mercoledì 30 novembre 2022

Da "La scoperta di Aquisgrana in Val di Chienti" del Prof. Giovanni Carnevale

 

G I O V A N N I CARNEVALE

La scoperta di

AQUISGRANA

in VAL DI CHIENTI

PAG: 35:

IL TERMINE PALATIUM INDICA L’AREA DEL POTERE DI AQUISGRANA. IL PALATIUM ERA NEL PICENO.

 

Eginardo e Claudio di Torino usano, come si è visto, il solo termine di Palatium per indicare il Palazzo di Aquisgrana.

Il Palatium lo troviamo, localizzato nel Fermano, in un documento del 787

redatto per ordine di Hildeprand, duca di Spoleto. (14) Il documento fa anche riferimento

a Guarino, genero di Hildeprand e conte dello stesso Palatium, cosicché

questo Palatium nel Fermano ha tutti i requisiti per essere Aquisgrana, ubi regis

comitatus erat. (15) Un conte di Palazzo poteva infatti esserci solo ad Aquisgrana.

La presenza del Palatium nel Fermano comporta un massiccio insediamento di

Franchi nel Piceno. Che ceppi di popolazione franca abitassero nel Piceno è

indubbio, perché ancora dopo il Mille, nei contratti locali o nelle disposizioni

testamentarie si specificava a quale legislazione i traenti intendessero attenersi, se

alla franca, o alla longobarda, o alla romana. Non si è però mai indagato né sull’origine

né sulla consistenza di tali insediamenti.

Ciò premesso, do in traduzione il documento che la cancelleria del Palatium

redasse nel 787 per volontà di Hildeprand, duca di Spoleto.

In nome del Signore Dio Gesù Cristo nostro Salvatore.

Regnando i signori nostri Carlo e Pipino suo figlio, re dei Franchi e dei

Longobardi e patrizio dei Romani, nell’anno del loro regno in Italia per grazia di

Dio XIV e VI.

In nome di Dio Onnipotente io Hildeprand, glorioso e sommo duca del Ducato

di Spoleto.

Sono noti i fatti per cui Rabenno, figlio del conte Rabenno della città di

Fermo, prese in moglie Haleruna che Hermifrid per diabolica ispirazione rapì con

violenza e sposò. In seguito a ciò Rabenno denunciò il fatto qui “in Palatio” e

successivamente si celebrò il processo a carico dello stesso Hermifrid. Secondo la

legge longobarda ambedue furono consegnati nelle mani di Rabenno. Poi Rabenno

di sua volontà fece loro dono della vita e alla sua presenza fece indossare ad

Haleruna l’abito di monaca e la fece consacrare da un sacerdote. E pur essendo

stato fatto tutto ciò, dopo se la riprese di nuovo in moglie. Di conseguenza tutti i

possedimenti della stessa Haleruna divennero di proprietà pubblica, secondo la

legge. Perdonò ugualmente ogni colpa allo stesso Hermifrid e lo restituì spontaneamente

a suo padre Spentone in seguito a “launigildo”. Dopo però, poiché stavano

di nuovo per cadere in peccato, lo stesso Rabenno lo uccise di sua mano. Perciò, in

base alle disposizioni di legge riportate dall’editto, il predetto Rabenno fu cacciato

da tutti i suoi possedimenti e la metà di essi divenne di dominio pubblico.

Perciò noi, suddetto glorioso e sommo duca, a nome dei suddetti re nostri

signori e nostro, doniamo e concediamo al Monastero di Santa Maria Madre di

Dio sito nella Sabina, nel luogo denominato Acuziano, dove lo stesso Rabenno si

è volontariamente fatto monaco, ossia a te, reverendissimo Altpert, abate santissimo,

nostro oratore, e a tutti i monaci dello stesso santo Monastero, tutta la suddetta

proprietà di costoro, quale è stata secondo diritto e ragione devoluta alla

proprietà pubblica, cioè le case, le terre, le vigne, i prati, le selve, i saliceti, gli

alberi fruttiferi e infruttiferi, i campi coltivati e incolti, i servi e le serve, i beni

mobili e immobili, tutto in blocco quale è divenuto di proprietà pubblica per diritto

e per ragione secondo la legge, e quale essi stessi prima avevano posseduto a

buon diritto, tutto insomma concediamo in possesso del detto Monastero. Perciò a

partire da oggi resti saldo e stabile possesso del detto Monastero e dei suoi abati

e non venga mai rivendicato da nessuno, conte, gastaldo o nostro “actore”. Io

Halifred diacono e notaio ho scritto ciò per ordine della suddetta autorità.

Rilasciato “in Palatio” per ordine di Spoleto nell’anno XIV della nostra elezione

a duca in nome di Dio, nel mese di agosto, indizione X.

Sotto il conte Guarino, nostro genero.

Il documento offre lo spunto per varie riflessioni:

** Carlo Magno nell’agosto del 787 era impegnato in Baviera contro il ribelle

duca Tassilone, ma dal documento risulta che in sua assenza Hildeprand aveva o si

arrogava il diritto di inviare da Spoleto ordini alla cancelleria del Palatium nel

Fermano, cui presiedeva un Conte di Palazzo. Hildeprand insomma agiva in nome

di Carlo Magno stesso. Il riconoscimento della carica di Guarino (sub Guarino

comite genero nostro) è quasi solo un atto di cortesia del suocero nei confronti del

genero. Eppure i procedimenti giudiziari rientravano nelle competenze del conte

di Palazzo. Eginardo al c. 24 riferisce che Carlo Magno se, mentre si vestiva, il

Conte di Palazzo gli riferiva che c’era una lite che non poteva essere risolta senza

una sua decisione, faceva subito introdurre i litiganti e pronunciava la sentenza.

Evidentemente, di fronte alla personalità e all’invadenza del suocero, il genero

lasciava fare.

** I Rabenno senior e junior erano conti di Fermo, ma Hildeprand li liquida con

uno sbrigativo filius cuiusdam Rabennonis comitis civitatis firmanae. Evidentemente

i conti Rabenno erano nobili longobardi senza più potere. A Rabenno

junior Hermifrid aveva potuto rapire la moglie; Hildeprand, in nome di Carlo

Magno, gli aveva sottratto metà dei beni e tutti quelli della moglie, fino a spingerlo

a trovar rifugio, come monaco, nell’abbazia di Farfa. Per il longobardo Rabenno

era stato senz’altro un’umiliazione e un errore aver chiesto ai Franchi del Palatium

che contro Hermifrid si istruisse un processo secundum legem longobardorum.

** Nel Palatium era attiva una cancelleria tanto qualificata che Hildeprand

attraverso essa poté fare, in nome di Carlo Magno, ciò che da Spoleto non avrebbe

potuto fare. Era cioè la cancelleria del Regno.

** Il documento la dice lunga sull’arroganza dei metodi con cui i Franchi si

andavano impadronendo del territorio fermano a danno dei Longobardi. Forse per

reazione a tutto ciò il longobardo Paolo Diacono maestro nella scuola palatina di

Aquisgrana fino al 787, dopo tale anno non volle più restare ad Aquisgrana, ma se

ne andò a Montecassino.

** La cancelleria del Palatiumdopo aver redatto il diploma per ordine di

Hildeprand, in chiusura, quasi a scanso di responsabilità, ci tiene a precisare che il

documento era stato redatto ex iussione suprascriptae potestatis, cui evidentemente

non si poteva dire di no. Come se non bastasse si aggiunge che è stato redatto

In Palatio ma per ordine di Spoleto, iussione Spoleti.

** Il tribunale del Palatium è il tribunale di suprema istanza del Regno. Non

dipende da Fermo perché ne giudica i conti e non dipende da Spoleto perché la

stessa Spoleto deve far ricorso al Palatium per rendere esecutivo in nome dei re

Carlo e Pipino un provvedimento preso dal duca.

** Indubbiamente Hildeprand aveva calcato pesantemente la mano nei confronti

dei Rabenno di Fermo e questo poteva aver suscitato resistenze locali e perplessità

sull’effettiva validità giuridica del documento rilasciato su pressioni del duca

di Spoleto, ma In Palatio e a nome dei re Carlo e Pipino. Trovo infatti anomalo

che Carlo, sette mesi dopo, abbia dovuto emettere un secondo documento, sulla

falsariga del primo, a integrazione dell’opera di Hildeprand. Il beneficiario abate

Altpert nel proprio interesse, ma anche la cancelleria del Regno, a scanso di

responsabilità, si rivolsero a Carlo, perché al provvedimento di Hildeprand venisse

riconosciuta indiscussa validità giuridica. E Carlo, da buon diplomatico, per arginare

la debordante invadenza di Hildeprand e precludergli un ulteriore uso personalistico

della cancelleria del Palatium non ne riconobbe esplicitamente la validità

giuridica ma emise un nuovo diploma identico al primo nella sostanza, per cui

l’abbazia di Farfa entrò in possesso dei beni di Rabenno per diretto conferimento

di Carlo Magno. Così facendo Carlo Magno riconobbe che il processo contro

Rabenno e Haleruna si era svolto legalmente, nel rispetto del diritto longobardo,

ma non riconobbe la validità del documento “estorto” da Hildeprand alla cancelleria

del Regno.

Do in traduzione il nuovo documento emesso direttamente da Carlo Magno,

pratica dichiarazione di nullità giuridica del primo, anche se ne ripete pressoché

alla lettera i contenuti. (16)

Carlo per grazia di Dio Re dei Franchi e dei Longobardi e Patrizio dei Romani.

Tutto ciò che per amore di Nostro Signore Gesù Cristo cediamo e doniamo ai

luoghi dei venerabili santi, riteniamo che in nome di Dio abbia pertinenza con la

prosperità e la stabilità del nostro regno.

Sia perciò noto a tutti i nostri fedeli presenti e futuri che il venerando Abate

Altpert e i monaci del Monastero di Santa Maria Madre di Dio e sempre Vergine,

che è situato nel luogo chiamato Acuziano, nella Sabina, hanno richiesto alla clemenza

del nostro regno alcuni beni che il duca Hildeprand, nostro fedele, ha

requisito o acquisito in seguito a processo, da un uomo di nome Rabenno e da sua

moglie Haleruna in base all’editto dei Longobardi, a causa di alcuni atti illeciti

da essi perpetrati, e cioè la metà di tutto il patrimonio del suddetto Rabenno e per

intero la proprietà di Haleruna: che tutto quel che possedevano nella città di

Fermo o nel suo territorio lo donassimo in elemosina o lo confermassimo al detto

Monastero di Santa Maria. Come a ciascuno dei nostri fedeli che presentano giuste

richieste, non abbiamo voluto dire di no alle loro richieste. Ordiniamo perciò e

comandiamo, che tutto ciò che il ricordato duca Hildeprand acquisì a giusto titolo,

secondo la legge, dal predetto Rabenno e da sua moglie Haleruna, sia in terre,

case, edifici, campi, selve, prati, pascoli, acque e corsi d’acqua, sia in vigne, alberi

fruttiferi e infruttiferi, luoghi colti e incolti, beni mobili e immobili, servi e

serve, tutto e in tutto lo tengano e lo posseggano per sempre, per conto del suddetto

monastero di Santa Maria, il prefato e venerabile abate Aldepert e i suoi

successori che saranno rettori del suddetto monastero, in virtù di quest’ordine,

come dono di sostegno da parte della serenità nostra. Se ne servano per l’illuminazione

della chiesa e il mantenimento dei monaci che ivi servono a Dio, per

sempre, come elemosina nostra e della consorte e dei nostri figli. Perché questo

documento abbia più valore e sia meglio conservato nei tempi futuri, lo abbiamo

sottoscritto di propria mano e lo abbiamo fatto sigillare col nostro anello. Firma

del gloriosissimo Carlo. Hercambald in sostituzione di Radone.

Rilasciato il 28 marzo negli anni XX e XIV del nostro regno. Redatto a

Ghilinheim nella nostra “villa”. In nome di Dio, felicemente.

Per concludere, il Palatium di Aquisgrana sul territorio di Fermo non può essere

fantomatico, anche perché possibili resti del Palatium sono già emersi dal sottosuolo

nelle immediate vicinanze di San Claudio al Chienti.


martedì 6 settembre 2022

A chi vengono in mente queste "ca.. pensate"!

 Nel corso del convegno organizzato nel 2018 delle precedenti amministrazioni di Corridonia, qualcuno ha presentato questo progetto per utilizzare la chiesa di San Claudio per l'esposizione di quanto più inutile possa essere immaginato (con il silenzio assenso della Soprintendenza presente al convegno, che purtroppo non è ancora in grado di dare un giudizio critico sulla architettonica della chiesa).

 




lunedì 5 settembre 2022

La "SCUOLA SICILIANA" nasce nelle Marche!

 La "SCUOLA SICILIANA" nasce nelle Marche con Guglielmo Divini ed altri valenti "marchigiani" che con Enrico VI e Federico II si trasferirono a Palermo dove questo gruppo acquisì il titolo di "Scuola Siciliana". 

Riporto il giudizio di diversi autori:

Nel trattato Osservazioni sopra le famiglie nobili d’Italia, le loro arme, ed Imprese di Francesco Antonio Marcucci (1717-1798), si riporta questa testimonianza:

«Nella venuta nel 1187 in Ascoli di luglio di Henrico VI re dei Romani Filio di Federico I Barbarossa, imperatore, gli furono fatti archi trionfali oranti con varie Imprese & Insegne & Inscrizioni, dalli Ascolani, come si cava da un antichissimo manoscritto e gli fu recitata una orazione panegirica in lingua nostra italiana allora nascente e rozza e si suppone recitata dal nostro arcidiacono Berardo, poi vescovo di Messina; e un carme italiano o sia cantico encomiastico, recitato dal nostro Vuillielmo poi Pacifico poeta, il quale nella sua età avanzata fu frate e discepolo di San Francesco… Quando la recita del carme fu fatta il 22 luglio1187, Guglielmo aveva 29 anni: il carme era di 100 versi precisi e furono sufficienti perché Guglielmo fosse dichiarato nobile paladino e poeta di corte. Ventuno anni dopo, nel 1208, a Palermo Federico II ancora ragazzo lo proclamò solennemente suo maestro e re dei versi italiani per essere stato il primo di tal professione in Italia. Gli altri poeti furono tutti allievi della scuola guglielmina. Passano altri quattordici anni e Guglielmo fa la strepitosa risoluzione che tutti conosciamo».

Guglielmo Divini da Lisciano, dopo il 1187, fu accolto da Enrico VI e Costanza di Sicilia  alla corte palermitana.

...

Anche le cronache ascolane (Andrea Antonelli, 1673, IV, p. 288) riportano come Guglielmo, insieme con altri scelti cittadini, venisse condotto dalla città marchigiana (in Sicilia ndr) alla corte imperiale per i suoi meriti letterari, mostrati nella composizione di un carme encomiastico nei confronti dei sovrani.

In un documento del 1194, Costanza si riferisce a Divini come al «fidelis noster attendentes cum fidem et devotionem» (Franchi, 1995, pp. 174 s. n. XIII).

Infine Federico II nel 1208 a Palermo proclamò Divini “Rex versuum”.

E’ necessario evidenziare come Guglielmo Divini, già autore di testi lirici nell’idioma linguistico dell’Italia mediana prima che questo venisse definito dalla letteratura in volgare, fosse presente da protagonista all’interno della cerchia letteraria federiciana, insieme ad altri valenti “marchigiani”, indica che nella Scuola siciliana ebbe un ruolo non secondario, non solo perché venne incoronato come il primo dei poeti già prima della piena fioritura della Scuola ma soprattutto perché è del tutto evidente che il gruppo motore della Scuola proveniente dal Piceno, dove si era già affermato come precursore della nuova lingue, venne trasferito a Palermo dove  acquisì il titolo di “Scuola siciliana”.

 ...

Guglielmo Divini, già autore di testi lirici nell’idioma linguistico dell’Italia mediana prima che questo venisse definito dalla letteratura in volgare, poi attivo da protagonista all’interno della cerchia letteraria federiciana, insieme ad altri valenti “marchigiani”, ci dimostra che nella Scuola siciliana ebbe un ruolo non secondario. Venne infatti incoronato come il primo dei poeti già prima della nascita della Scuola. E’ inoltre del tutto evidente che il gruppo motore della Scuola proveniente dal Piceno, dove si era già affermato come precursore della nuova lingue, quando venne trasferito a corte a Palermo acquisì il titolo di “Scuola siciliana”.


Anche per questo Aachen non è l'Aquisgrana di Carlo Magno.

 

Leggiamo da “ANGILBERTI CARMINA DUBIA” come Angilberto descrive l'alba di Aquisgrana:

 "Exoritur radiis cum primum Phoebus honestis, Et iubar ignicomo perlustrat lumine montes, Praecipites scopulos et summa cacumina tangens Silvarum,…..”

"Non appena sorge il sole coi suoi luminosi raggi e il suo splendore  

illumina con fiamme di fuoco i monti, le rocce scoscese, e lambisce la sommità dei

boschi…..”

 

Alba sui Sibillini, i monti di Aquisgrana!

giovedì 11 agosto 2022

Ad Aachen non hanno mai trovato tracce di queste mura. Il motivo è che Aachen non è Aquisgrana!

 Barbarossa proclamò Aquisgrana caput et sedes regni Theutonici e concesse importanti privilegi tanto alla collegiata che al comune, esortando i suoi abitanti a circondare di mura la città (Annales Aquenses, 1879, p. 38; Meuthen, 1975)

martedì 9 agosto 2022

 

Chiedo cortesemente all’autore di questo documento (come d’altronde a tutti gli storici):

San Benedetto d'Aniane

Ildebrando Mannocci, O.S.B.

Estratto da "Bibliotheca Sanctorum", Vol. 2 - Città Nuova Editrice, 1962

Ludovico il Pio diede a B. l’incarico di riformare tutti i monasteri d’Aquitania, compito che egli assolse con zelo. Divenuto poi imperatore, ed estesa la speciale autorità del santo a tutti i monasteri di Francia, Ludovico, per averlo più vicino, costruì a sei miglia di distanza dalla sua residenza abituale di Aix-la-Chapelle (o Aquisgrana) il monastero che, detto oggi di Cornelimünster, prendeva allora il nome di Inden dal ruscello che bagnava la vallata in cui fu edificato (815-816). B. lo popolò con trenta monaci scelti con cura tutta particolare dai diversi monasteri. L’anno seguente (817) ad Aix-la-ChapelIe (o Aquisgrana) si celebrò una memorabile assemblea generale dei Benedettini di cui il santo fu l’anima, come ne era stato il promotore. Scopo della grande adunata fu di unificare i monasteri sotto un medesimo indirizzo monastico.

 

-       Cosa resta oggi del “monasteriolum” costruito a 6 miglia dalla Aquisgrana.

-    Per cortesia non spacciatelo per Cornelimuster, perché questo monastero dista 25 miglia da Aachen.

-    Inoltre chiedo dove si trova il “Laterano” ad Aachen, costruzione esistente e richiamata dal documenti sotto riportato.

 

Da MGH Capitularia 1 -  Capitulare monasticum:



In ricordo della "Translatio Sanctissimi Caroli Imperatoris" in Germania.


Carolus + Magnus + Beatus



 

mercoledì 27 luglio 2022

Anche il Muratori entra in confusione quando deve ubicare Aquisgrana!

 

Da: Muratori anni 881 – 883

 

Anno di Cristo 881. Indizione XIV.
di Giovanni VIII papa 10.
di Carlo Il Grosso imperadore 1.

Per le ragioni di sopra addotte tengo io per fermo che Carlo il Grosso conseguisse non già

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nell'anno addietro, ma bensì nel presente da papa Giovanni la dignità e titolo d'Imperador de' Romani. Nella Cronica Farfense (1) da me pubblicata si legge un diploma di esso Carlo Crasso, confuso da quello storico con Carlo Magno, dato II^. Kal. Alatili, Anno, Christopropitio lmp'.rìi Domili Karoli praepotenu's Augniti unctionis suae Primo, Indiclione XIV. Actum Aquis l'illudo. Se, come dissi ivi in una Annotazione, col nome di Aquis s'intendesse Aquìsgrana, non potrebbe stare che allora questo Augusto si trovasse in quel luogo. E che neppure quivi si parli della città d'Aiqui nel Monferrato, lo deduco io da un bellissimo placito che originale si conserva nell'archivio dei canonici d'Arezzo, e fu da me pubblicato (i) altrove. Da esso apparisce che Carlo il Grosso si trovava in Siena, assistente al medesimo placito , Ando Impciii idem Domni Karoli Primo, Mense Martio, Indictione Quartadecima, cioè nel marzo dell'anno presente, nel tornare che l'ili faceva dalla coronazione romana. Adunque non potè egli sul fine di febbraio trovarsi nel Monferrato, come pretese a quest'anno l'Eccardo (3). Non si accorda questo documento col pisano riferito di sopra; e quando quoto sussista, parrebbe che nel febbraio, o nel principio di marzo accadesse la coronazione romana di Carlo il Grosso. Veggasi ancora un altro diploma all'anno 896 qui sotto, dove si incontra un Aquis, che era forse una corte posta nel contado di Verona. Intanto l'Augusto Girlo invece di procedere coli' armi sue, siccome il papa desiderava e sperava, alla difesa del Ducato Romano, troppo malmenato dai Saraceni, noi il iniriam ritornato in Lombardia a prendersi il fresco. Da un suo diploma (4) presso il Campi si scorge ch'egli era ritornato a Pavia K. ldus Aprilis Anno Incarnationis Dominicae DCCCLXXXI. Indictiont XIV. Anno Imperli primo. Un altro da me dato alla luce (5) cel fa vedere V. KaUndas Mai' Anno liicaiiialionis Dominicae DCCCLXXXI. Indictione XIV. Anno vero Imperli ejus lì. (sari scritto nell'originale Anno 1.) In esso dic'ejli, Berengarium Ducem (del Friuli), et affittitale nobis conjimctum (perchè figliuolo di Gislasua zia paterna) nostram deptveasse clcmenUam, qua- temo cuidam Capellano suo. Pttrum nomine, conCederemus quasdam res massaricias ec. Non si sa che questo Augusto attendesse nell'anno presente ad impresa alcuna. Abbiamo bensì una lettera a lui scritta nel dì 29 di marzo (fi), nella presente indizione XIV , da papa Giovanni, in cui gli rappresenta i gravissimi guai patiti allora dai Romani per cagion dei Saraceni , guai che andavano ogni di più crescendo; e però lo scongiura di spedire, secondoche avea promesso, in loro aiuto un forte esorto Chron. FariViis. P. II. I. 2. Rer. Italie p. 38o. (2) Anliq. lui. Diucrt. XXXI. Q) F.rrard. Rrr. Germanìcar. lib. 3l. (4) Campi, lslor. Piarmi, loin. I. pag. ^tìtì.

(5) Antiqui!. Italie. Di>Krt. V.

(6) Epist. a(x). Johannis Papae Vili.

cito, alla cui testa sia un generale mandato dalla corte sua: segno che il papa non si fidava dei ducili di Spoleli e Toscana. Ma non apparisce che Carlo il Grosso se ne prendesse gran pensiero, né clic inviasse gente a soccorrere l'alllitta Roma. Due diplomi d'esso Augusto nel dì 4 di dicembre in Milano si leggono nelle mie Antichità Italiche (1). Si raccoglie da un'altra lettera (a), che manda esso pontefice all'iniperadore Pelrum, insignem Palatti nostri super ista (si dee scrivere supero- tam ) Deticùuum Consiliarìum nostrum , comunemque Fideleim, con Zaccheria vescovo, affinchè esso Augusto spedisca i suoi messi prò recipiendis de omnibus, quae hactenus perperam acla fiiemnt, jusliliis, et emendalionibus, ac prò totius Terrae Sancii Petri salute. Qui si rac

al medesimo Romano, noi impariamo che papa Giovanni s' era portato a Napoli. Il motivo di questo viaggio risulta da varie altre sue lettere dell'anno presente (1). Atanasio II vescovo insieme e duca di Napoli, per ambizione , per interesse, per cabale uomo lutto mondano, si compiaceva forte dell'amicizia dei Saraceni, perchè entrava a parte de' loro bottini, cioè degli assàssinj clic coloro andavano commettendo negli Stati della Chiesa Romana, di Capua, e dell' altre contrade cristiane. Più preghiere ed istanze avea fatto papa Giovanni; molto danaro avea sborsatoi andò più d' una volta a Napoli, e dovette andarvi anche nel1' anno presente apposta , anche per tentare in persona di rompere quella indegna lega. Nulla poi fruttando tanti passi, finalmente pro

comanda papa Giovanni , perché vengano i ! feri contra di lui la scomunica. Ma questo ve

messi dell'imperadorc, acciocché colla loro autorità si rimedii ai torti e danni inferiti alla Chiesa Romana. 

martedì 26 luglio 2022

Il viaggio dell'elefante regalato a Carlo Magno dal califfo di Bagdad secondo il Prof. Enzo Mancini

Portus  Veneris                                             

Mio fratello Ennio, a cui va dato il merito del rinnovato interesse per Abul Abbas da parte del centro studi carolingi di san Claudio, ispirato probabilmente dal lavoro dell’amico Albino Gobbi sulla presenza dei Franchi nel vicino Abruzzo, mi ha dato un prezioso suggerimento proprio oggi.

Mio fratello, maggiore d’età ma minore di studi, ha preso a cuore la ipotetica grande storia del nostro “natio borgo selvaggio” sicuramente più di me, che ultimamente ho avuto da pelare altre gatte e quindi minore disponibilità di tempo.

Insomma curiosando sulle vecchie abbazie dell’Abruzzo ha scoperto che alla foce del fiume Sangro, in comune di Fossacesia,  esiste l’abbazia di san Giovanni in Venere, un complesso monastico con veduta dalla collina sull’Adriatico, un tratto di mare conosciuto come golfo di Venere.

Il toponimo di “Portus Veneris” è attestato da antichi documenti.

Per farla breve, verso l’anno 540, vivente san Benedetto, alcuni dei suoi discepoli edificarono, sulle rovine di un tempio di Venere, un monastero e una chiesa dedicata alla Madonna e a san Giovanni Battista. Il monastero, dipendente prima da Monte Cassino e poi da Farfa, si rese indipendente solo nel 1004.

Nell’abbazia, che nel suo momento migliore ebbe possedimenti, oltre che in Abruzzo, nelle Marche, in Puglia, in Romagna, in Dalmazia, soggiornarono personaggi che divennero Papi: Stefano IX, Celestino V, Vittore III.

Quindi non ci sarebbe bisogno di arzigogolare che Porto Venere poteva essere Cupra Marittima, perché a meno di cento chilometri più a Sud, sulla costa Adriatica, è documentata la presenza di un Portus Veneris che agli inizi del IX secolo poteva far parte del territorio carolingio.

 Ora sugli attuali libri di Storia non scrive nessuno che la giurisdizione di Carlo Magno arrivava fino al Molise, ma è un fatto da discutere.

( Questa precisazione è soprattutto per Albino Gobbi: sono tornato virtualmente a visitare il santuario della Madonna di Canneto, con google maps )

Nel 2006 ad agosto partecipai ad un ciclo-pellegrinaggio organizzato dalla parrocchia di san Marone di Civitanova Marche. Nella seconda giornata di fatica il gruppo di cicloamatori risalì la valle del Trigno e fece tappa al santuario di Santa Maria di Canneto. Entrando nella antica chiesa attirò la mia attenzione una pesante lapide sul lato sinistro rispetto all’entrata. Ci si legge:

 

Papi ed imperatori del medioevo che nelle loro bolle e diplomi menzionarono la chiesa e il monastero di Santa Maria di Canneto sul Trigno

Marino II – Giovanni XIII – Stefano IX – Niccolò II – Urbano II – Pasquale II – Callisto II – Anastasio II – Alessandro (?) – Clemente (?) Innocenzo III – Onorio III – Sisto IV

Carlo Magno – Enrico II il Santo – Corrado II il Salico – Enrico III il Nero – Lottario III il Sassone.

 

Chiedo scusa per i punti interrogativi, ma ho ricavato il testo da una foto. Comunque se ci andate non penso che abbiano spostato la pietra, di diversi quintali di peso.

Io ritengo che se qualcuno si è preso la briga di incidere sulla pietra questo testo, si basava su documenti che non si può avere inventato.

Perciò anche la patria di Don Giovanni Carnevale, Capracotta, che oggi fa parte del Molise, ma si trova a Nord del Trigno, è stata sotto l’imperatore dei Franchi e dei Longobardi.

 Mancini Enzo                                  dal  20/12/2015   Macerata

 

domenica 22 maggio 2022

Presentazione del nuovo divertente libro del Dott. Silvio Natali


 L'autore ha inserito tra le assurde e fantasiose avventure della truffaldina famiglia alla ricerca di una pensione, anche la "Leggenda" della Aquisgrana in Val di Chienti.

lunedì 9 maggio 2022

URBISAGLIA: I resti di un grande edificio e il relativo mosaico ricoperti, forse perché non sono stati in grado di datarli e indagarli.


 

L'arco a sesto acuto del criptoportico di Urbisaglia: quando è stato costruito?



Riporto quanto Wikipedia riporta a proposito della nascita in Europa dell'arco a sesto acuto o sassanide, tecnica sconosciuta dai romani:

 Da Wikipedia:

Architettura gotica
stile architettonico

L'architettura gotica è uno stile architettonico, fase dell'architettura medievale europea, caratterizzato da particolari forme strutturali ed espressive, in un periodo compreso fra la metà del XII secolo e, in alcune aree europee, i primi decenni del XVI secolo.
Diversamente da quanto avvenne per l'architettura romanica, definita policentrica e senza una regione europea che si possa definire come più rappresentativa, è invece quasi possibile identificare una località e un "padre" dell'architettura gotica. La ricostruzione del coro dell'abbazia di Saint-Denis, vicino a Parigi, iniziata nel 1137 e terminata nell'anno 1144 per opera dell'abate Suger, è infatti generalmente considerata come la data di inizio di questo stile, che da lì a poco si diffonderà prima nelle diocesi dell'Île-de-France e poi nel resto della Francia, in Inghilterra, nell'Impero e nel resto d'Europa, incontrando resistenze significative solo in Italia. Uno stile consapevolmente diverso da quello precedente, caratterizzato dall'uso intensivo di tecniche costruttive già usate (come l'arco a sesto acuto e la volta a crociera), ma in un sistema coerente e logico e con nuovi obiettivi estetici e simbolici

lunedì 2 maggio 2022

Che delusione il convegno di Spoleto su "I FRANCHI"!

Al convegno di Spoleto su "I FRANCHI" abbiamo inutilmente chiesto agli oratori quali fossero le motivazioni della "nomenclatura" delle Università per considerare falso il documento con il quale Angilberto descrive la costruzione della "Seconda Roma" da parte di Carlo Magno.

Di seguiti riportiamo il brano in questione tratto dal libro del Prof. Giovanni Carnevale: LA SCOPERTA DI AQUISGRANA IN VAL DI CHIENTI.

Dove va rifiorendo l’Urbe, la “seconda Roma”

coi suoi grandiosi edifici,

e tocca le stelle con le sue cupole

emergenti al di sopra delle mura,

Carlo Magno, in piedi sulla sommità dell’ARX,

indica da lontano i siti delle varie costruzioni

e fissa il perimetro della “futura ROMA”.

Lì ordina che ci sia il FORUM, e anche il SENATUS,

inviolabile per legge,

dove i senatori fissino i diritti del popolo,

si occupino delle leggi,

ed emanino ordinanze da rispettare come sacre.

Le maestranze lavorano alacremente:

chi ricava colonne da massi adeguati,

chi pensa a costruire l’ARX,

chi fa rotolare con le mani massi ingenti.

Scavano un PORTUS,

gettano le profonde fondamenta del THEATRUM,

coprono le costruzioni con alte cupole.

Altri rintracciano le sorgenti calde delle THERMAE,

recingono di mura i BALNEA

che ribollono per naturale calore,

fissano artistici sedili su gradini di marmo.

La fonte dell’acqua bollente non cessa di ribollire

e se ne spargono ruscelli in tutte le parti della città.

Altri altrove gareggiano nel costruire al Re Eterno

uno splendido TEMPLUM, di imponenti dimensioni,

e il sacro edificio si innalza verso il cielo con eleganti mura.

Lontano una parte del popolo sta in alto,

e con entusiasmo colloca massi sulla sommità del colle,

cementando i marmi con un impasto ‘a sacco’ di calce.

Un’altra parte sta dislocata lungo i gradini,

accogliendo volta a volta i carichi dei portatori

e fornendo il materiale alle mani impazienti dei costruttori.

Altri si caricano blocchi sulle spalle

o ne fan rotolare verso le mura.

Qua e là c’è chi, con la testa piegata a terra,

depone dalle spalle enormi fasci,

fiaccato dal peso gravoso. I carri stridono,

un confuso rumorio sale al cielo.

È tutto un gridare,

tutto un rimescolarsi di voci e rumori nell’URBE.

Vanno e vengono gli alacri portatori,

sparsi qua e là per l’URBE,

gareggiano nell’ammassare il legno

per la superba ROMA. Altri altrove preparano armi,

fabbricano utili strumenti appuntiti

con cui si possano scolpire i marmi, segare i massi.

Fervono i lavori …

venerdì 28 gennaio 2022

Il 28 gennaio del 814 muore Carlo Magno

 Una messa in suffragio del grande Imperatore è  stata celebrata oggi nella chiesa di San Claudio, che fu la sua Cappella Palatina.

giovedì 6 gennaio 2022