mercoledì 16 aprile 2014

Dalla rivista KORAZYM - Marche: nell’Abbazia di San Claudio la tomba di Carlo Magno. Simone Baroncia

Link: http://www.korazym.org/14089/marche-nellabbazia-san-claudio-tomba-carlo-magno/ 12 aprile 2014 ____  Cultura _____ di Simone Baroncia ____________________ “A poca distanza da qui, in luogo ancora non identificato, 1200 anni fa moriva Carlo Magno. Subito ne lavarono il corpo e lo mummificarono. Poi lo rivestirono da imperatore con una corona d’oro sulla fronte e venne un corteo che su di un trono lo portò fino alla Cappella Palatina dove lo seppellirono. I muratori intanto avevano lavorato in tutta fretta per realizzare il casotto dove fu fatto entrare il trono con il corpo dell’imperatore”: in questo modo, a 1200 anni dalla morte di Carlo Magno avvenuta secondo le fonti il 28 gennaio dell’814, lo storico salesiano don Giovanni Carnevale ha ricostruito ciò che sarebbe successo nei dintorni di San Claudio dodici secoli fa, ritenendo, insieme all’ingegner Alberto Morresi, che la bellissima abbazia di San Claudio, in provincia di Macerata (Marche), sarebbe la vera Cappella Palatina di Aquisgrana, ipotesi che dal luglio scorso sarebbe suffragata dal rinvenimento, grazie al georadar, del punto preciso dove si trova una mummia che sarebbe quella di Ottone III. I due studiosi hanno concentrato la loro attenzione sull’arcata centrale d’ingresso dell’abbazia dove ipotizzano possa essere stato tumulato Carlo Magno. Le rilevazioni hanno evidenziato un’area dalle dimensioni di un tuguriolum, proprio come nel Chronicom Novaliciense dal conte di Palazzo Ottone di Lomello (presente alla riapertura della tomba voluta da Ottone III). Questi appunto raccontò che Carlo Magno era seduto in trono con una corona d’oro in testa e dal riflesso più bianco delle analisi si nota come il parallelepipedo sia sviluppato in altezza con una base distante circa mezzo metro dal fondo, appunto come se qualcuno vi sia seduto. L’ipotesi si è tradotta in un volume, scritto dai due studiosi, intitolato ‘Il ritrovamento della tomba e del corpo di Carlo Magno a San Claudio’, nel quale don Carnevale precisa: ”Io stesso, da insegnante di storia, ho sempre riportato la storia nella sua versione ufficiale, ma sono troppe le contraddizioni. Anzitutto qui nella nostra zona abbiamo varie chiese quadrate simili a quella d’Orleans che è documentata come carolingia. Sostenere ancora Aachen come Aquisgrana Carolingia è solo un comprensibile atteggiamento nazionalistico tedesco e non una realtà sostenuta da prove archeologiche o storiche. Ci hanno assicurato il loro patrocinio l’Università Pontificia Lateranense di Roma e il Comitato di Scienze Storiche della Santa Sede. E’ importante che si capisca che la nostra tesi è quella giusta perché la ricerca di fonti combacia con le rilevazioni”. In un colloquio avuto a Macerata lo studioso salesiano mi ha spiegato il legame tra Carlo Magno e la valle del Chienti: “Il legame nasce dal 715, quando arrivano i franchi profughi dall’Aquitania, perché era assediata dai saraceni. Essi, in base ad un accordo tra l’abate di Farfa, Tommaso di Morienna, e il duca di Spoleto Faroaldo, furono dislocati in Sabina, lungo la Salaria, e nel Piceno, lungo il diverticolo che dalla Salaria percorreva per tutta la lunghezza il Piceno con il nome di Salaria Gallica. Quest’area fu denominata ‘Francia’, quando ancora quella comunemente conosciuta con quel nome era ancora chiamata Gallia”. Poi mi ha spiegato che la Cappella Palatina di Carlo Magno ha le caratteristiche della chiesa di San Claudio al Chienti: “Il DNA architettonico di San Claudio è identico a quello di San Vittore alle Chiuse nel Piceno, a Germigny des Prés nei pressi di Orleans e alla struttura del Frigidario omaiade di Khirbat al Mafjar, presso Gerico. Tutti questi edifici hanno in comune una pianta di base quadrata, suddivisa in nove campate. La campata centrale è sormontata da una cupola. Le otto periferiche restanti hanno per copertura una terrazza sorretta da otto crociere sottostanti. Gli edifici dell’oriente e di Germigny sono perfettamente databili: quello della Palestina fu eretto da un califfo omaiade di Damasco e quello di Germigny da Theodulf, un dignitario ecclesiastico della corte di Carlo Magno. Per i due del Piceno non c’è documentazione. La chiesa di Germigny fu costruita ‘instar eius quae in Aquis est’, cioè simile alla Cappella Palatina di Aquisgrana, ma non rassomiglia affatto alla Cappella Palatina di Aachen: non è quadrata ma ottagonale, non ha crociere a sostegno di una terrazza di copertura ma una cupola copre tutto il vano sottostante. Germigny rassomiglia invece in tutto agli edifici piceni e San Claudio ha in più un matroneo per le matrone della corte. Altri matronei esistevano solo a Costantinopoli e a Ravenna. La conclusione che San Claudio è la Cappella Palatina di Carlo Magno si pone con tutta evidenza”. E a prova di questa ricerca mi ha ribadito che anche Pipino il Breve, padre di Carlo Magno, è sepolto nella Collegiata di San Ginesio, documentato in un’apposita pubblicazione edita nel 2010 dal titolo ‘Il rinvenimento delle sepolture di Pipino il Breve e di sua moglie Berta nell’attuale Collegiata di San Ginesio’: “Precisiamo che nelle fonti carolingie e sassoni il termine Aquis Grani non fa mai riferimento ad un agglomerato urbano ma ad un territorio irriguo. Ancor oggi per i francesi Aquisgrana è Aix la Chapelle, cioè le acque termali presso cui sorgeva la Cappella palatina. Le guerre condotte dai suoi predecessori e da lui stesso avevano concentrato nelle sue mani un bottino di guerra costituito da una grande massa d’oro. Egli impiegò parte di quest’oro per ridare all’occidente una nuova capitale”. Inoltre l’identificazione d’Aquisgrana in Val di Chienti permette di localizzare nel Piceno anche la ‘Nuova Roma’ costruita da Carlo Magno, come riferiscono le fonti dell’epoca: “Ad Aachen il solo edificio che sia ritenuto carolingio è la cosiddetta Cappella Palatina, Duomo dal 1931, ma abbiamo già detto che l’edificio risale al Barbarossa. Invece, ciò che le fonti dicono sulla ‘Nuova Roma’ carolingia trova riscontro nell’ambiente geografico e nei vistosi resti urbani antichi della Val di Chienti. Troviamo le rovine d’una città antica con le caratteristiche della ‘Nuova Roma’ descritta da Angilberto: un’arx sulla sommità del colle, un teatro, terme, balnea o piscine, un anfiteatro, resti d’altri edifici. Le rovine coprono un’ampia zona e mostrano caratteri propri dello stile bizantino–orientale. La cultura ufficiale, fuorviata da Aachen, le ritiene rovine dell’antica città romana di Urbs Salvia e le fa risalire al sec. I dell’era cristiana, benché la popolazione locale mantenga vivo il tradizionale, antico nome di Roma… Oggi le imponenti rovine della Nuova Roma carolingia coprono nelle Marche la più estesa zona archeologica pervenuta dall’antichità. Abbiamo sicuri indizi che ancora dopo il Mille le rovine della città erano praticamente ancora in piedi: a partire dal 1140 i Cistercensi vi attinsero i materiali per costruire la loro abbazia ‘ad Aquas Salvias’, oggi abbazia di Fiastra”.