In un articolo del 5 marzo 2020 su “ la Rucola” la signora Simonetta Borgiani mi fa presente il suo dissentire dalla mia ricostruzione sulla localizzazione della Parigi primigenia nella Francia Picena.
Mi scuso di aver letto l’articolo solo dopo un anno, ma non c’è prescrizione in questi argomenti. Anche un’altra Simonetta, la Torresi, ha scritto di Parigi localizzata nell’attuale Macerata. La seconda Simonetta, già a conoscenza della mia opinione, mi ha voluto scusare dicendomi che avevo letto libri diversi dai suoi.
Ma io vorrei far presente che non ho nessun problema ad ascoltare ricostruzioni diverse dalle mie, anzi sono contento che se ne parli, che a qualcuno l’argomento interessi.
Comunque mi pare opportuno puntualizzare qualche aspetto della questione.
Se “Lutetia parisiorum” è un toponimo, un luogo che oggi è diventato Parigi, la metropoli transalpina, lo “Studium Parisiense” era una scuola, quella di più alto livello che poteva starci in quei tempi.
Questo ho capito e di questo sono convinto.
Scrive l’abate Frobenius Forster, un erudito tedesco del XVIII secolo, che un tal Tritemio, non meglio identificato, ha scritto prima di lui, che lo “Studium Parisiense” fosse “ a Roma translatum”.
Quindi nella Francia Picena Parigi non era un toponimo ma una scuola che si poteva spostare da un paese ad un altro.
Perciò non posso escludere che in un periodo più “obscurum “ del solito, come ai tempi del processo cadaverico di papa Formoso, questo "studium" si potesse trovare nei luoghi dove oggi si trova Macerata. (Secondo me questo processo orripilante si svolse nel castello di Lornano, a Ornat, dove un diacono pronunciò, a posto del papa defunto, la professione di colpa.- Pag. 201 del volume IV di Storia della Chiesa – diretta da Hubert Jedin ).
Ma ai tempi di Pipino il Breve e di Carlo Magno secondo me lo "Studium Parisiense" si trovava a San Ginesio, o meglio presso il "monasterium sancti Dionisii".
Invece ai tempi di san Francesco e di Dante, lo studium si trovava a Camerino, che è, sempre secondo me, il luogo da considerare “la culla della lingua italiana”. E anche il luogo che vide nascere l’amore di Abelardo per Eloisa, ma questo non ditelo ai Francesi.
Spero che don Giovanni non mi si rivolti nella tomba, perché non era d’accordo su queste mie uscite. Perché le prove non le ho; lo desumo dai libri che ho letto, (compresi quelli di Giovanni Carnevale e di Simonetta Torresi).
Spiegarmi meglio per ora mi risulta difficile; forse lo farò quando e se avrò tempo. In parte ad essere precisi l’ho già fatto in articoli precedenti.
Per avere le prove forse dovremo aspettare l’invenzione della macchina del tempo. Ma può darsi che in futuro l’archeologia potrà fare il miracolo anche senza questa macchina.
Però solo quando gli archeologi prenderanno sul serio la teoria di Giovanni Carnevale. Chi vivrà vedrà.
Mancini Enzo Macerata 23 maggio 2021
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