Sor Pietro e la questione
francescana.
Mi sto interessando di san
Francesco e dei Frati Minori perché sono convinto che una seria biografia del
Poverello di Assisi non è stata ancora scritta e potrebbe servire a restituire
alla nostra regione una bella fetta della sua storia scippata, perché la
“damnatio memoriae” ebbe inizio proprio in quel periodo.
Perché se sono seri i
medievisti non possono continuare a dire che messer Pietro di Bernardone dei
Moriconi aveva fatto i soldi nei mercati transalpini, e grato di questo diede
al figlio, battezzato Giovanni, il soprannome “Francesco”.
Nel commercio il tempo è
denaro, è una regola incontestabile: avrebbe dovuto perdere troppo tempo in
viaggio. E in viaggio non si guadagna: e dove il guadagno non c’è la perdita è
sicura, altra regola incontestabile. Ma non è solo questione di tempo.
Dove le strade erano senza
padroni erano piene di predoni. Solo i fraticelli potevano viaggiare
tranquilli: avrebbero perso solo i poveri stracci che indossavano.
Sor Pietro invece aveva da
perdere o il carico di merce o la borsa colma di denari.
Dove le strade avevano un
padrone ecco gli armigeri e i gabellieri, che gongolavano all’arrivo di un
commerciante ben fornito di merce o di monete sonanti.
Fra Assisi e la
Provenza di gabelle non ce ne erano solo due o tre.
Senza contare che in partenza
la prima gabella era quella dei nemici perugini, che sarebbe stata l’ultima
prima dell’arrivo in patria.
Quando li poteva fare i soldi
sor Pietro?
Li fece perché i mercati che
frequentava erano quelli della Francia Picena, in quel periodo soggetta al duca
di Spoleto, lo stesso signore sotto il cui governo era anche Assisi. Le strade
erano libere da predoni perché le forze dell’ordine del duca controllavano il territorio e di
gabelle non ne incontrava, al massimo ne incontrava una a viaggio, dopo di che,
con l’attestato del pagamento in tasca, stava tranquillo di poter girare quasi
tutte le Marche.
Che ne dice Monsieur Dalarun
Jacques, lei che da poche parole riesce a tirar fuori sottilissime deduzioni
nella sua” Vita ritrovata” , i miei
ragionamenti sono proprio sballati?
Sono consapevole di
strapparle il cuore nel dirle che “Saint
Francois”, (ma come si farà a mettere la cediglia?), non deve il nome alla
sua Francia ma alla mia, ma è arrivata l’ora di ristabilire la verità storica,
di restituire il maltolto alla nostra regione.
Lei dovrebbe anche capire che
la “questione Francescana” scaturisce da questa “damnatio memoriae” della Francia Picena: solo l’ammissione di
questo potrà portare alla soluzione della Questione
Francescana.
Frate Ugolino
Fra Ugolino Brunforte, detto
poi da Montegiorgio, nacque da Rinaldo
Brunforte, signore di Sarnano, nel 1262. A sedici anni entrò come novizio nel
convento di Roccabruna, fra Sarnano e Pian di Pieca. Passò però gran parte
della sua vita nel convento di Santa Maria di Montegiorgio, da cui prese il
nome con cui è più conosciuto.
Celestino V lo aveva scelto
come vescovo di Teramo, ma, dopo il “gran rifiuto”, il suo successore Bonifacio
VIII ne annullò la nomina, con la bolla ”In supremae dignitatis specula”.
Sospettava che il frate fosse
simpatizzante degli Zelanti, o bizochi, quelli che si ritenevano i veri eredi
del messaggio spirituale di San Francesco, quelli che frate Elia da Cortona
aveva emarginato e che la curia papale riteneva in odore di eresia.
Come Bernardo di Quintavalle,
considerato il primo dei discepoli di Francesco, che si ritirò come eremita
sulle montagne di Sefro, presso Pioraco.
Verso il 1310 Ugolino fu
nominato provinciale dei frati Minori di Macerata e alla sua morte era
provinciale di tutte le Marche.
E’ considerato l’autore dei
“Fioretti”, che per tradizione furono scritti nel convento di Roccabruna.
Più probabile che abbia
raccolto vari episodi di autori diversi, messi per iscritto da racconti
tramandati oralmente nella zona.
La scrittura dei Fioretti
avvenne secondo esperti tra il 1322 e il 1328, in latino.
L’originale latino è andato
perduto, anche se ne abbiamo un’idea dagli” Actus B. Francisci et Sociorum
ejus”, di cui sembra certo che Ugolino sia stato il principale compilatore.
Frate Ugolino, nato a
Sarnano, ha attirato la mia attenzione per l’episodio della predica agli
uccelli o miracolo del silenzio delle rondini.
Ho letto nelle note di “ San
Francesco d’Assisi”, di Salvatore Attal,
che nel manoscritto dei “Fioretti” più antico l’episodio, poi localizzato fra
Cannara e Bevagna nelle trascrizioni successive, viene ascritto al castello di
Carnano.
Oggi in località Piandarca,
fra Cannara e Bevagna, non lontano da Assisi, ci hanno messo un’edicola a
ricordo del miracolo, ma è ancora oggi un posto isolato, lontano da centri
abitati.
In Umbria esiste un castello
di Carnano, anche questa una località isolata nel comune di Montecchio, in
provincia di Terni. Secondo tradizione nello stesso luogo del miracolo degli
uccelli il Poverello istituì il Terzo Ordine Francescano.
Ora io ipotizzo, senza prove,
per puro intuito, ( già vedo qualcuno pronto, dopo essere stato a Monsapietro
Morico, ad andare a Sarnano a dire di aver fatto una scoperta a seguito dei
suoi profondi studi), che nello scritto originale di frate Ugolino il miracolo suddetto era localizzato a
Sarnano, e anche l’istituzione degli OFS.
Perché basta nel manoscritto dare una piccola
grattatina, cancellare uno sbaffo di un millimetro e la S diventa una C.
Come mi è venuto in mente?
Per vari motivi.
A) Francesco non era uno sprovveduto, “non sum cuculus”
diceva al medico che negli ultimi giorni lo voleva convincere di star
migliorando. Non predicava in aperta campagna, dove non trovava nessuno, come a
Piandarca di Cannara o al castello di Carnano; Sarnano invece era già , a quei
tempi, un bel paesotto, diventato libero comune nel 1265.
B)
Il comune di
Sarnano vanta nello stemma un disegno di San Francesco in persona, un angelo
con sei ali, fatto secondo la tradizione del luogo in occasione di un suo
passaggio del 1215.
C)
Sempre secondo la
tradizione locale dopo la predica l’intera popolazione avrebbe voluto seguire
il Santo, il quale non poteva non capire che non sarebbe stato molto pratico:
da qui gli venne l’idea del Terzo Ordine.
D) Ha detto, o scritto, Carlo Bo, mitico rettore
dell’Università di Urbino, che san Francesco è nato in Umbria, ma il
Francescanesimo è nato nelle Marche. Avrà avuto le sue buone ragioni.
E)
Nelle più note
biografie del Santo di Assisi si ammette si e no il suo passaggio ad Ancona e a
San Severino Marche. Ma le Marche sono piene di luoghi che la tradizione dice
visitati dal Santo patrono d’Italia.
Con un poco di pazienza di
motivi potrei trovarne di più, collegati alla “damnatio memoriae” della storia
marchigiana,ma ora sono stanco.
Quelli che ho scritto
dovrebbero bastare e avanzare.
Mancini Enzo, Macerata, 6
novembre 2016
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