Morresi Alberto mi ha mandato uno scritto di un signore che proclama con soddisfazione:
“Caro Alvise, FINE DELLA FAVOLA. Una delle tante prove documentali che Aquisgrana era l’attuale Aachen, ( anche ai tempi di Carlo Magno). Nella lettera n.14 indirizzata a fratel Gerwando, bibliotecario della Scuola Palatina, Eginardo scrive: - Raro celerius quam septem dierum spatio de Aquis ad Martyrum limina potui pervenire. –“
Per l’HATER di Giovanni Carnevale questa frase prova matematicamente che Eginardo in sette giorni si spostava dalla sua abbazia, a Seligenstadt, ad Aachen, cioè da casa sua a quella che ufficialmente è l’Aquisgrana carolingia. E ciò prova altrettanto matematicamente che Aachen era la capitale di Carlo Magno. Logica sopraffina, degna dei medievisti di Montecosaro.
Eginardo dice semplicemente a fratel “Gerwardo”, non Gerwando, che aveva problemi a viaggiare, con i suoi acciacchi di anziano: “Raramente in passato potei arrivare in meno di sette giorni da Aquisgrana a Roma”. Era il doppio di quello che ci mettevano in media a quei tempi per andare da San Claudio al Chienti a Roma. “Non potete pretendere che lo faccia ora che sono più vecchio.” Vorrebbe dire.
La locuzione “Martyrum limina” equivale ad “Apostolorum limina”, cioè Roma. Chiedano lor signori ai medievisti seri. Tanto che nella stessa lettera, poche righe dopo, Eginardo, per dire che qualcuno si era rifugiato presso di lui, a Seligenstadt, scrive: “Quidam servus… confugit ad limina sanctorum Marcellini et Petri”. Aveva da poco commesso il “sacro furto” di reliquie dei martiri romani.
Messaggio per gli HATERS di don Carnevale: “OPTO UT SEMPER BENE VALEATIS”, come chiude la lettera in questione, così ci date una mano a provare che il professor Carnevale ha ragione!
Vale anche per Florian Hartmann, per Tommaso Di Carpegna Falconieri e tanti altri: continuate così che vi troverete più presto in un “cul de sac”. Continuate a sottoscrivere che il “Grande Carletto” si rimpinzava ad AACHEN di “cucumeres et pepones” coltivati in loco, come attesta il “Capitulare de villis”.
Mentre Wolfgang Behringer dell’Università del Saarland attesta che l’Alto Medioevo coincise con un periodo più freddo della media, basandosi su dati ( questi si scientifici) ricavati da carote di ghiaccio, di torba, da studi dendrologici, palinologici e altro, nonché da fonti documentali.
Però cerca di non dirlo troppo forte, spendendoci due paginette su trecento circa, nel suo libro: Kulturgeschichte des Klimas. Von der Eiszeit zur globalen Erwarmung”. (Storia culturale del clima. Dall’era glaciale al riscaldamento globale)
Chissà perché? Forse perché è tedesco?
Mancini Enzo 22 marzo 2024
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