Alcuino di York ( seu Albinus
seu Horatius Flaccus )
Quando mio figlio vuole
prendermi in giro mi domanda: “ Ma come mai ti interessa tanto Carlo
Magno?”
In realtà non sono un
ammiratore del Carlo detto Grande. Me ne sono interessato perché già da
bambino, a San Claudio al Chienti, mi chiedevo fra me e me: “ Ma chi li avrà
messi questi mattoni uno sopra l’altro?” La risposta più logica e sensata mi è
stata data dopo quaranta anni da un sacerdote salesiano che risponde al nome di
Giovanni Carnevale.
Da allora mi sono cimentato
come storico dilettante, che non era il mio mestiere, pensando: “ Se è una
balla, smontarla sarà un gioco da ragazzi anche per me, che non sono un addetto
ai lavori.”
Dopo due anni di ricerca
personale mi resi conto di trovarmi di fronte ad una delle più grosse bugie che
mi avevano fatto studiare a scuola e che il professor Carnevale aveva ragione quasi
sempre nelle tesi sostenute nelle sue prime pubblicazioni.
Mi sono anche accorto che
gli storici accademici fanno la storia basandosi su quello che è stato scritto
prima di loro, non sui documenti originali. Per di più si preoccupano molto
poco della veridicità dei documenti, se sono stati in parte cancellati,
corretti, interpolati… L’ostracismo che ha subito il professor Carnevale da
quasi trent’anni per me costituisce una prova della veridicità della sua
versione dei fatti; ha scoperto una realtà molto scomoda per il mondo
universitario! E’ dura ammettere di essersi sbagliati per tutta la vita,
specialmente quando si è arrivati all’età della pensione!
Ma forse sto uscendo
dall’argomento che mi proponevo inizialmente. Volevo dire che per me Carlo il Grande
non è stato il grand’uomo che molti credono. Lo considero un figlio di papà,
uno che ha dato ascolto ai buoni consigli di suo padre. Pipino il Breve,
anche se non era imponente di statura, lui sì che è stato un “Magno”, un uomo
capace di inventarsi un regno, un genio politico, a tutti gli effetti un
usurpatore del trono dei Franchi. Il figlio Carlo Magno, oltre che una buona
dose di fortuna, (vedi la prematura morte del fratello Carlomanno), ebbe il
solo merito di saper mettere gli uomini giusti al posto giusto.
Per il resto mi viene in
mente la canzone di De Andrè, testo di Paolo Villaggio: “ Alla donna
apparve un gran nasone, un volto da caprone, ma era sua Maestà!”
La canzone è dedicata in verità a Carlo Martello, ma lui superò di
sicuro suo nonno, con tutte le mogli e concubine che ebbe, quelle conosciute e
quelle rimaste ignote, e con le cinque dozzine di figli, fra legittimi e
bastardi.
Fra gli uomini giusti che
volle a corte vi fu certamente Alcuino o Albino o Orazio Flacco, come si faceva
chiamare. Secondo me è lui il vero padre dell’Europa, è lui che ebbe il merito
della rinascita carolingia. Aveva una mente enciclopedica, un cervello
che non avrebbe sfigurato se confrontato con Dante Alighieri o con Leonardo da
Vinci, anche se non gode della fama di questi ultimi. Per ironia della sorte
Carlo Magno fu dichiarato santo dalla Chiesa Cattolica mentre Alcuino, una vita
dedicata allo studio e alla preghiera, è a tutt’oggi solo beato. Santo lo è
solo per la Chiesa Anglicana. La data della sua morte è certa: 19 maggio
804, perché era il giorno di Pentecoste, nel monastero di san Martino di Tours.
Il santo era di Tours, ma che il monastero di Alcuino stava nell’attuale
Tours è tutta da vedere: in alcune lettere di Alcuino si fa riferimento
al fiume Loira, ma il riferimento è per me una palese interpolazione. Lo
dico perché in quel punto i caratteri di stampa sono diversi.
La nascita di Alcuino
avvenne a York, (Eboracum), verso il 735, che è lo stesso anno della morte
del Venerabile Beda. Perciò non potè direttamente essere suo allievo, come
qualcuno ha scritto, ma fu formato da maestri che sicuramente avevano ascoltato
di persona il Venerabile. Con il re dei Franchi si incontrò a Parma nel 781 e
nell’anno successivo fu messo alla direzione della “Schola palatina” di
Aquisgrana.
Oltre che maestro del re fu
anche suo consigliere. Scrisse trattati per ognuna delle arti liberali del
Trivio (grammatica, retorica, dialettica) e del Quadrivio (musica,
aritmetica, geometria, astronomia). Ce ne restano due, le prime due del trivio.
Altre sue opere perdute sono una biografia del suo re Carlo e alcuni commentari
biblici. Al suo re insegnava anche astronomia. Per alcuni autori Alcuino è
stato fondamentale anche per la storia della musica: il canto gregoriano ebbe
origine dal tentativo di amalgamare i cantori romani con quelli transalpini
nella cappella di Aquisgrana. Più sicuro è il suo intervento in campo
liturgico: l’organizzazione della liturgia delle ore nei monasteri è quasi sicuramente
merito suo.
Più che certo è che lavorò
ad una bibbia “Vulgata” senza errori di grammatica e di più facile
comprensione, per diretto incarico del Sire. In una lettera rivolta ad un
esponente del clero Alcuino chiede: “ Come fate a spiegare le scritture se non
le avete capite nemmeno voi? "
Come teologo il suo
intervento fu decisivo nello stoppare sul nascere l’eresia adozionista degli
spagnoli: Felice di Urgel ed Elipando di Toledo furono convinti con le buone di
essere in errore. Se avessero insistito avrebbero potuto provocare una
scissione nella chiesa Cattolica come quella causata da Ario, che ebbe
ripercussioni politiche non indifferenti. Ma fu certamente dietro suo consiglio
che nel regno di Carlo si introdusse la parolina “Filioque” nel
testo del Credo, parolina che fu all’origine del distacco della Chiesa
Ortodossa bizantina dalla Chiesa Cattolica di Roma. Questa parolina secondo me
gli fu rinfacciata post-mortem e costò ad Alcuino di non
essere inserito nel novero dei santi, nonostante ne avesse tutti i diritti del
mondo.
Altro importante merito del
nostro monaco fu l’invenzione della minuscola carolina. Per alcuni questa
cominciò grazie ad un oscuro monaco nel monastero di Corbie, perché lì è stata
rinvenuta la copia più vetusta scritta con questi caratteri; ma per altre
campane fu nello scriptorium del monastero di Alcuino che la
minuscola carolina fu utilizzata per la prima volta sistematicamente. Non è una
prova ma un forte indizio.
Anche il primo uso del punto
interrogativo gli potrebbe essere attribuito. Questa scrittura fu un
passaggio importantissimo per la storia dell’umanità, perché sei secoli dopo
furono questi i caratteri utilizzati per la stampa. Insomma fu un maestro a 360
gradi e dalla sua scuola uscirono uomini preparati a diffondere la cultura.
Furono i suoi allievi gli iniziatori degli studi universali, cioè da essi
cominciarono le Università.
Ho letto che parecchi uomini
dotti si sono posti la questione se la “Schola palatina” abbia dato
origine all’Università di Parigi e che molti di loro hanno risposto
affermativamente. In particolare ho letto nell’opera del principe abate
Frobenius Forster : “ Et quidem Trithemius … de Alcuino scribit: - Hic
iussu Caroli studium Parisiense, a Roma traslatum, primus instituit, ubi multos
etiam ex Monachis discipulos insignes educavit.-
Ora chi sia questo Tritemio
io non lo so, ma mi fido dell’abate Frobenio e traduco: “Alcuino per ordine di
Carlo Magno istituì per primo lo Studio di Parigi, studio trasferito da Roma,
dove formò molti discepoli illustri che erano monaci”.
Ponendo Aquisgrana ad
Aachen, Parigi sulla Senna, Tours sulla Loira e Roma sul Tevere è dura da
digerire. Ma tutto diventa plausibile in un territorio ristretto come la
Francia Picena, cioè accettando la teoria di don Giovanni Carnevale e
mettendoci anche del mio, con Aquisgrana a san Claudio, Roma ad
Urbisaglia, Tours a Monte san Martino e Parigi a San Ginesio (per spostarsi a
Camerino quando San Ginesio entrò in contrasto con il comune di Fermo.
Ma torniamo ad Alcuino.
Passati circa dieci anni da che era responsabile della Schola palatina di
Aquisgrana si era stancato di vivere a corte e voleva ritirarsi nella pace del
convento di Fulda. Non gli fu concesso: Carlo ne aveva troppo bisogno, come
maestro e come consigliere. Solo quando morì l’abate Iterio del monastero di
san Martino ad Alcuino fu permesso di prenderne il posto. Da lì continuò a fare
il consigliere del re, andando lui al ”
Palatium “ o venendo il re al monastero ”di persona
personalmente”. Così raccontano storici affidabili tipo Cardini o
Barbero.
Ora ragioniamo. Fulda con le
strade di oggi dista da Aachen 347 Km. Tours sempre con le strade di oggi dista
da Aachen 655 Km. Da Fulda l’ostacolo principale è l’attraversamento del Reno;
da Tours bisogna attraversare la Loira , la Senna e la Mosa. Dunque Carlo Magno
non permette ad Alcuino di andare a Fulda e poi gli concede di andare a Tours,
ad una distanza doppia con le strade di allora e con difficoltà
triplicate? Non ha senso.
Ma tutto si spiega in un
territorio ristretto come la Francia Picena, con un monastero di santo Amando a
quindici miglia dal monastero di san Martino, come dice Alcuino stesso in una
lettera. Per santo Amando, da cui deriva il toponimo di Amandola, Alcuino ci
passava per fare una strada più comoda, anche se un poco più lunga, quando dove
andare o tornare dalla val di Chienti. Questo monastero di santo Amando, di cui
parla Alcuino, lo stanno ancora cercando dai tempi dell’abate Frobenius
Forster, ma pare che in Francia non lo abbiano ancora
trovato.
Mancini
Enzo
Macerata 6 gennaio 2021
Carissimo Prof. Mancini, innanzitutto buon 2021, ma secondo lei il misterioso monastero di S.Amando in quale dei tanti monasteri, pievi, o chiesuole potrebbe esser identificato? Sará stato necessariamente sulla via da Monte San Martino verso Amandola? Oppure direttamente Amandola? Sicuramente ci sará qualche ipotesi in merito. Grazie. Emanuele
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