Sacco di Roma (1084)
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Il sacco di Roma del 1084 è uno degli
episodi più cruenti della lotta per le
investiture, che contrappose il Papato ed il Sacro Romano Impero tra XI e XII secolo, ed ebbe forse il suo culmine durante i
regni di papa Gregorio VII e di Enrico IV di Franconia.
Nel 1075 l'imperatore Enrico IV di Franconia decise di
nominare a sua discrezione il vescovo di Milano, scatenando la reazione del
papa Gregorio VII, che nel febbraio del 1076 emise ai danni dell'imperatore un
decreto di scomunica e di decadenza dal trono regale (era re dei Romani). Enrico, temendo per la stabilità del
proprio regno, preferì sottoporsi alla celebre umiliazione di Canossa del 1077 per ottenere il
perdono papale e la revoca dei decreti in suo danno. Questo episodio non mise
fine alla disputa, che anzi si aggravò quando Gregorio VII favorì l'elezione di
un altro re in Germania, Rodolfo di Svevia, mentre Enrico elesse un antipapa col
nome di Clemente III.
Infine, favorito anche dalla morte di Rodolfo dopo
la battaglia di
Hohenmölsen (novembre del 1080), Enrico IV decise di risolvere le sue questioni
con il papato con un atto di forza e nel 1083 occupò Roma, costringendo
Gregorio VII a rifugiarsi a Castel
Sant'Angelo.
Il sacco[modifica | modifica
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Dopo alcuni mesi di assedio e di trattative
infruttuose, il papa chiamò in soccorso i normanni di Roberto il Guiscardo, che il 21 maggio
1084 riuscirono, dopo aver percorso la via Appia, a superare le mura aureliane e passando per San Giovanni
percorsero la strada che dal Celio conduce verso la via Labicana e da qui
direttamente al Colosseo. Tale strada tuttora
ha il nome di Via dei Normanni. Dopo tre giorni di furibondi combattimenti
contro le truppe di Enrico IV che assediavano il Papa rinchiuso e protetto
dalle forze romane a lui fedeli, il Guiscardo con il suo agguerrito esercito di
36.000 uomini ed una forte cavalleria, sconfisse pesantemente le truppe
tedesche che si ritirarono[1].
Dopo aver liberato il papa, le truppe normanne dettero
inizio a devastazioni selvagge e saccheggio sfrenato della città. Tutta Roma fu
depredata, ma in particolare fu colpita la zona tra il Colosseo, l'Aventino, il Laterano e l'Esquilino e furono saccheggiate e distrutte
le basiliche di San Clemente, dei Santi
Quattro Coronati e dei Santi
Giovanni e Paolo. Tutta quella zona di Roma, a seguito del sacco, rimase disabitata, perché
la popolazione preferì concentrarsi nell'ansa del Tevere, più vicina alla fortezza della Mole Adriana e alla
cittadella del Vaticano; questo evento pose
le basi per il progressivo isolamento del Laterano dal nucleo urbano di Roma e per lo
spostamento della sede papale al Vaticano, che sarà definitivo dopo la fine
della cattività avignonese.
Gregorio VII non trasse alcun beneficio
dall'intervento dei normanni, se non la sua salvezza personale; al contrario fu
costretto alla fuga dalla popolazione inferocita e si ritirò in esilio a Salerno, dove morì nel 1085.
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