mercoledì 19 febbraio 2020

Elucubrazioni del Prof. Enzo Mancini.


Ma tu lo sai quanti giri fa la boccia?

A metà degli anni 60 del secolo scorso la chiesa di san Claudio aveva l’aspetto attuale, ma l’ambiente esterno era più campagnolo di oggi. Qualche buontempone sostituiva i cartelli stradali del comune con improbabili indicazioni come:” joppe le jeppe”; per la traduzione chiedere a qualche anziano contadino del luogo.
Lo spazio antistante l’antica chiesa era ancora in terra battuta; c’erano anche le gange per giocare a bocce. Ma a noi ragazzi di allora piaceva di più il gioco a campo libero. Io non ero ancora diventato un “quattr’occhi” per il troppo leggere e anch’io mi difendevo nel bocciare di volo.  Le prendevo di resto a 20 metri di distanza con una percentuale di circa il 70% dei tentativi:  avevo quasi una carriera davanti. Ed avevo un compagno con velleità filosofiche che mi poneva spesso questa domanda: “Ma tu lo sai quanti giri fa la boccia?” Mi voleva inculcare il concetto della complessità dei fatti che nella vita ti possono capitare.
La frase mi ritorna a galla della memoria ogni volta che incappo in storie complicate come quelle della “Lettera a Diogneto”.
Verso il 1436 un giovane prete di Arezzo fu mandato a Costantinopoli per imparare il greco; un giorno tornato dal mercato del pesce si accorse che il suo pranzo era avvolto in carta scritta a mano.  Invece di buttarla se la portò in Italia. Passò il manoscritto ad un frate domenicano che se lo portò a Basilea. Lo studiarono altri umanisti, mentre l’originale fu conservato in una abbazia dell’Alsazia, a Marmoutier. Poi finì nella biblioteca municipale di Strasburgo.
Nel 1870 il manoscritto andò distrutto nell’incendio della biblioteca appiccato dal fuoco di artiglieria dei prussiani.  Dagli studi risulta noto solo il destinatario di questa lettera: Diogneto, che doveva essere una persona in vista di religione pagana, probabilmente  di Costantinopoli. Dell’autore si può solo arguire che visse nel II secolo d. C. e che era un ottimo scrittore, oltre che un cristiano convinto.  Se il suo nome fosse noto lo conoscerebbero tutti i cristiani, invece è sopravvissuto solo un suo scritto. Di cui sappiamo le vicissitudini dal XV secolo ma nulla degli altri tredici secoli.
Mi sorge spontanea una domanda: quanti giri fa la Storia che si basa sugli scritti? Quante storie vere scritte da uomini sapienti sono finite come carta igienica?  Quante storie inventate hanno assunto i connotati della realtà? Chi ha deciso quello che doveva restare e quello che doveva servire ad incartare la spesa? Chi lo sa? Lo sanno forse gli storici di oggi?
Macerata 2 febbraio 2020          
 Mancini Enzo



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