L’INCREDIBILE
ASCESA DELLA DINASTIA CAROLINGIA
(L’articolo è stato ripreso dal
periodico “Montolmo e Dintorni” di Corridonia: N°9 dicembre 2012)
Carlo Martello, il nonno di Carlo Magno,
non era un re, ma, stabilitosi in Italia dal 716, messosi a capo dei locali
Franchi, profughi dall’Aquitania, per tutto il resto della vita fece la spola
tra l’Italia e la Gallia per impedire che gli arabi se ne impadronissero.
Moriva nel 742. In
quello stesso anno al figlio Pipino il Breve, che succedeva al padre a capo
dell’esercito franco, nasceva il figlio Carlo a cui la storia avrebbe aggiunto
il soprannome glorioso di Magno. Se Carlo Martello era sostanzialmente un
Franco nato e cresciuto al di là delle Alpi, suo figlio Pipino era cresciuto in
Italia, in Val di Chienti. Dopo le lunghe ricerche storiche in proposito, si è
potuto anche stabilire che sia Carlo Martello che suo figlio Pipino furono
sepolti dove oggi c’è la collegiata di San Ginesio e dove, più di 1.200 anni
fà, era sorta l’Abbazia di Saint Denis, retta, per volere di Carlo Martello, da
monaci Parisi, ossia della stessa
etnia della popolazione che aveva dato il nome a Parigi (Augusta Parisiorum al tempo dei Romani). Per sé Carlo Martello aveva
scelto come sede la sommità di quella roccia che oggi conserva resti di un
antico castello nel punto più alto di Sant’Angelo in Pontano. Pontano è nome
carolingio che in latino era detto Pons
Ugonis e in volgare Ponticone, divenuto Pontone nel medioevo (lo stesso stemma
del Comune raffigura un ponte). Indicava un territorio che aveva il suo centro
nella odierna località di Macchie.
Fra l’abbazia e la sede dei Carolingi
si estende oggi Pian di Pieca, ove scorre il Fiastra. La strada che ancora oggi
fiancheggia il fiume era chiamata Salaria Gallica, perché sotto il monte
Vettore andava a congiungersi con la Salaria consolare che scendeva a Roma,
mentre a Fano raggiungeva il territorio abitato dai Galli Senoni. Sia Pipino, sia suo figlio Carlo Magno, erano
cresciuti qui, in un paesaggio che non è molto cambiato nell’aspetto che aveva
allora, ma ha naturalmente subito tutte le variazioni storiche in linguaggio,
centri abitati, usi e costumi per i milleduecento anni che sono seguiti fino ad
oggi. Sia il padre Pipino sia il figlio
Carlo Magno conoscevano naturalmente la paterna lingua franca, ma capivano e un
po’ parlavano il greco, parlato già a Osimo, che era una città della Decapoli
bizantina; capivano e parlavano anche il
latino, che ormai si andava evolvendo verso un dialetto di tipo italiano, e
anche la lingua dei Longobardi, che abitavano il Ducato di Spoleto e, in
piccoli gruppi, vivevano anche al di qua dei Sibillini. Si può immaginare che
sia Pipino che suo figlio Carlo ebbero un’educazione molto diversa da quella di
Carlo Martello. Erano in ottimi rapporti col Papa di Roma, che era ancora,
politicamente, un dipendente dell’imperatore di Costantinopoli, ma in pratica
era autonomo anche nella gestione politica, per il fatto che era a capo della
cristianità.
Papa Stefano II, entrato in contrasto
coi Longobardi, nel 753 raggiunse Pipino a Ponticone e convinse i Franchi
dell’opportunità che Pipino, già di fatto re dopo la deposizione del merovingio
Childerico, fosse consacrato re dei Franchi dalle mani stesse del Papa. Si
ebbero così in Italia due re in contrasto, quello dei Longobardi che risiedeva
a Pavia e quello dei Franchi che risiedeva nell’odierna Sant’Angelo in Pontano.
Berta, consorte di Pipino e madre di Carlo Magno, fu anch’essa consacrata regina,
come fu consacrato re, insieme ai genitori, il piccolo Carlo, appena undicenne.
La guerra fra i due popoli fu inevitabile e si protrasse fra Pipino e i re
longobardi (Liutprando, Rachis e Astolfo) fino agli anni ’70 e poi fra Carlo
Magno e Desiderio, ultimo re dei Longobardi. Pipino morì nel 768; fu sepolto in
Saint Denis, oggi San Ginesio. Le esplorazioni col georadar hanno rivelato che
la sua tomba esiste ancora intatta, insieme a quella di sua moglie Berta, nel
sottosuolo del primitivo ingresso, oggi chiuso, dell’antica chiesa carolingia.
Quando nel 768, morto il padre, Carlo
Magno salì al trono, non aveva alcuna esperienza di come si esercita il potere
regale. Due anni dopo accettò passivamente che sua madre Berta gli facesse
sposare una longobarda, Ermengarda, figlia del re Desiderio. Si accorse ben presto dell’errore politico
che aveva fatto: i Franchi, che avevano già sopportato malvolentieri come
regina la bizantina
Berta , si ribellarono all’idea che la loro nuova regina fosse
una longobarda; così Carlo Magno, un anno dopo, non trovò di meglio che
ripudiarla. Seguì la guerra con Desiderio, che fu privato del trono, e Carlo
Magno si proclamò “Re dei Franchi, dei Longobardi e Patrizio dei Romani”.
Cessate le guerre coi Longobardi,
Carlo Magno si dedicò a dare a tutta la Val di Chienti un
assetto di territorio regale. Nel luogo dove oggi sorge Corridonia Pipino aveva
già costruito una splendida chiesa dedicata a San Pietro, della quale i
documenti ci dicono che aveva porte d’argento. Carlo Magno continuò quest’opera
di trasferimento della sede regale da Ponticone alla bassa valle del Chienti, ove, in una
zona chiamata Palatium Aquis Grani,
fece costruire la splendida cappella palatina, di cui resta l’attuale chiesa di
San Claudio, oggi profondamente alterata nel suo interno. Le ricchezze accumulate dai Carolingi come
bottino delle varie guerre e l’aver favorito il formarsi di una nuova unità
politica in occidente, indussero il Papa di Roma, che ormai era un Franco,
Leone III, nella notte di Natale dell’800, a consacrare Carlo imperatore del
rinato Romano Impero. Nel corso di sole tre generazioni i carolingi avevano
visto un’incredibile ascesa della loro famiglia: Pipino il Breve, figlio del maiordomus Carlo Martello, era divenuto
re e suo figlio Carlo Magno era divenuto imperatore, dando così una unità
politica alle parti che ancora oggi sono le più significative dell’Europa
continentale: l’Italia, la Francia e la Germania. Carlo Magno
morì nel gennaio dell’814: tra un anno ricorreranno milleduecento anni dalla
sua morte.
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