Morresi Alberto mi ha mandato uno scritto di un signore che proclama con soddisfazione:
venerdì 22 marzo 2024
Il Prof. Enzo Mancini ringrazia per l'assist dei medievisti di Montecosaro
giovedì 21 marzo 2024
Nimega o Numana?
Dai documenti la data di nascita di Ottone III è avvenuta nel giugno/luglio del 980 ed inoltre descrivono quanto segue:
I genitori di Ottone III erano l'imperatore Ottone II e sua moglie bizantina Teofano. Nacque nel 980 durante il viaggio da Aquisgrana a Nimega nella Reichswald di Kessel (Ketil). Assieme a lui, nacque una gemella, che però non sopravvisse al parto.
Ottone II scese poi
in Italia allo scopo di scacciare dal Mezzogiorno gli Arabi e possibilmente
anche i Bizantini (980); ma, dopo una serie di operazioni di scarso rilievo, fu
sconfitto dagli Arabi dell’emiro di Sicilia ?Abd al-Kassem a Capo Colonne (982)
e costretto a interrompere l’impresa. Recatosi a Verona, vi presiedette una
solenne Dieta, che deliberò la ripresa della guerra nel Mezzogiorno ed elesse
nel 983 re di Germania il bambino Ottone III, figlio suo e della bizantina
Teofano.
Ritengo che, considerato che Ottone II nell'980 aveva iniziato la sua marcia verso Taranto per scacciare i Saraceni, sia più propriamente da tradurre Numana invece di Nimega.
martedì 19 marzo 2024
Da "La Rucola" riflessioni sul Convegno di Montecosaro
Ancora polemiche dopo il convegno di Montecosaro: domande, dubbi, casualità storiche
Il 19 novembre 2022 il Centro Studi Storici Maceratesi ha affrontato il tema di Aquisgrana a San Claudio, così da poter irridere questa teoria. Di ben altro spessore, anche se sullo stesso argomento, è stato il convegno del 18-19 novembre 2023 tenuto a Montecosaro, in collaborazione con il Centro Studi Montecosaresi: lì sono scesi in campo pezzi da novanta della cultura accademica italiana e tedesca.
Dopo la presentazione del sindaco Reano Malaisi, ha svolto la relazione introduttiva il conosciutissimo e preparatissimo professor Tommaso di Carpegna Falconieri sulla metodologia storica. La sua è stata una lezione perfetta, peccato che, come si è visto nel corso del convegno, lui non l’abbia applicata. Predica bene ma “razzola” male.
Un docente della Sapienza di Roma, ha riferito che un professore tedesco, Heribert Hillig, non avendo trovato in Germania reperti del periodo carolingio, è arrivato a dire che Carlo Magno non è esistito. Un programma televisivo di quel paese ha organizzato una serie di dibattiti tra Hillig e un luminare che difendeva la storia riportata nei manuali scolastici. Incredibilmente la maggioranza dei tedeschi che ha seguito queste trasmissioni concordava con Hillig, generando nel professore della Sapienza grandissima ilarità. Lo studioso della Sapienza dovrebbe invece riflettere su questa vicenda: se è vero, come è vero, che le più strampalate teorie antiscientifiche hanno un seguito più o meno ampio, nessuna però aveva mai superato il 50% dei consensi. Come mai Hillig invece è riuscito a persuadere tante persone? Forse perché i manuali scolastici non sono convincenti? O forse perché gli spettatori, facendo un ragionamento elementare, quindi semplice, dato che conoscono bene il freddo che fa in Germania, (nonostante il riscaldamento globale di oggi!), si chiedono: un regnante sceglierebbe di passare l’inverno nel luogo più caldo del suo regno oppure nelle terme d’acqua calda di Aachen? E poi non c’è acqua calda che sgorga dal terreno anche nelle terre lambite dal Mediterraneo?
Russell Chamberlin nel suo “Carlo Magno imperatore d’Europa” (Newton Compton 2006; Mondadori 2010) inserisce alla p.128 una “Ricostruzione dopo gli scavi di un villaggio vicino Gladbach, nella zona del Reno del VII-VIII secolo”: è evidentissimo che si tratta di manufatti primitivi! Possibile che in Germania, in quel periodo, ad est del Reno, non siano state repertate città, ma solo piccoli villaggi, né strade? La mia maestra delle elementari mi ha insegnato che Ludovico Antonio Muratori, (considerato ‘il più importante storico italiano di tutti i tempi), avrebbe detto che la storia del nostro paese andava scritta dagli italiani. Certamente la mia insegnante, formatasi culturalmente durante il fascismo, esagerava con la sua mentalità nazionalistica. Il Centro Studi Storici Maceratetesi d’altra parte ha forse esagerato nella sua esterofilia invitando due studiosi tedeschi, Florian Hartmann e Hildegard Sahler, ma soprattutto non permettendo il contradditorio durante il convegno.
Questa studiosa è ben conosciuta dai cultori dell’architettura di San Claudio al Chienti e di lei ho scritto, confutandola, sui numeri 227, 272, 274, 276, 277, 297, 299 de “La Rucola”. Sono convinto di aver dimostrato che la Sahler è una brava studiosa, ma di parte. Il primo invece è uno storico emergente dell’università di Aachen (Aquisgrana): non lo conosco e mi riprometto di approfondire i suoi scritti. Il professor Alberto Meriggi, citandolo, così parla di Aquisgrana: “Una località descritta come vicina a un luogo detto Iulo, in questo modo soprannominato in onore del suo fondatore Giulio Cesare” (Cronache Maceratesi 21/11/23). Il professor Hartmann ha parlato dell’esistenza di un posto in Germania che si chiama Iulo: si riferiva forse all’unico territorio conquistato da Roma a est del fiume Reno tra il 10 a.C. e il 5 d.C., cioè 34 anni dopo la morte di Giulio Cesare? È sicuro Hartmann che Cesare abbia fondato una località che sarebbe stata conquistata dai suoi successori 34 anni dopo la sua morte?
Widukind scriveva: “Il palazzo di Aquisgrana era vicinissimo a Julo, centro così chiamato dal fondatore Giulio Cesare” (Widukind, “Rerum Gestarum Saxonicarum libri tres”, ed. P.Hirsch, Hannover 1977). Nel comune di Pievetorina (MC) invece c’è una località che si chiama Giulo. E se Vincenzo Galiè nega l’esistenza di questo posto (Galiè V., “L’Antica Aquisgrana”, Litografica Com. Fermo, dicembre 2011 p.35), forse è solo perché non ha avuto tempo per andarlo a vedere personalmente? La fotografia del cartello stradale inserito nell’articolo è sufficiente per fugare ogni dubbio sulla sua esistenza.
Hildegard Sahler ha svolto la sua relazione attingendo giustamente dal suo saggio del 1998, tradotto in italiano nel 2006; con la solita furbizia, non ha mostrato al pubblico presente la pianta della chiesa di Germigny-des-Prés perché non assomiglia, come invece dovrebbe, alla chiesa di Aachen, ma solo il vecchio alzato, cioè una pittura della chiesa precedente. Al momento del dibattito ho domandato alla studiosa: “Perché a p.65 (edizione italiana del 2006) scrive che è molto probabile che San Claudio è stata costruita intorno al 1030, ma poi nel sommario in lingua inglese di p. 235 scrive ‘probably around’ 1030 mentre nel sommario di p. 237 in italiano dà per certa la costruzione verso il 1030? Perché ha fatto la stessa operazione nell’edizione tedesca del 1998 quando a p. 45, in tedesco e a p.242 in inglese dice che ‘probabilmente San Claudio è stata costruita verso il 1030’ mentre nel sommario in italiano scompare il probabilmente?” La Sahler ha dovuto ammettere che la data di costruzione di San Claudio è frutto di un suo parere, aggiungendo che non bisogna guardare singole pagine ma tutto il libro. Tuttavia, come avrei potuto parlare di tutto il resto del saggio della Sahler con un’unica domanda? Dato che, seppure nel programma del convegno era previsto il dibattito, il presidente dell’assemblea invece ha permesso solo domande!
La belga Elisabeth de Moreau d’Andoy ha chiesto per quale motivo la chiesa di Aachen non assomigli a quella di Germigny-des-Près, come invece dovrebbe, dato che il Vescovo Teodulfo, che l’ha edificata, ha scritto a Carlo Magno dicendogli di averla “costruita sulla base del modello della cappella palatina di Aquisgrana”? Hildegard Sahler, non sapendo rispondere, ha incominciato a balbettare, ma è corso in suo aiuto il professor Tommaso di Carpegna Falconieri, che presiedeva il convegno, dimostrando molta abilità: ho il sospetto che da giovane si sia dilettato a fare il prestigiatore-ipnotista, dato che ha cambiato le carte in tavola dicendo che il vescovo Teodulfo non ha dichiarato che la sua chiesa è quadrata, quindi, essendo Germigy-des-Près costruita dopo quella di Aquisgrana, poteva assomigliare a quella di Aachen. Per cui un quadrato (di Germigy-des-Près) assomiglia a un ottagono (di Aachen) e tutti, potrebbe dire Trilussa, “se sò messi a pecorone”.
Giustamente il presidente del Centro Studi Storici Maceratesi si è congratulato, alla fine del convegno, con il suo collega dell’Università di Urbino per l’abilità con la quale ha evitato contestazioni ai relatori. Nel convegno dell’anno precedente ecco la domanda che avevo posto a Furio Cappelli: “Quale documento ha esibito la Sahler per far scrivere a lei, Cappelli, che San Claudio fu realizzata nell’XI secolo? Per quale motivo Hildegard Sahler invece scrive a p. 237 ‘verso il 1030’ ma a p. 235, in inglese, ‘probably around 1030’? Non avendo comprovato ma solo ipotizzato che San Claudio fu realizzata nell’XI e non essendoci documenti che attestino il periodo della costruzione di San Claudio, per quale motivo lei ha scritto che la Sahler “ha comprovato” che San Claudio fu realizzata nel secolo XI?” …sto ancora aspettando la risposta.
La professoressa Simonetta Torresi, a sua volta, ha domandato al professor Tommaso di Carpegna Falconieri quali territori venivano intesi come Italia nell’VIII secolo, avendo come risposta che erano i territori del Regno Longobardo di Pavia, che arrivava fino alla Tuscia (Toscana) e non comprendeva la Romagna e il ducato longobardo di Spoleto. Quindi tutte le attuali Marche, Umbria e Lazio, in quel periodo, non facevano parte del territorio chiamato “Italia”. Quando Carlo Magno è diventato anche Re dei Longobardi continuava ad essere chiamato “Italia” il territorio tra la Toscana e le Alpi ma non Marche, Umbria, Lazio e parte dell’Abruzzo, che pure sono parte dell’Impero carolingio. Prima del 774 molti abati dell’abazia di Farfa (RI) risultano essere franchi (I. Schuster, “L’imperiale abbazia di Farfa”. Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 1987).
Agli inizi degli anni 70 del ‘900 il professor Febo Allevi ha tenuto una serie di seminari all’università di Macerata sulla numerosa presenza di Franchi nelle province di Macerata e Fermo (Allevi F., “Tra storia leggende e poesia – scritti editi e inediti di Febo Allevi” a cura di C. Castignani; R. Cicconi, “I Franchi e le tradizioni epico cavalleresche nella Marca”, Comune di San Ginesio 2005). Il professor Tommaso di Carpegna Falconieri ha ricordato lo scontro culturale tra storici francesi e tedeschi del 1800 che ha causato 3 guerre: 1870; 1914-18; 1939-45. Sono d’accordo: per evitare altre guerre, meglio fingere di credere che la rinascenza carolingia sia avvenuta tra le foreste e le capanne primordiali teutoniche.
I dubbi della redazione: ma… se l’Italia arrivava solo fino alla Toscana… nelle Marche che c’era… il nulla? oppure qui c’era la Francia Antiqua? Ora che ci pensiamo… il Giglio di Francia stava effigiato solo nelle Marche quindi… (chiediamo per un amico) non è che pure i Franchi stavano qui?! Riguardo Giulo (non lo Julo tedesco… bensì quello marchigiano)… lo sapete che il luogotenente di Cesare, Tito Labieno, era di Cingoli (che sta pochi chilometri distante da Giulo)? Un caso… o no?
Albino Gobbi
9 marzo 2024
mercoledì 6 marzo 2024
Post scriptum del Prof. Carnevale verso Hildegard Sahler
Dal libro del Prof.
G I O V A
N N I CARNEVALE
La scoperta di
AQUISGRANA
in VAL DI
CHIENTI
POST SCRIPTUM
Quando questo mio lavoro era già pronto
per la stampa è pervenuto in Macerata il
volume di Hildegard Sahler “San
Claudio al Chienti”, Ed. Rhema, Münster 1998.
Il volume, di notevole impegno
editoriale, con ricco e adeguato repertorio di
profili grafici e documentazione
fotografica, è redatto in lingua tedesca ma presenta
in chiusura un breve sommario in lingua
italiana.
Lo studio della Sahler non tiene conto
della mia tesi su San Claudio, ma fa il
punto in modo accurato ed esauriente in
merito agli studi a tutt’oggi effettuati
sulla cosiddetta Abbazia di San Claudio
al Chienti e sugli altri similari edifici,
prima cioè che in tale ambito
irrompesse, sconvolgente, la mia teoria sull’origine
carolingia degli edifici.
Mi permetto solo qualche rilievo su come
la Sahler delinea le origini di San
Claudio.
A pag. 54 del testo tedesco si afferma
che la chiesa di San Claudio è documentata
solo a partire dal 1092, e poiché per
ragioni stilistiche la chiesa è anteriore a
tale data, per collocarla correttamente
nel tempo occorre valutare attentamente le
circostanze in cui San Claudio e gli
altri edifici similari furono costruiti. Al che
non posso non dare il mio totale
assenso.
A pag. 45 l’autrice si esprime in questi
termini: “Nei pressi di Pausulae, antica
città e già sede
episcopale, il vescovo di Fermo fondò con molta probabilità la
Pieve di San Claudio,
come decisa affermazione dei suoi diritti sulla diocesi”
(paleocristiana scomparsa, n.d.a.). Il
“con molta probabilità” dà alla affermazione
della Sahler il valore non di un
effettivo dato di fatto, ma di un suo personale
orientamento storiografico, che io
rispetto e potrei anche condividere purché all’espressione
“fondò la Pieve di San Claudio” non si
dia il senso di “costruì la Pieve
di San Claudio”. Negli anni
immediatamente posteriori al 1000, cioè dopo la
morte di Ottone III, resse le sorti
dell’Impero Enrico II, di cui è nota la politica
ecclesiastica volta a potenziare il
potere delle diocesi sul territorio dell’Impero. È
una tesi perfettamente sostenibile che
con lui la Cappella palatina di Aquisgrana
sia divenuta Pieve e quindi parte
integrante del Patrimonio di S. Claudio, cioè
della Chiesa di Fermo. Basti pensare che
in quegli anni - lo si è spesso richiamato
- anche gli antichi “Ministeria” carolingi
della Val di Chienti divennero
“Privilegia” dipendenti dalla
Chiesa Fermana.
A pag. 243 del Sommario l’autrice
afferma però: “Il vescovo Uberto di Fermo
si fece costruire in
un posto strategicamente importante, verso il 1030, la chiesa a
due piani di San
Claudio al Chienti come chiesa privata rappresentativa insieme
alla sua residenza,
riservandosi personalmente la chiesa superiore, mentre quella
inferiore continuava
nella sua funzione la tradizione della pieve paleocristiana”.
Ammesso
e non concesso che la funzione di San Claudio dopo il 1000 fosse quel
la adombrata dalla Sahler, è comunque
inaccettabile il perentorio “si fece costruire”.
Qui non si può più parlare di
particolare orientamento storiografico perché si
afferma, senza mezzi termini, che San
Claudio fu costruita verso il 1030 dal
vescovo Uberto; l’autrice non adduce
prove documentarie né potrebbe addurle
perché già a pag. 54 aveva affermato che
le prime notizie di un “Ministerium” di
San Claudio datano dal 1089 e quelle di
una chiesa di San Claudio dal 1092.
Nella redazione italiana del Sommario la
Sahler insomma calca la mano e induce
l’incauto lettore italiano a credere che
sia la data, sia il vescovo costruttore siano
dati di fatto e non sue illazioni o
congetture.
Il lettore che vorrà farsi un’idea
approfondita delle origini di San Claudio non
ha che da confrontare tali congetture
con la corposa ricostruzione storico-archeologica
da me fornita sull’ascendenza carolingia
del discusso edificio.
Comunque, poiché le mie ricerche si
fermano pressappoco all’anno 1000 e
quelle della Sahler partono da tale
data, le nostre due pubblicazioni si presentano,
per profilo cronologico, complementari.
Peccato che della mia produzione la studiosa
tedesca non sembra conoscere le
pubblicazioni del 1994 e 1996, ma solo
quella del 1993, come risulta dalla nota
14 di pag. 21, in verità troppo sbrigativa.
L’autore
lunedì 4 marzo 2024
Ponthion - Parigi distano solo qualche centinaio di metri per il Liber Pontificalis
sabato 2 marzo 2024
Pausola
L'Antica sede arcivescovile di Pausola ha un nuovo vescovo: il vastese Lalli che il Papa ha nominato Nunzio Apostolico della Papua Nuova Guinea.
La chiesa paleocristiana, i cui resti furono ritrovati a San Claudio, potrebbe essere stata la sede arcivescovile del vescovo Claudio, che partecipò al sinodo romano indetto da papa Ilario