Sali
(piceni?) in Provenza nel secondo sec a.C.
Ci
hanno insegnato che la Salaria era la via del sale. La definizione non mi ha
mai convinto. Uscito dalle aule scolastiche, affetto dalla passione per i libri
antichi, affascinato dalla vastità d’informazioni desumibili da internet, ho
cercato smentite; ne ho trovate poche.
Quasi
sempre si legge che la Salaria (attuale
strada statale 4 Ascoli – Roma) era una “via di
scopo” (trasporto
del sale). Non
è colpa di Plinio il vecchio, (Como 23 – Stabiae 25 agosto 79 eruzione del Vesuvio), in Naturalis
historia, XLI, 89: “... sicut apparet ex nomine Salariae viae quoniam illa
salem in Sabinos portari convenerat…” Lodovico
Domenichi, pubblicato
in Venezia da Giuseppe Antonelli nel 1844, traduce: “come si vede nel nome
della via Salaria, così detta, perché per essa si portava il sale ai Sabini” (letteralmente: conveniva portare). Altri
hanno liberamente tradotto “così
chiamata perché attraverso questa i Sabini trasportavano il sale dal mare”. A
volte la fortuna aiuta gli audaci e più
spesso gli errori.
Certamente
ai Sabini il sale romano arrivava sulla Salaria, che non poteva essere via di
scopo esclusivo. Pur ammettendo che la Salaria partisse da Roma, non terminava
in Sabinia: il suo tracciato era ed è molto maggiore1.
Nelle
Marche c’erano e ci sono altre due vie Salarie la Picena (Adriatica) e la Gallica (Fossombrone,
Macerata, Urbisaglia, Arquata). Perché tante Salarie in una
piccola regione dove le colline si bagnano nell’Adriatico? Sembra razionale che
l’insieme delle tre Salarie possa individuare un popolo che intorno ad esse
viveva: i Sali (Salii, Salj, Salji, Saluvj, Salientes, Salici; dei vari storici). Questa ipotesi è
supportata anche dalle Tavole Eugubine2 “il più antico
testo rituale di tutta l’antichità classica” secondo Devoto. In esse è
codificato il rito della “Lustrazione (purificazione) dell’esercito”: in molti
testi di storia di Roma detto “Armilustrum dei Salii”, festa celebrata il 19
ottobre. Nella tavola 1.b.10-45 il celebrante ordina all’esercito di schierarsi “per curie e per centurie”: i Sali erano
molto numerosi, come si può desumere dalle vittime sacrificali: tre vitelle, tre giovenche mature – tre
verri rossi o neri, tre scrofe rosse o nere – si producano insaccati neri e bianchi2 – siano presenti prodotti della terra, sale, farina e
farro rostito. Il Vocabolario Della Lingua Italiana (1924) di Nicolò
Tommasseo per Banchetto saliare intende un
convivio ricco e sontuoso come confermato da Orazio Flacco in Odi I, 37.
Nella
storiografia classica i Sali sono come un fiume carsico: il più delle volte
sono sotterranei e/o vengono confusi con etnie ad essi vicine.
Sono
certo che molto altro si debba scovare; lascio il compito a quanti migliori di
me.
Resto
convinto che i Sali erano popoli forti, sviluppati, numerosi, evoluti e molto
antichi, preesistenti agli stessi romani; ne parleremo nel prossimo futuro. Ora
mi fa piacere riportare fedelmente quanto pubblicato in due volumi (ultra
centenari):
1 Dissertazione
Istorica Fregelli - Pasquale
Cayro Napoli I795 Stamperìa di Antonio
Paci:
“637 di R …”fu determinato di allontanare Fulvio da Roma e
fu inviato contro i Popoli Sali,
630 di R “Ma lo stesso Caio
Sestio (Calvino console nel 629 di R), allorché esercitava la carica di Proconsolo
, avendo soggiogato li popoli Salj della Gallia Transalpina ivi trasportò la riferita Colonia per popolare una
Città da lui destinata ſabbricarsi quale per essere stata edificata presso
alcune fonti di acque, riguardo a queste, ed al suo nome si appellò Aquae Sextia nobile citta di Provenza sotto il nome
di Aix, ora celebre”3
2 Roma descritta
e illustrata. .. volume unico – venezia – Tommaso Fontana Ed. 1844
“La prima di queste nazioni, che fu attaccata dai
romani sotto la condotta di Sestio, fu quella cui il commercio dei salumi2 lungo le spiaggie del Mediterraneo avea da
lunga pezza fatto distinguere col nome
di sali. Essa a quel tempo era retta da
un re chiamato Teutomalias, difesa da alta montagna sopra un
suolo generalmente poco fertile. Sestio a traverso di un paese frastagliato da
foreste e da dirupi, marciò fremente contro questi galli, cui il
solo aspetto rendeva terribili. La loro statura
vantaggiosa, la loro intrepidità, le lor armi, e la loro unione facevano
temere ai romani di trovar nell'occidente dei nemici ben più formidabili di
quelli da essi rinvenuti nell'oriente. Ma le legioni non perciò ristettero dall'avanzarsi
nella regione dei sali la più vicina a Marsiglia,
la quale pure
era appartenuta altra volta a que' popoli. Dal luogo più delizioso del paese
donde scaturivano molte fontane d'acqua calda, che intramezzavansi con altre
sorgenti di fredda, i romani scorsero le truppe nemiche ordinate in battaglia.
Sestio senza perdere un momento fece dar loro la carica, e le volse tostamente
in fuga. Questa prima vittoria riportata sui galli sali capitaneggiati dal loro stesso re Teutomalias, e sul loro medesimo
territorio, bastò al proconsole onde fare il conquisto dell'intera nazione.
L'armata romana, posto l'assedio alla capitale, la prese malgrado il numero de'
suoi difensori, e ridusse in ischiavitù gli abitanti. Teutomalias fu presso che il solo che abbia potuto salvarsi,
rifuggiandosi presso gli allobroghi
di lui vicini.
Solevano bene spesso i generali romani, quando miravano
ad assoggettare un popolo, e tenerlo a dovere, di segnalare le prime loro
imprese con qualche tratto di clemenza onde addolcire gli animi dei vinti.
Narra Diodoro di Sicilia che mentre Sestio faceva rendere gli abitanti di una
città di cui s'era impadronito giusta l'uso di que' tempi, un certo Cratone,
che veniva condotto incatenato cogli altri, si presentò a lui, rappresentando
che la sua costante amicizia pei romani, e il suo attaccamento per i loro
interessi gli avevano sovente fatto soffrire dei mali trattamenti per parte de'
suoi concittadini: il che udito il proconsole, e riconosciuta ch'ebbe la verità
del fatto, non solamente lasciò in libertà Cratone con tutta la sua famiglia, ma promise
altresì di francare dalla schiavitù novecento prigionieri. L'amicizia
cui Sestio testificò dipoi costantemente a Cratone provò ai sali la riconoscenza
de' nuovi loro padroni, e fu un legame che unilli ad essi.
Dopo avere stabilita la dominazione romana ben innanzi
nella Liguria transalpina, Sestio studiò come si potesse renderla permanente.
Egli credette, ed a ragione, non esservi mezzo migliore a contenere questo popolo
di carattere per natura incostante, che quello di fondere una colonia romana in
quel sito stesso, in cui avea egli ottenuta la sua prima vittoria. Un luogo sì
fecondo per chiare acque e calde e fredde, gli parve adattato a divenire una
città abitabile da' romani. Fe' perciò dar mano al lavoro, e mise in opera gli
stessi suoi legionari ad edificare abitazioni, ed erigere baluardi e torri:
finalmente impose il proprio nome alla novella città, chiamar facendola Aquae
Sestiae: essa sussiste ancora al giorno d'oggi sotto il nome Aix di Provenza. Questo proconsole rifinito dalle
fatiche di una penosa campagna, e dai dolori
della gotta, apprezzava meglio che ogni altro l'utilità de' bagni termali
la cui istituzione era d'altronde favorita dalla località… In questo mezzo Sestio purgò dai Sali tutte
le spiaggie da Marsiglia sino all'Italia, confinandoli a duemillecinquecento passi lungi dal
mare, e lasciò tutta cotesta costa ai marsigliesi, i quali si accorsero forse
della imprudenza commessa nell'aver chiamato a se vicini così pericolosi”3
CONSIDERAZIONI
Questi autori (ed anche altri) scrivono Popoli Sali, Sali, Galli Sali, Questi Sali, saluvi
salui considerandoli sinonimi; se questi vari nomi individuano lo
stesso popolo, si deve dedurre che hanno la stessa origine; non ho ancora
trovato un testo che ne parli chiaramente. Erano italici (gravitanti intorno alle vie Salarie?),
rifugiati
al nord dopo la conquista romana dell’Italia centrale e/o preesistenti.
Da quanto sopra, è documentato che i
Sali hanno lungamente vissuto in Provenza, aldiquà e aldilà delle Alpi, sia
prima sia dopo i sette anni di guerra con Roma. Se si evidenziano riti,
tradizioni e linguaggi italici è pienamente normale; sarebbe strano il
contrario.
Il re di questi Sali o Galli Sali era Teutomalias, il quale ottenne da
Sestio la potestà di francare dalla schiavitù novecento dei suoi. Non è dato sapere come poi si siano
chiamati. Forse Franchi Teutones
(perché francati di Teutomalias)
anche se erano Sali, Galli Sali, popoli Salj della Gallia Transalpina. Nel capitolo “Della liberalità” in Roma Antica e Moderna – Roisecco Roma 1765
si
afferma l’uso sfrenato, dei romani, di francare i popoli vinti: “rendendosi con un tal atto tributari per
sempre gli animi di quelli (i
prigionieri vinti),
che dalle contribuzioni, ed aggravi
servili erano stati generosamente assoluti”. I francati
(Franchi) dovevano essere una moltitudine. I romani hanno poi accertato che la
gratitudine, ammesso che esista, ha vita incerta; è un fiore caduco, presto
appassisce e avvelena l’aria di chi l’ha custodito. La storia è (dovrebbe essere)
maestra
di vita. Invece…
1 vedi: strade
romane nel piceno
3 questa deportazione, descritta da altri storici, viene dimostrata non
vera dallo stesso Cayro
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