mercoledì 24 febbraio 2021

L'intervento del Prof. Enzo Mancini non solo è attuale ma è soprattutto interessante:

                                                 Vitis vinifera nel Graben del Reno


In un articolo di Cronache Maceratesi del 22 Aprile 2014 il signor Umberto Prenna demolisce, (almeno leggendo i commenti di improbabili esperti), la teoria di Giovanni Carnevale con queste due principali argomentazioni: “ Il vino ad Aachen si produce , eccome! Ci fanno una famosa festa del vino. I terremoti ad Aachen ci sono, eccome! Si trova nei paraggi del Graben del Reno.”

Mi scuso di non essere intervenuto prima, ma ho letto l’articolo solo recentemente. Ma non è mai troppo tardi, diceva il maestro Manzi; soprattutto nella ricerca della verità non esiste prescrizione . Ad essere sincero mi sorprende questa avversione alla tesi di don Carnevale da parte di persone della provincia di Macerata. Le ferite provocate dal “fuoco amico” sono le più difficili a rimarginare. Ma ognuno è libero di avere le proprie opinioni. Per esempio mi dispiaceva che Giancarlo Liuti, di cui apprezzavo molto il “british humor”, fosse contrario ai Valdichientisti, ma non per questo ho smesso di leggere i suoi articoli; riposi in pace. Io non voglio imporre a nessuno la mia opinione,  e se qualcuno mi fa presente e mi dimostra che sbaglio, ben venga.  Io, se fossi un uomo importante come era Marc Bloch, non vorrei come epitaffio “Dilexit Veritatem”; mi accontenterei di un “cercò la Verità”. Questo atteggiamento mi ha portato a qualche discussione che avrei voluto evitare, anche con lo stesso Giovanni Carnevale. Dopo questa premessa passo ad approfondire la questione del vino e dei terremoti, nel modo più sintetico che mi riesce.

La “vitis vinifera”, o vite europea,  è una specie botanica che nella metà del secolo XIX (1800) rischiò l’estinzione in Europa, per l’attacco di un afide, Phylloxera vastatrix, e due funghi, la peronospora (Plasmopara viticola) e l’oidio (Uncinula necator). Il problema ebbe inizio con l’avvento dei piroscafi a vapore, che attraversavano l’Atlantico in tempi molto più brevi dei velieri, consentendo la sopravvivenza dei parassiti. Furono importate in Europa piantine di vite americana, il tipo più noto è l’uva fragola, che erano resistenti a questi parassiti, mentre la vite europea non lo era. Fu il professor Jules Emile Planchon dell’Università di Montpellier a trovare la soluzione: usare la vite americana come portainnesto per la vite europea. Da lì la storia della vite si complica, ma chi ha voglia può controllare. Oggi il genoma di questa pianta è stato sequenziato; si sono fatte ibridazioni a tutto spiano. Trovare un vitigno “franco di piede”, cioè senza portainnesti di vite americana, è una impresa quasi impossibile, a meno che non si cerchi in qualche isola greca del mar Egeo. Oggi il vino si produce in tutti i continenti ad eccezione dell’Antartide; e poi ci sono anche le serre, che aiutano le piante a superare il problema delle gelate primaverili che, fino a prova contraria, sono più frequenti in Germania che da noi, sia oggi che ai tempi di Carlo Magno.
E’ vero che nel periodo caldo medioevale anche  la vite europea fu coltivata sporadicamente fino ai confini della Lituania, grazie ai Cavalieri Teutonici, ( a Tilsit, oggi Sovetsk, nell’Oblast’ di Kaliningrad), ma durò poco: dopo qualche anno cominciò la “piccola era glaciale”, che fece arretrare l’areale della vite molto più a Sud che ai tempi dell’Impero Romano. Nel secolo IX invece era solo all’inizio il periodo caldo medioevale e la coltivazione della vite nella valle del Reno  non si spingeva più a Nord dei dintorni di Coblenza. Lo attesta un documento degli ultimi anni del regno di Carlo il Grosso, dell’anno 880 circa, citato da Else Roesdhal , l’archeologa che ha sfatato il mito dei vichinghi col copricapo cornuto: non lo avevano, non si è trovato in nessuno dei siti che si sono scoperti fino ad ora. La Roesdhal cita una lettera del capo vichingo Goffredo a Carlo il Grosso. L’imperatore aveva tante gatte da pelare in quel periodo e aveva ceduto ai vichinghi la Frisia e la valle del Reno della zona dell’attuale Colonia, per tenerseli buoni. ( Di una Colonia Agrippina di quei tempi a Koln  non esiste una minima traccia archeologica). Ma Goffredo si lamenta che questa zona non produceva vino e chiede gli venga ceduta anche la zona di Coblenza, dove sapeva che la vite poteva crescere e fruttificare.

Non a caso sono venuto a conoscenza di questo documento,in mano sicuramente ai Tedeschi, solo attraverso una archeologa danese dello Jutland. Dice praticamente che Aachen, a 50 Km da Colonia, non poteva essere l’Aquisgrana di Carlo Magno. Come poteva il nipote Carlo il Grosso, seppur malridotto, cedere ad un barbaro vichingo il giardino di casa sua, quale doveva essere la zona di Colonia, secondo la storia ufficiale?

Ma ora non divaghiamo, concludiamo il discorso sulla vite. Le vigne di oggi sono costituite da piante ibride e selezionate che resistono molto meglio non solo ai parassiti ma anche alle avverse condizioni atmosferiche. Quanto ci vogliamo scommettere che ad Aachen la festa del vino la fanno solo dopo la seconda guerra mondiale? Concludendo, alla fine dell’VIII, dai dati scientifici che abbiamo sulle temperature medie del periodo, possiamo escludere che ai tempi di Carlo Magno ad Aachen  potesse crescere la “vitis vinifera”.

Ora passiamo ai terremoti. Nulla da eccepire che la struttura geologica denominata Graben del Reno sia interessata dalla maggiore attività sismica di tutta la Germania. La sismologia è una materia giovane: ha assunto i connotati di Scienza da poco più di 50 anni. Sui giornali sembra che una volta riportata l’ubicazione dell’epicentro e il valore della magnitudo ( scala Richter) si sia stati esaustivi nella descrizione del fenomeno tellurico. Invece ci vuole anche l’intensità, ( scala MCS – Mercalli, Cancani, Sieberg), nonché la profondità dell’ipocentro. Intendo dire che un fenomeno di magnitudo 6, che non è poco, potrebbe essere valutato di intensità III nell’epicentro, cioè avvertito da pochissime persone, specialmente in un territorio dal suolo di notevole  spessore sedimentario, come è il Nord della Germania.

Ho raccolto personalmente la testimonianza di un ex minatore, che lavorava in una miniera di carbone di Charleroi, a 140 km da Aachen, e mi ha detto che in 25 anni non ha mai percepito un terremoto. Leggendo i documenti medioevali sono riportati i terremoti che spaventano la gente. Io ho letto in riviste scientifiche che nel “Graben del Reno” fenomeni sismici che spaventano si verificano ogni 150 anni circa. La maggior parte sono percepiti solo dagli strumenti appositi, sono di magnitudo difficilmente maggiore a 4.0 e non provocano mai danni.  Da noi episodi sismici che impauriscono le persone si verificano ogni 10- 15 anni circa. Chiedere, per verificare, a tutti i maggiorenni  della provincia di Macerata.

Nei documenti relativi alla Aquisgrana di Carlo Magno i terremoti vengono registrati con la frequenza che sentiamo a casa nostra.
Enzo Boschi, l’italiano che più si intende di terremoti, ha scritto che le caratteristiche sismologiche  di un territorio possono cambiare dopo qualche milione di anni. Dopo 1200 anni sono quindi praticamente identiche.

Quindi, signor Prenna, resto del parere che Giovanni Carnevale ha scritto cose più plausibili delle sue. E mi scusi il ritardo. Che vuole, ho una certa età: oggi compio 70 anni.

Mancini Enzo       

Macerata  23 febbraio 2021  - san Policarpo Martire -

 ( avete capito che ho rischiato che mi chiamassero Policarpo!?)