Papa Adriano nel 773 aveva richiesto con insistenza
il soccorso di Carlo Magno contro i Longobardi, che avevano invaso alcune terre
del Patrimonio di San Pietro,
La storiografia ufficiale ci dice
che il re dei
Franchi scese con un esercito in Italia, senza però riuscire a sfondare la
linea di fortificazioni erette dai Longobardi
in Val di Susa, dette Chiuse.
La leggenda, successivamente ripresa
da Alessandro Manzoni nella
tragedia Adelchi, narra che a
guidare Carlo Magno, sceso in Italia per
portare aiuto al Papa e bloccato dall’esercito longobardo alle Chiuse di San
Michele, fu il Diacono Martino, inviato da Leone , Arcivescovo di Ravenna.
Manzoni scrisse: “Carlo, disperando di superare
le Chiuse, né sospettando che ci fosse altra strada per isboccare in Italia, aveva già stabilito
di ritornare, quando arrivò al campo de' Franchi un diacono chiamato Martino,
spedito da Leone, arcivescovo di Ravenna; e insegnò a Carlo un passo per
scendere in Italia”.
E’ significativo che a suggerire a Carlo un
sentiero sconosciuto per baipassare le Chiuse di San Michele, in Val di Susa,
sia stato un monaco di Ravenna e non un monaco dei vicini monasteri di Novalesa
o San Bernardo.
Sempre dalla storiografia “ortodossa” la
successiva battaglia delle Chiuse Longobarde determinò la penetrazione dei Franchi in Piemonte e di lì a poco la fine del regno dei
Longobardi nel nord Italia, dopo due secoli di dominio incontrastato.
La ubicazione della Prima Francia nel
Piceno ci autorizza ad una più corretta lettura degli avvenimenti che hanno
portato alla sconfitta di Desiderio ed alla conseguente caduta del regno
longobardo.
Già
nel dicembre del 768, alla morte di Carlomanno, i Franchi riconobbero Carlo e
Ildegarda come unici sovrani, estromettendo i due figli del fratello defunto
dal diritto ereditario che ripararono a Pavia con la loro madre Gerberga.
Nell’estate
del 773, vi furono da parte di Carlo vari tentativi di risolvere
diplomaticamente le tensioni create dai Longobardi nei confronti del papato. Carlo pose a Desiderio come
condizione la consegna di Gerberga, vedova di suo fratello Carlomanno, e dei suoi
figli che a Pavia si erano posti sotto la protezione di Desiderio ed inoltre la
restituzione al Papa dei territori della
Pentapoli occupati dai Longobardi.
Porre sotto il suo
controllo gli eredi di Carlomanno avrebbe evitato a Carlo problemi di
successione o di spartizione del regno. Desiderio invece mirava alla rinuncia
da parte di Carlo al sostegno della richiesta della restituzione dei territori
avanzata dal Papa. Tale rinuncia a sostenere le
rivendicazioni della Chiesa di Roma avrebbe consentito ai Longobardi di fare di
tutta la penisola un regno unitario. Questo obiettivo era talmente ambito da
Desiderio da renderlo fermamente intenzionato a realizzare il suo progetto anche
ricorrendo alla forza delle armi.
Già
dal 772 era apparsa evidente la volontà di Desiderio di contrastare con la
forza le aspettative del papato di ritornare in possesso dell’esarcato. Il Re longobardo aveva bloccato
il confine Nord della Francia Picena schierando l'esercito a presidio del “Fossatum Langobardorum”, l’odierno Fossato
di Vico, che il Liber Pontificalis
indica contiguo alle Clusae Francorum,
oggi Cancelli nei pressi di Fabriano, confine della Francia Picena.
Come
conseguenza di questa azione militare l'esercito Franco, per raggiungere Pavia,
ed evitare lo sbarramento longobardo, avrebbe dovuto utilizzare la via a Sud
della Francia Picena e così dalla via Salaria avviarsi verso Pavia.
Quest’ultima soluzione avrebbe sguarnito il confine nord, creando una situazione di
estremo pericolo di invasione della Francia da parte dei Longobardi, accampati
al Fossatum Langabardorum, ed esponendo
a gravi rischi la popolazione franca e la stessa Francia Picena.
La incipiente situazione
bellica spinse moltissimi abitanti dei territori di Rieti, del Ducato di Fermo,
di recente staccato da quello di Spoleto, dei Ducati di Osimo e di Ancona, a fuggire
e ripararsi a Roma.
Carlo stesso, in accordo
col Papa Adriano, ordinò il trasferimento dell'intera popolazione Franca che percorrendo
la via Salaria si rifugiò a Roma. Questo esodo è testimoniato dal Pontificale
Romano all'anno 773 “omnes habitatores ducatus Firmani Auximani,
Anconetani dum a Clusis Langobardorum fuggente reversi sunt” si rifugiarono
a Roma.
Roma tradizionale alleata dei Franchi li
accolse ma Papa Adriano volle che gli giurassero fedeltà: iuramento, in fide ac servitio Beati Petri atque eius Vicarii
fideliter permansuros, fu ordinato di compiere un atto di solenne di sottomissione, giurando
fedeltà a San Pietro ed al Papa. Essi si romanizzarono anche nell’aspetto
esteriore, facendosi tagliare le barbe e i capelli alla foggia romana more Romanorum tonsurati sunt.
Fu in questa drammatica situazione che
il Diacono Martino, arrivato da Ravenna, indicò a Carlo Magno un sentiero
sconosciuto ai Longobardi, che il monaco conosceva per averlo già percorso per
raggiungere più rapidamente la Francia da Ravenna.
L’impervia gola del fiume Sentino
Il giallo indica la via vhe ha consentito ai Franchi di
aggirare il blocco alle “Fossatum Langobardorum”
Grazie
a questa preziosa informazione a Carlo Magno fu possibile aggirare il blocco
operato dall'esercito longobardo al Fossatum
Langobardorum. Attraversa l’angusta gola del Sentino, Carlo si recò in
Umbria e piombò alle spalle dell’esercito Longobardo che in parte fu decimato
ed in parte si diede alla fuga. All’esercito Franco si aprì così la via per raggiungere
ed assediare Pavia.
Nel
774, mentre il suo esercito assediava Pavia, il re Carlo decise di andare a
Roma per trascorrere la Pasqua con i rifugiati Franchi ospitati dal Papa.
Carlo
voleva ringraziare Papa Adriano per l'ospitalità concessa ai Franchi e concordare
con Lui l'aspetto da dare all'Italia dopo la resa ormai prossima di Desiderio.
Alberto Morresi
Alberto Morresi
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