martedì 26 maggio 2015

Da "Cronache maceratesi": La ricerca di Carnevale e Antognozzi: “La Sindone a Corridonia per 5 secoli”




«La Sindone è stata conservata per 5 secoli a Corridonia». A dirlo sono don Giovanni Carnevale studioso salesiano famoso per la sua tesi secondo la quale Aquisgrana è a San Claudio di Corridonia e Domenico Antognozzi, con lui membro del comitato San Claudio e suo sostenitore. A spiegare quali sono gli elementi che portano alla sorprendente affermazione sono gli stessi autori della ricerca.

«Il discorso sulla realtà storica della Sindone – spiegano – diventò particolarmente intricante quando nell’esposizione fatta a Torino il 28 maggio del 1898, l’immagine dell’insigne reliquia si rivelò il negativo della foto scattata da un fotografo dilettante, l’avvocato Secondo Pia. Da allora la Sindone è stata oggetto delle più svariate indagini storico-scientifiche che ne riguardavano l’autenticità. La Sindone nei primi secoli del cristianesimo aveva viaggiato in diverse località dell’oriente cristiano. Nell’ VIII secolo se ne persero le tracce a Costantinopoli e di essa non si seppe più nulla fino a quando, nel XIIII secolo, ricomparve a Chambéry in Francia. E’ solo menzionata nel Liber Pontificalis della Chiesa Romana relativo a papa Stefano II (752-757), che nel 753 portò in solenne processione l’acheropsita, termine di origine greca il cui significato è “non fatto da mano umana”: «in uno di quei giorni, il santissimo pontefice con gli altri sacerdoti, a piedi scalzi, la testa cosparsa di cenere, lui e tutto il suo popolo, uscì con molta umiltà, litaniando e portando sulle sue stesse spalle l’immagine del nostro Dio e salvatore Gesù Cristo, che è chiamata acheropsita e pervenne alla chiesa della santa Madre di Dio, che è chiamata ad Praesepem. Di un’altra solenne processione con l’acheropsita si parla sempre nello stesso Liber Pontificalis relativo al papa Leone IIII (847-855)».

Al professor Carnevale ed al suo collaboratore Antognozzi, il periodo medioevale storicamente oscuro della Sindone appariva come coincidente al periodo anch’esso storicamente oscuro vissuto dalla valle del Chienti nell’alto medioevo.
«Ora – proseguono – forse ci sono notizie sufficientemente precise per dire che la Sindone abbandonò l’Italia dopo la celebrazione del Giubileo del 1300 per raggiungere la Francia contemporaneamente ai papi quando, nel 1307, la sede del papato fu portata ad Avignone. Le testimonianze riguardano personaggi di alto rilievo culturale: Dante Alighieri (1265-1321), Francesco Domenico Antognozzi Petrarca (1304-1374) e Frate Ugolino da Montegiorgio, contemporaneo dei due autori citati. Dante Alighieri nel XVIII canto dell’Inferno, riferisce che i romani di Roma nel 1300, quando si tenne il primo Giubileo della storia, per l’enorme afflusso di pellegrini, dovettero inventare il doppio senso di circolazione sul ponte che andava a Santo Pietro:
…. i Roman per l’esercito molto,
l’anno del giubileo, su per lo ponte
hanno a passar la gente modo colto,
che dall’ un lato tutti hanno la fronte
verso ‘l castello e vanno a Santo Pietro;
dall’altra sponda vanno verso il Monte.

Francesco Petrarca nel XVI sonetto del Canzoniere conferma che i pellegrini raggiungevano Roma per veder effigiate le sembianze di Cristo che speravano di rivedere presto in cielo:
Movesi il vecchierel canuto et biancho
del dolce loco ov’à sua età fornita
et da la famigliuola sbigottita
che vede il caro padre venir manco;
indi trahendo poi l’antiquo fianco
per l’extreme giornate di sua vita,
quanto piú pò, col buon voler s’aita,
rotto dagli anni, et dal cammino stanco;
et viene a Roma, seguendo ‘l desio,
per mirar la sembianza di colui
ch’ancor lassú nel ciel vedere spera:
cosí, lasso, talor vo cerchand’io,
donna, quanto è possibile, in altrui
la disïata vostra forma vera.

Ugolino da Montegiorgio, autore dei Fioretti di San Francesco, racconta che il Santo dalla valle Spuletina, insieme a frate Masseo raggiunse Roma in Francia. 
Rileviamo subito che i tre autori sono concordi nel dire che Roma era la meta dei pellegrini. Dante precisa ulteriormente che chi tornava indietro da Santo Pietro riattraversava il ponte in doppio senso di circolazione e andava verso il Monte. E qui sorge subito una prima difficoltà interpretativa: se Roma per i tre autori era l’antica Roma dei Cesari, i pellegrini, riattraversato il ponte, non potevano andare verso un vero Monte. Verso il “Mons aureus” potevano invece andare se Roma era la Roma picena, dove i papi si erano trasferiti dal tempo delle invasioni arabe del sec. IX e non à ancora chiarita la data del loro rientro. Sulla riva sinistra del Tevere a Roma non c’è un Monte. Sia Monte Mario che il Gianicolo sono sulla riva destra del Tevere, come pure San Pietro. Per Petrarca Roma è Roma senza precisare se è l’antica Roma dei Cesari o l’Urbs della valle del Chienti. Precisa solo che i pellegrini vanno a vedere l’immagine di Colui che sperano di rivedere in cielo. L’allusione alla Sindone pare indubbia e testimonia che l’acheropsita nell’anno giubilare del 1300 era esposta a Roma. Ugolino da Montegiorgio, scrisse i suoi Fioretti nello stesso periodo in cui Dante scrisse la Divina Commedia e Petrarca il suo Canzoniere. Ne citiamo alcuni passi: «…egli prendendo frate Masseo per compagno, prese il cammino verso la provincia di Francia…. e fatta orazione e presa la refezione corporale di questi pezzi del pane e di quella acqua, si levarono per camminare in Francia… e in questo parlare (di povertà) giunsono a Roma ed entrarono nella chiesa di Santo Pietro… (infine) diterminarono di tornare nella valle di Spulito, lasciando l’andare in Francia». La Sindone La sua testimonianza è la più interessante, la più chiara e completa delle tre. In poche parole Ugolino chiarisce il problema anche per la competenza che ha del territorio di cui è nativo. Per lui San Francesco e frate Masseo, risalendo l’appennino dalla valle Spuletina raggiungono Roma in Francia e di lì vanno a Santo Pietro. Non si può essere più concisi e chiari di cosi.

Conclusione: la Francia sta nel Piceno e Roma sta in Francia. Il castello a cui si riferisce Dante è il medioevale castello di Montolmo che sorgeva ove ora sorge il municipio di Corridonia. I pellegrini venivano a Roma nel Piceno, attraversavano il ponte di Urbisaglia e andavano a San Pietro di Corridonia, dove nel 1300 fu esposta alla venerazione dei fedeli la Sacra Sindone. Ancora oggi in qualche borgata di campagna gli anziani chiamano Urbisaglia Roma. Se qualche lettore avrà motivi chiarificatori o di contrapposizione alla tesi, saremmo lieti di ascoltarli e di produrre ulteriori elementi a riprova del fin qui detto».

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