C'è chi fa le pulci al libro della Sahler
L'architettura carolingia di San Claudio al Chienti
di Albino Gobbi
24 La rucola 276 - maggio 2021 1
Palazzo Hisham
San Claudio, San Vittore alle Chiuse, Santa Croce dei
Conti e Santa Maria delle Moje hanno certamente un'ar-
chitettura carolingia: lo dice H. Sahler nel suo studio su
queste chiese marchigiane. (I) L'intellighenzia locale,
avendo conosciuto i risultati in "quarta lettura", non si è
accorta di questa conclusione a cui è giunta la studiosa
tedesca, ritenendosi appagata dalla sola notizia che l'edi-
ficio di Corridonia sarebbe stato costruito intorno al 1030.
In effetti il tomo della Sahler è molto complesso, con di-
verse chiavi di lettura, ambiguo, contradditorio, pieno di
forse, probabilmente,ecc. e di certezze non dimostrate da
documenti. Dice infatti: "Con l'ausilio dei confronti stili-
stici è stato possibile datare la chiesa tra il lO l O e 1040
(2)". Poi: "Durante
l'episcopato del vescovo Uberto si
hanno tutti i presupposti politici ed economici necessari
all'edificazione di S. Claudio ... è perciò molto probabile
che il vescovo Uberto faccia erigere la chiesa ed il palaz-
zo di S. Claudio proprio negli anni intorno al 1030" (3).
Nel sommario di pagina 237 afferma: "Il vescovo Uberto
di Fermo si fece costruire in un posto strategicamente im-
portante verso il 1030 la chiesa a due piani di S. Claudio"
ma due pagine prima nel sommario scritto in inglese dice:
"probabily around 1030". Non serve conoscere la lingua
per tradurre probabily con probabilmente, quindi in italia-
no afferma con certezza che la chiesa è stata costruita nel
1030 mentre in inglese questa certezza non c'è. La studio-
sa senza portare prove afferma con certezza ciò che a pa-
gina 63 aveva solo ipotizzato. Pensa forse che gli italiani,
notoriamente approssimativi, possano credere che la data
di costruzione sia dimostrata da documenti, mentre quan-
do si rivolge al mondo accademico internazionale, non
avendoli trovati (i documenti), fa intendere che la data di
costruzione di S. Claudio sia solo frutto di una sua ipote-
si? Andiamo a vedere le chiese carolingie marchigiane
che avrebbero fatto da modello al gruppo di edifici a cro-
ce greca iscritta secondo l'interpretazione di H. Sahler. La
chiesa carolingia per eccellenza dovrebbe essere quella di
Aquisgrana iniziata il 790 e forse inaugurata nell'800 (4).
La nostra studiosa,visto che considera come chiesa fatta
costruire da Carlo Magno l'attuale cattedrale di Aachen in
Germania, avrebbe dovuto metterne la piantina tra le 277
foto e profili grafici che riempiono il suo corposo volume.
Mette fotografie di pilastri,semipilastri, plinti, capitelli,
arcate, epigrafi, iscrizioni, ponti, facciate, absidi, lesene,
navate, campate, calotte, tamburi, tribune, frammenti di
decorazioni, chiostri, ma non la piantina della chiesa di
Aachen. Visto che afferma che è in base ai confronti stili-
stici che ha datato la chiesa di S. Claudio al 1030, per
quale motivo non ha messo la piantina della cattedrale di
"Aquisgrana" così da procedere al necessario confronto?
Forse non l'ha messa perché i lettori avrebbero, da soli,
confrontato il quadrato della chiesa carolingia di S. Clau-
dio con l'ottagono della chiesa carolingia di Aachen? O
forse non l 'ha messa perché i lettori avrebbero da soli
confrontato i quattro pilastri al centro della chiesa caro-
lingia di S. Claudio con gli otto pilastri in circolo della
chiesa carolingia di Aachen? Forse non l'ha messa perché
i lettori avrebbero da soli confrontato le cinque absidi del-
la chiesa carolingia di S. Claudio con l'unica abside della
chiesa carolingia di Aachen che solo lei vede? Fuggendo
da questo confronto stilistico, Hildegard Sahler si limita a
dire che "Aquisgrana" è una chiesa doppia come S. Clau-
dio. Dice anche che S. Claudio farà da modello ad altre
chiese e tre sono le sue caratteristiche presenti nella pian-
ta e nella sezione: l - le absidi sono addossate al
quadrato
base sui lati nord, est e sud; 2 - il quadrato base è "artico-
lato" attraverso quattro pilastri; 3 - ha due piani. Conside-
rando questi elementi, S. Claudio ha quattro caratteristi-
che non tre come scrive: la quarta è il quadrato base che
la Sahler non enumera, ma sottintende nelle prime due ca-
ratteristiche (5). La brava studiosa, se non
fosse stata di
parte, avrebbe dovuto dire che la pianta di S. Claudio ha
fatto da modello alle alme chiese del gruppo marchigiano
con le seguenti peculiarità: l - pianta
quadrata; 2 - quattro
pilastri al centro; 3 - cinque absidi. Queste sono le vere
caratteristiche comuni a S. Claudio, S. Vittore alle chiuse,
S. Croce dei Conti, S. Maria delle Moje e pure al Duomo
vecchio di S. Severino (purtroppo chi ha scavato non si è
accorto che ha la stessa pianta di queste altre quattro chie-
se) (6). Solo S. Claudio, ora, è una
chiesa doppia e quindi
diversa dalle altre del gruppo, ma in passato è stata una
unica chiesa, visto che la campata centrale è integra per-
ché costruita successivamente. Inoltre Sahler mette in evi-
denza che la campata centrale superiore non ha nei pila-
stri sud "i serventi d'angolo in funzione delle nervature
delle volte, rivolti verso la campata centrale. Perciò qui
non sarebbe stato possibile costruire una volta a crociera
e si potrebbe ipotizzare quale copertura una cupola, a
vantaggio di una maggiore accentuazione centrale, per
esempio una cupola su trombe con un tamburo ottagona-
le, come la si vede più tardi nella chiesa di S. Vittore del-
le Chiuse" (7). Comunque la pianta è come la
mamma,
sempre certa, l'alzato, dopo più di mille anni, forse
... è
certo! Lei deve ammettere che l'ottagono di Aachen ha
come modello S. Vitale a Ravenna, (8) ma nel
mare di ci-
tazioni fatte (ben 971 note) si guarda bene dal parlare del-
l'ottagono dell'abbazia dei Santi Pietro e Paolo di Ot-
tmarsheim: perché non ha paragonato Aachen con questa
chiesa alsaziana? Lei tedesca non la conosce solo perché
ora si trova in Francia? Forse perché avrebbe dovuto am-
mettere che Ottmarsheim consacrata nel 1049 da Leone
IX è più rozza quindi precedente ad Aachen? "Non si è a
conoscenza di una chiesa precedente" (9) a S.
Claudio (de-
ve pur ammettere la studiosa) e per questo motivo con-
fronta solo le singole parti che la compongono. Cita rapi-
damente le chiese armene di Wagharschapaht e alcune
delle chiese un tempo presenti a Costantinopoli ma esclu-
dendo che siano state usate come modello, per la troppa
distanza dalle Marche. Cita, invece, le chiese pugliesi di
Castro ed Otranto, ignorando la ben più importante, per-
ché doppia, Chiesa di S. Maria Maggiore di Siponto esi-
stente già nel 493, quando sette Vescovi del territorio vi
si riunirono per poi recarsi alla grotta di San Michele Ar-
cangelo e aprirla al culto (IO). Sbaglia ancora grossolana-
mente quando afferma, per ben due volte, che S. Claudio
è un triconco (tre absidi) mentre ne ha cinque. Ignora del
tutto l'architettura erroneamente definita araba del sud del
Mediterraneo, in particolare quella della Siria, che prima
del 1000 era il centro della cultura. Tra i moltissimi edifi-
ci costruiti in Medio Oriente, durante il cosiddetto Medio
Evo, ricordo Santa Maria Teotokos a Gerusalemme: era
talmente imponente che nessun'altra chiesa poteva reg-
geme il confronto, compresa Santa Sofia di Costantino-
poli. La stessa moschea della Roccia assomiglia alla chie-
sa del Santo Sepolcro perché costruita da architetti e mae-
stranze bizantine (Il). Il Califfo al-Mansur affidò la
pro-
gettazione della città di Bagdad (762) a un architetto di
fede zoroastriana e a uno di religione ebraica (12).
Nei 250
anni dopo la conquista araba la maggioranza della popo-
lazione della Siria di allora era rimasta non musulmana.
La cultura araba è un'etichetta che contiene, nella sostan-
za, il patrimonio di conoscenze greco-giudaico-cristiane
di Costantinopoli, come il sapere di Copti e Nestoriani. I
moltissimi fabbricati edificati da maestranze locali o limi-
trofe dimostrano la grandissima capacità nel costruire che
aveva la regione compresa tra il Mediterraneo, l'Armenia
e la Persia. Una di queste strutture, ignorata dalla Sahler,
si trova vicino Gerico, è il palazzo Hisham, a Khirbat al
Mafjar: basti dire che vi è un mosaico di 825 metri e che
per la sua imponenza è stata definita la Versailles araba.
Studiato da R. W. Hamilton e O. Graber, il frigidarium di
questa reggia invernale del Califfo ha la stessa pianta a
scacchiera di S. Claudio al Chienti, come si vede sovrap-
ponendo i due disegni, cambia solo la dimensione, aven-
do sedici pilastri l'edificio palestinese e solo quattro quel-
lo marchigiano. Le absidi hanno la stessa tecnica costrut-
tiva, i piani di posa dei mattoni non sono paralleli l'uno
all'altro, come nella tradizione occidentale, ma convergo-
no verso il centro di curvatura. Studiando un'abside di S.
Claudio si ricava che è uguale alla descrizione che R.W.
Hamilton fa di un'abside di Khirbet Al Mafjar: "La semi-
cupola era un po' più di un quarto di sfera. Il centro e il
diametro si trovano 38 cm. dietro la corda dell'abside. La
parte frontale della volta includeva di conseguenza la
chiave di volta ... " (13). Pur avendo citato il lavoro di
Car-
nevale del 1993, "San Claudio al Chienti e le chiese a cro-
ce greca iscritta nelle Marche", per quale motivo la Sahler
non ha contestato questo collegamento con l'origine me-
di orientale delle nostre chiese marchigiane? Non è stata
in grado di farlo e dovendo, ideologicamente, affermare
che S. Claudio è, sì, in stile carolingio ma non fatta co-
struire da Carlo Magno, ha volutamente ignorato la Ver-
sailles araba di Gerico. continua
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