mercoledì 27 luglio 2022

Anche il Muratori entra in confusione quando deve ubicare Aquisgrana!

 

Da: Muratori anni 881 – 883

 

Anno di Cristo 881. Indizione XIV.
di Giovanni VIII papa 10.
di Carlo Il Grosso imperadore 1.

Per le ragioni di sopra addotte tengo io per fermo che Carlo il Grosso conseguisse non già

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nell'anno addietro, ma bensì nel presente da papa Giovanni la dignità e titolo d'Imperador de' Romani. Nella Cronica Farfense (1) da me pubblicata si legge un diploma di esso Carlo Crasso, confuso da quello storico con Carlo Magno, dato II^. Kal. Alatili, Anno, Christopropitio lmp'.rìi Domili Karoli praepotenu's Augniti unctionis suae Primo, Indiclione XIV. Actum Aquis l'illudo. Se, come dissi ivi in una Annotazione, col nome di Aquis s'intendesse Aquìsgrana, non potrebbe stare che allora questo Augusto si trovasse in quel luogo. E che neppure quivi si parli della città d'Aiqui nel Monferrato, lo deduco io da un bellissimo placito che originale si conserva nell'archivio dei canonici d'Arezzo, e fu da me pubblicato (i) altrove. Da esso apparisce che Carlo il Grosso si trovava in Siena, assistente al medesimo placito , Ando Impciii idem Domni Karoli Primo, Mense Martio, Indictione Quartadecima, cioè nel marzo dell'anno presente, nel tornare che l'ili faceva dalla coronazione romana. Adunque non potè egli sul fine di febbraio trovarsi nel Monferrato, come pretese a quest'anno l'Eccardo (3). Non si accorda questo documento col pisano riferito di sopra; e quando quoto sussista, parrebbe che nel febbraio, o nel principio di marzo accadesse la coronazione romana di Carlo il Grosso. Veggasi ancora un altro diploma all'anno 896 qui sotto, dove si incontra un Aquis, che era forse una corte posta nel contado di Verona. Intanto l'Augusto Girlo invece di procedere coli' armi sue, siccome il papa desiderava e sperava, alla difesa del Ducato Romano, troppo malmenato dai Saraceni, noi il iniriam ritornato in Lombardia a prendersi il fresco. Da un suo diploma (4) presso il Campi si scorge ch'egli era ritornato a Pavia K. ldus Aprilis Anno Incarnationis Dominicae DCCCLXXXI. Indictiont XIV. Anno Imperli primo. Un altro da me dato alla luce (5) cel fa vedere V. KaUndas Mai' Anno liicaiiialionis Dominicae DCCCLXXXI. Indictione XIV. Anno vero Imperli ejus lì. (sari scritto nell'originale Anno 1.) In esso dic'ejli, Berengarium Ducem (del Friuli), et affittitale nobis conjimctum (perchè figliuolo di Gislasua zia paterna) nostram deptveasse clcmenUam, qua- temo cuidam Capellano suo. Pttrum nomine, conCederemus quasdam res massaricias ec. Non si sa che questo Augusto attendesse nell'anno presente ad impresa alcuna. Abbiamo bensì una lettera a lui scritta nel dì 29 di marzo (fi), nella presente indizione XIV , da papa Giovanni, in cui gli rappresenta i gravissimi guai patiti allora dai Romani per cagion dei Saraceni , guai che andavano ogni di più crescendo; e però lo scongiura di spedire, secondoche avea promesso, in loro aiuto un forte esorto Chron. FariViis. P. II. I. 2. Rer. Italie p. 38o. (2) Anliq. lui. Diucrt. XXXI. Q) F.rrard. Rrr. Germanìcar. lib. 3l. (4) Campi, lslor. Piarmi, loin. I. pag. ^tìtì.

(5) Antiqui!. Italie. Di>Krt. V.

(6) Epist. a(x). Johannis Papae Vili.

cito, alla cui testa sia un generale mandato dalla corte sua: segno che il papa non si fidava dei ducili di Spoleli e Toscana. Ma non apparisce che Carlo il Grosso se ne prendesse gran pensiero, né clic inviasse gente a soccorrere l'alllitta Roma. Due diplomi d'esso Augusto nel dì 4 di dicembre in Milano si leggono nelle mie Antichità Italiche (1). Si raccoglie da un'altra lettera (a), che manda esso pontefice all'iniperadore Pelrum, insignem Palatti nostri super ista (si dee scrivere supero- tam ) Deticùuum Consiliarìum nostrum , comunemque Fideleim, con Zaccheria vescovo, affinchè esso Augusto spedisca i suoi messi prò recipiendis de omnibus, quae hactenus perperam acla fiiemnt, jusliliis, et emendalionibus, ac prò totius Terrae Sancii Petri salute. Qui si rac

al medesimo Romano, noi impariamo che papa Giovanni s' era portato a Napoli. Il motivo di questo viaggio risulta da varie altre sue lettere dell'anno presente (1). Atanasio II vescovo insieme e duca di Napoli, per ambizione , per interesse, per cabale uomo lutto mondano, si compiaceva forte dell'amicizia dei Saraceni, perchè entrava a parte de' loro bottini, cioè degli assàssinj clic coloro andavano commettendo negli Stati della Chiesa Romana, di Capua, e dell' altre contrade cristiane. Più preghiere ed istanze avea fatto papa Giovanni; molto danaro avea sborsatoi andò più d' una volta a Napoli, e dovette andarvi anche nel1' anno presente apposta , anche per tentare in persona di rompere quella indegna lega. Nulla poi fruttando tanti passi, finalmente pro

comanda papa Giovanni , perché vengano i ! feri contra di lui la scomunica. Ma questo ve

messi dell'imperadorc, acciocché colla loro autorità si rimedii ai torti e danni inferiti alla Chiesa Romana. 

martedì 26 luglio 2022

Il viaggio dell'elefante regalato a Carlo Magno dal califfo di Bagdad secondo il Prof. Enzo Mancini

Portus  Veneris                                             

Mio fratello Ennio, a cui va dato il merito del rinnovato interesse per Abul Abbas da parte del centro studi carolingi di san Claudio, ispirato probabilmente dal lavoro dell’amico Albino Gobbi sulla presenza dei Franchi nel vicino Abruzzo, mi ha dato un prezioso suggerimento proprio oggi.

Mio fratello, maggiore d’età ma minore di studi, ha preso a cuore la ipotetica grande storia del nostro “natio borgo selvaggio” sicuramente più di me, che ultimamente ho avuto da pelare altre gatte e quindi minore disponibilità di tempo.

Insomma curiosando sulle vecchie abbazie dell’Abruzzo ha scoperto che alla foce del fiume Sangro, in comune di Fossacesia,  esiste l’abbazia di san Giovanni in Venere, un complesso monastico con veduta dalla collina sull’Adriatico, un tratto di mare conosciuto come golfo di Venere.

Il toponimo di “Portus Veneris” è attestato da antichi documenti.

Per farla breve, verso l’anno 540, vivente san Benedetto, alcuni dei suoi discepoli edificarono, sulle rovine di un tempio di Venere, un monastero e una chiesa dedicata alla Madonna e a san Giovanni Battista. Il monastero, dipendente prima da Monte Cassino e poi da Farfa, si rese indipendente solo nel 1004.

Nell’abbazia, che nel suo momento migliore ebbe possedimenti, oltre che in Abruzzo, nelle Marche, in Puglia, in Romagna, in Dalmazia, soggiornarono personaggi che divennero Papi: Stefano IX, Celestino V, Vittore III.

Quindi non ci sarebbe bisogno di arzigogolare che Porto Venere poteva essere Cupra Marittima, perché a meno di cento chilometri più a Sud, sulla costa Adriatica, è documentata la presenza di un Portus Veneris che agli inizi del IX secolo poteva far parte del territorio carolingio.

 Ora sugli attuali libri di Storia non scrive nessuno che la giurisdizione di Carlo Magno arrivava fino al Molise, ma è un fatto da discutere.

( Questa precisazione è soprattutto per Albino Gobbi: sono tornato virtualmente a visitare il santuario della Madonna di Canneto, con google maps )

Nel 2006 ad agosto partecipai ad un ciclo-pellegrinaggio organizzato dalla parrocchia di san Marone di Civitanova Marche. Nella seconda giornata di fatica il gruppo di cicloamatori risalì la valle del Trigno e fece tappa al santuario di Santa Maria di Canneto. Entrando nella antica chiesa attirò la mia attenzione una pesante lapide sul lato sinistro rispetto all’entrata. Ci si legge:

 

Papi ed imperatori del medioevo che nelle loro bolle e diplomi menzionarono la chiesa e il monastero di Santa Maria di Canneto sul Trigno

Marino II – Giovanni XIII – Stefano IX – Niccolò II – Urbano II – Pasquale II – Callisto II – Anastasio II – Alessandro (?) – Clemente (?) Innocenzo III – Onorio III – Sisto IV

Carlo Magno – Enrico II il Santo – Corrado II il Salico – Enrico III il Nero – Lottario III il Sassone.

 

Chiedo scusa per i punti interrogativi, ma ho ricavato il testo da una foto. Comunque se ci andate non penso che abbiano spostato la pietra, di diversi quintali di peso.

Io ritengo che se qualcuno si è preso la briga di incidere sulla pietra questo testo, si basava su documenti che non si può avere inventato.

Perciò anche la patria di Don Giovanni Carnevale, Capracotta, che oggi fa parte del Molise, ma si trova a Nord del Trigno, è stata sotto l’imperatore dei Franchi e dei Longobardi.

 Mancini Enzo                                  dal  20/12/2015   Macerata