOLI (Mc) NEL

PORTALE DI S. ESUPERANZIO

 

            La primitiva arte islamica, dopo la rapida conquista delle terre orientali dell’Impero bizantino e di quelle dell’Impero sassanide, attinse largamente all’arte delle nuove province annesse all’Islam.

            Presso gli artisti omayyadi, a seconda della loro provenienza, a volte troviamo prevalenti i motivi sassanidi, a volte quelli della tarda romanità. In genere essi preferiscono

motivi geometrici o naturalistici: complessi meandri e intrecci di figure geometriche, palmette sassanidi, girali di grappoli e foglie di vite, uccelli, animali.

Solo di rado si ricorse a figure umane.

            L’arte omayyade – come del resto tutta la successiva arte islamica – fu essenzialmente decorativa e forse anche per questo fece largo uso dello stucco.

            Il portale di S. Esuperanzio a Cingoli (Mc), pur risalendo alla fase del Romanico piceno, ripropone in assoluta purezza imitativa motivi persiani o comunque orientali: draghi e palmette sassanidi, girali di vite. Segno evidente che in loco erano ancora presenti modelli risalenti alla Rinascenza carolingia.

            Nei fregi esterno e interno del portale di S. Esuperanzio la decorazione si risolve nella ripetizione standard di motivi a palmette sassanidi, ripetuti in serie fino a costituire due fregi ininterrotti. Il fregio centrale fra i due si fonda sullo stesso procedimento tecnico, solo che il motivo standard di grappoli e foglie di vite viene riproposto a facce alternatamente invertite, col risultato di conferire più vivace varietà all’insieme del fregio.

            Il fregio esterno delle palmette inizia e termina con le raffigurazioni di due

identici draghi, di ascendenza sassanide, anch’essi riprodotti a facce rispettivamente

invertite.

            Mentre nel portale di Fermo la raffigurazione del drago è unica e abbinata a quella dell’ibis – simbolo in Persia del potere imperiale e allusivo nel Piceno al potere imperiale di Carlo Magno – nel portale di Cingoli i due draghi hanno ormai valore puramente esornativo. Né poteva essere altrimenti alla fine del sec. XIII, a distanza di quasi mezzo millennio dall’epoca di Carlo Magno.

            I due attuali montanti con alla base i draghi persiani potrebbero essere stati in origine architravi di un edificio carolingio, reimpiegati e trasformati. I due draghi sono, infatti, in posizione verticale, innaturale, coi due arti non verso terra ma brancolanti nel vuoto.

            Anche la tecnica di esecuzione, se paragonata ai sovrastanti motivi ornamentali, è decisamente diversa.