lunedì 20 agosto 2018

Popoli antichi e correnti superficiali dell’Adriatico. Relazione di Nazzareno Graziosi




Le Marche e la costa occidentale dell’Adriatico sono, da millenni, porto di arrivo: la storiografia antica lo propone, quella moderna non lo esclude. Il Gallucci in Antichità Picene, 1786, afferma: molti e vari popoli vi ebbero stanza e imperio, tra essi novera: Siculi (quelli antichissimi non i siracusani – Italo compreso), Liburni, Enotrj, Ausoni, Peucezj, Umbri, Pelagi, Etruschi e Galli. Per Ellanico i primi erano: “Stirpe antecedente la guerra di Troia”, Filisto 80 anni prima. Pierfrancesco Giambullari (Firenze, 1495 – Firenze, agosto 1555) scrisse “Istoria dell’Europa dall’800 al 913” dove leggiamo: “…dopo la guerra di Troia, uno nipote di Priamo, chiamato Franco, fattosi capo di una gran parte che vi erano campati, se ne venne nel mar maggiore…”. Non sappiamo di Franco e del mar Maggiore che doveva essere l’Adriatico, ma potevano esistere collegamenti tra mar Nero, mar Caspio, Volga e Danubio. In ogni caso questo storico accetta grandi trasferimenti via acqua.
Durante la mia vita di dirigente pubblico ho effettuato numerosi controlli su animali spiaggiati e ho potuto costatare che i luoghi di rinvenimento cambiavano di mese in mese. Lungo il litorale di Porto Sant’Elpidio abbiamo anche raccolto una tartaruga che 11 mesi prima era stata identificata, con una targhetta metallica sul carapace, nel golfo del Messico. L’apparato intestinale era completamente vuoto: morta per inedia, era stata trasportata dalla corrente. Mi sono convinto della necessità attivare studi delle correnti marine anche nell’ottica della prevenzione di malattie esotiche. Non ho trovato aiuti e le mie capacità non hanno oltrepassato il reperimento delle carte delle correnti della Marina militare; ma per l’argomento di cui trattiamo sono ampiamente sufficienti.
I nostri uomini di mare raccontano di numerosi Slavi approdati, nei primi anni 1950, sulle coste Marchigiane, dopo essere fuggiti in barca dalla dittatura comunista di Tito. Giorgio Cingolani, pubblicato da Mursia nella raccolta “Adriatico, storie di mare e di costa”, racconta la fuga di Sminian con la moglie e due amici, su una barchetta a remi, partito in prossimità di Murter, puntando la prua su Civitanova. Dopo circa 30 ore prese terra a Porto d’Ascoli, dove gli sbarchi, in estate, erano molto numerosi. Certamente Smilian e la tartaruga non potevano arrivare in così breve tempo nelle Marche se non aiutati dalle correnti marine superficiali, il cui flusso principale sulla costa slava spinge verso nord e su quella italiana verso sud.
 La barca di Sminian non era certo molto più evoluta di quelle di cui potevano disporre popoli dell’era preromana. Anche le correnti superficiali dell’Adriatico non potevano essere molto diverse dalle attuali: esse sono direttamente correlate alle maree (influsso della luna, del sole e di pianeti), al punto anfidromico, (intorno al quale la marea ruota in senso antiorario), alle masse d’aria sull’acqua e in particolare a densità, temperatura, evaporazione del mare e alla quantità di acqua dolce immessa. Questi dati non sembrano significativamente variati nei millenni; se così non fosse stato, la storia avrebbe riferito del cataclisma, dell’impaludamento e dell’invivibilità dei territori circostanti. Da quanto sopra e dalla visione delle carte delle correnti superficiali adriatiche, con particolare attenzione a quelle circolari (variabili con le stagioni, con il loro moto antiorario consentivano e consentono ai naviganti esperti di giovarsi di esse nelle loro rotte), è evidente che Colucci e gli altri storici siano attendibili. Molti nobili popoli sono venuti nelle Marche, lasciando segni della loro civiltà, cultura, scienza, tecnologia, e delle loro fedi religiose.
Oggi non vogliamo vederlo!


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