giovedì 28 novembre 2013

Un'ulteriore testimonianza della Francia nel Piceno

 RICERCA A CURA DI: Gianfranco Baleani

Oltre che dagli studi del professore Giovanni Carnevale, che giungono fino a collocare l’antica Aquisgrana (capitale dei Franchi al tempo di Carlo Magno) nell’attuale San Claudio di Corridonia, un’ulteriore testimonianza della forte presenza Franca nel territorio del Piceno si ricava da quanto riportato dall’abate Telesforo Benigni nella sua opera “SANGINESIO ILLUSTRATA” data alle stampe nel 1795 a Fermo.
Procediamo però con ordine, partendo dal manoscritto di Marinangelo Severini risalente al XVI secolo ed intitolato “Historiae Genesinae”.

Tale opera, trattando della storia di San Ginesio, parla anche della guerra condotta contro Ripe e di quanto costò riuscire a conquistare questo piccolo castello. A tal proposito riferisce quanto segue: << Tantoque opere castri redemptio fuit ut ad hunc husque diem tota regione picena adagium vigeat cum quis alicuius rei vult caram significare annonam: non tam – inquit – Riparum castrum Genesiis carum fuit>> (p.325) la cui traduzione (del Maiolini, coevo del Severini) è: <<E tanto vi si spendé per quel castello, che per tutta la Marca in sino ad hoggi si suol dire in proverbio, per dimostrar il caro prezzo di qualche cosa: non costaron tanto le Ripe a San Genesi>>.
Si può notare come il Maiolini traduca “regione picena” con il termine “Marca”. Questo era uno dei termini utilizzati per indicare l’antica regione picena, tant’è che in quel tempo, ad esempio, i massimi magistrati di tale territorio erano chiamati i Rettori della Marca.
La cosa interessante è però che il Benigni, nella sua “SANGINESIO ILLUSTRATA” traduce “regione picena” con un altro termine: la chiama “Francia”: <<Fu così enorme la spesa che fecero i Genesini per questo castello, che invalse il proverbio notissimo anche in Francia: Costa più che le Ripe a Sanginesio>> (p.291).
Ragionando sul perché il Benigni abbia usato il termine Francia, le ipotesi possono essere teoricamente tre.
La prima è che intendesse la Francia (ex Gallia) del suo tempo ma, nel 1795, tale proverbio era caduto in disuso persino nel territorio intorno a San Ginesio. Tale disuso è dimostrato dal fatto che, di tale proverbio, non se ne ha traccia alcuna già da più di un secolo, quindi è impossibile che un proverbio noto in mezza Europa per diversi secoli, scompaia di colpo nel giro di qualche decennio.
La seconda ipotesi è che nel 1795 era ancora usato, da una parte degli abitanti della zona (quindi dal Benigni stesso) il termine Francia per indicare la regione picena; pertanto, mentre il Maiolini traduce questa con “Marca”, il Benigni la traduce con “Francia”.
La terza è che il Benigni non abbia attinto direttamente dal Severini, bensì da un suo traduttore (o da un altro autore) coevo di questo o intermedio tra i due il quale abbia tradotto quel termine con “Francia” in quanto era quello uno dei termini ancora usati al suo tempo (XVI-XVII secolo) per indicare la regione picena (ma era caduto in disuso al tempo del Benigni). Questa ipotesi è avvalorata dal fatto che il Benigni scrive che il proverbio era notissimo “anche in Francia” e non usa il termine “per tutta la Francia”. In altre parole egli, leggendo “Francia” ha davvero interpretato la Francia (ex gallia) del XVI secolo (per questo scrive “anche …” sottintendendo “oltre che nella Marca … e nel resto d’Italia”). Può darsi quindi che il Benigni credesse veramente che la notorietà di tale proverbio fosse tanto diffusa nel XVI secolo da coprire quasi mezza Europa, ma noi sappiamo che si sbagliava poiché, se così fosse stato, il Severini (che è il più attendibile poiché ha scritto all’epoca dei fatti) non ne avrebbe limitato la conoscenza alla sola regione picena.
Delle tre ipotesi, quindi, le uniche possibili sono le ultime due e da entrambe risulta essere la Francia il nome con cui veniva chiamata la regione picena (fino al XVIII secolo nella 2^ ipotesi, fino al XVI-XVII secolo nella 3^ ipotesi).
A questo punto ci si domanda: perché la regione picena era chiamata anche Francia? Il professore Carnevale dà una risposta poiché colloca Aquisgrana in Val di Chienti; quali risposte danno gli accademici a questa domanda?

Gianfranco Baleani

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