Ma tu lo sai
quanti giri fa la boccia?
A metà degli
anni 60 del secolo scorso la chiesa di san Claudio aveva l’aspetto attuale, ma
l’ambiente esterno era più campagnolo di oggi. Qualche buontempone sostituiva i
cartelli stradali del comune con improbabili indicazioni come:” joppe le
jeppe”; per la traduzione chiedere a qualche anziano contadino del luogo.
Lo spazio
antistante l’antica chiesa era ancora in terra battuta; c’erano anche le gange
per giocare a bocce. Ma a noi ragazzi di allora piaceva di più il gioco a campo
libero. Io non ero ancora diventato un “quattr’occhi” per il troppo leggere e
anch’io mi difendevo nel bocciare di volo. Le prendevo di resto a 20
metri di distanza con una percentuale di circa il 70% dei tentativi:
avevo quasi una carriera davanti. Ed avevo un compagno con velleità
filosofiche che mi poneva spesso questa domanda: “Ma tu lo sai quanti giri fa
la boccia?” Mi voleva inculcare il concetto della complessità dei fatti che
nella vita ti possono capitare.
La frase mi
ritorna a galla della memoria ogni volta che incappo in storie complicate come
quelle della “Lettera a Diogneto”.
Verso il
1436 un giovane prete di Arezzo fu mandato a Costantinopoli per imparare il
greco; un giorno tornato dal mercato del pesce si accorse che il suo pranzo era
avvolto in carta scritta a mano. Invece di buttarla se la portò in
Italia. Passò il manoscritto ad un frate domenicano che se lo portò a Basilea.
Lo studiarono altri umanisti, mentre l’originale fu conservato in una abbazia
dell’Alsazia, a Marmoutier. Poi finì nella biblioteca municipale di Strasburgo.
Nel 1870 il
manoscritto andò distrutto nell’incendio della biblioteca appiccato dal fuoco
di artiglieria dei prussiani. Dagli studi risulta noto solo il
destinatario di questa lettera: Diogneto, che doveva essere una persona in
vista di religione pagana, probabilmente di Costantinopoli. Dell’autore
si può solo arguire che visse nel II secolo d. C. e che era un ottimo
scrittore, oltre che un cristiano convinto. Se il suo nome fosse noto lo
conoscerebbero tutti i cristiani, invece è sopravvissuto solo un suo scritto.
Di cui sappiamo le vicissitudini dal XV secolo ma nulla degli altri tredici
secoli.
Mi sorge spontanea una domanda:
quanti giri fa la Storia che si basa sugli scritti? Quante storie vere scritte
da uomini sapienti sono finite come carta igienica? Quante storie
inventate hanno assunto i connotati della realtà? Chi ha deciso quello che
doveva restare e quello che doveva servire ad incartare la spesa? Chi lo sa? Lo
sanno forse gli storici di oggi?
Macerata 2
febbraio 2020
Mancini Enzo
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