venerdì 11 aprile 2025

Il prof. Enzo Mancini ricorda del prof. Giovanni Carnevale.

 

Monte Cassino, Bominaco, Madonna del Canneto

 Sono tre luoghi dell’Italia centrale tutti e tre ai limiti del confine Sud dell’impero carolingio. Confine che non risulta ben definito né a Sud né a Ovest né tantomeno ad Est. Secondo i medievisti accademici Carlo Magno non li avrebbe mai visitati. Gli storici locali la pensano diversamente.

 Il santuario della Madonna del Canneto si trova in Molise, nella valle del Trigno, fiume su cui passa il confine con l’Abruzzo. Ci sono capitato 15 anni orsono partecipando ad un ciclo pellegrinaggio. La chiesa è dichiarata del XII secolo, sicuramente su un edificio preesistente più antico. Lo dimostra a fianco della chiesa la presenza dei resti di una villa romana. Dichiarata romana: come succede dalle nostre parti ogni resto archeologico anteriore all’XI secolo viene fatto risalire ai tempi di Nerone. All’ingresso della chiesa ci sono delle lapidi, certamente non più antiche della chiesa, ma qualche secolo dovrebbero avercelo perché con la scritta in latino. Mi incuriosì che una di queste lapidi diceva che il santuario era stato visitato da Carlo Magno. Ora io dico: se tre o quattro secoli fa qualcuno si è preso la briga di far scolpire su pietra queste parole si vede che aveva delle prove documentali. Perché avrebbe dovuto riportare su pietra una bugia?

 Ad una ventina di chilometri a Sud  Est di L’Aquila, in Abruzzo,  a 1.000 metri sul livello del mare c’è un piccolo paese chiamato Bominaco. Fa parte del comune di Caporciano. Non ci sono mai stato: me ne ha parlato l’amico Menghi Gabriele che invece ci è stato di persona, dicendomi che c’è un edificio con affreschi in cui c’è scritto che lo ha fatto costruire Carlo Magno. Ho cercato di approfondire con quello che si trova in rete. Il paese di Bominaco è dominato dai ruderi di un castello medievale; vi si trovava un complesso abbaziale di cui restano due edifici vicini: la chiesa di santa Maria Assunta e l’oratorio di san Pellegrino. L’oratorio è stato chiamato “Cappella Sistina dell’Abruzzo” per i suoi affreschi.

La scritta dice che l’edificio è stato costruito  dal re CARULO e ristrutturato dall’abate TEODINO. Secondo il sito del comune di Caporciano il Carlo in questione è sicuramente quello Magno, ma il dubbio riguarda l’epoca della ristrutturazione, avvenuta sicuramente dopo cinque secoli della prima costruzione. Avrebbero raccontato i monaci che soggiornando da quelle parti Carlo Magno, gli apparve in sogno san Pellegrino comandando la costruzione di una chiesa a lui dedicata. Che i monaci si siano inventati il sogno è probabile, ma che si siano inventati anche il passaggio dell’imperatore non lo credo.

Oltre alla scritta dell’affresco ci sarebbe un diploma del 1156 vantato dai monaci di Bominaco e uno scritto del “Chronicon Volturnense” che attribuiscono la fondazione dell’oratorio a Carlo Magno. Gli storici li ritengono dei falsi, scritti allo scopo di legittimare il diritto di proprietà dei monaci su quelle terre. Lo fanno spesso gli accademici quando gli scritti non quagliano con la versione ufficiale. Li dichiarano falsi.

 

Anche a Monte Cassino ci sono stato in ciclo pellegrinaggio, con un gruppo di Civitanova. Il gruppo aveva a disposizione una guida ben preparata. Fra le prime frasi che disse la signora fu che Carlo Magno a Monte Cassino ci era venuto quattro volte. Ero fresco di lettura della   “Storia della Chiesa” dell’Amann: obiettai che il famoso storico aveva scritto che il grande Carlo a Monte Cassino ci era andato una volta sola e anche quella non era poi tanto sicura. La signora mi rispose un poco spazientita che avevano i documenti che parlano chiaro.

 Or dunque, dopo aver conosciuto queste tre località, io dovrei credere di più a Barbero, che dice che in Italia Carlo Magno ci è venuto solo quattro volte, o a Giovanni Carnevale che dice che in Italia ci stava di casa?

Mancini Enzo    11 aprile 2025  

 (quarto anniversario della morte di Giovanni Carnevale)


martedì 8 aprile 2025

Antichi ricordi che ancora oggi intrigano il Prof. Enzo Mancini.

 

Abruzzo forte e gentile
 
    Avevo solo undici anni nel 1962, quando con una gita parrocchiale andai al santuario di Lanciano, quello del miracolo eucaristico, in provincia di Chieti, in Abruzzo. Il mio parroco mi comandò di servire messa ad un prete del luogo; lo feci senza problemi, dato che facevo il chierichetto a San Claudio da cinque anni. Finita la messa, in latino, dopo il canonico ”prosit” in sacrestia, il prete abruzzese mi chiese da dove venivo. Risposi: da vicino Macerata. Non l’avessi mai detto: mi attaccò una ramanzina che non mi aspettavo proprio: perché quelli delle mie parti avevano sfruttato gli Abruzzesi da secoli, che si erano approfittati di loro senza scrupoli e altro che non mi ricordo.
    Avevo solo undici anni, incassai e portai a casa senza spiccicare una parola. Che gli dicevo, che era la prima volta che parlavo ad un abruzzese, che io non avevo nessuna colpa?          
    Anni dopo, sia per le gare di ciclismo cui partecipavo, sia per il servizio militare e per l’Università, incontrai altri abruzzesi che mi rinfrescarono il concetto. Non gli stavo simpatico per il luogo da dove venivo, perché i miei antenati ai loro glielo avrebbero messo sempre in quel posto che non si dice.
Ora avevo sentito il detto: ”meglio un morto in casa che un marchigiano alla porta”. Ma a questo mi è stata data una spiegazione convincente: ai tempi dello Stato Pontificio quelli che il Papa mandava a riscuotere le tasse erano quasi tutti Marchigiani. Il detto circolava per l’Umbria e il Lazio, ma l’Abruzzo faceva parte del Regno di Napoli.
 
    Per me questo astio abruzzese ha radici più antiche dello Stato Pontificio ed è come un documento, anzi più affidabile di un documento su pergamena. Questo odio ancestrale risale ai tempi di Carlo Magno, quando nella Francia Picena c’erano sia il detentore del potere temporale che quello del potere spirituale. Che andavano d’accordo all’inizio.
    Poi cominciarono a litigare e spuntarono Guelfi e Ghibellini e la Storia prese una direzione diversa, iniziò un percorso probabilmente impossibile da ricostruire in Europa, con  tutti  i falsi documenti proliferati come funghi, con quelli veri bruciati, copiati male, delocalizzati…
 
    Sarebbe interessante verificare se questo sentimento abruzzese verso i Marchigiani, che io ho potuto constatare nel secolo scorso, persiste nella generazione del XXI secolo, ma… mi ci vorrebbe un’altra vita.
    E poi bisognerebbe chiedere a quelli come me che hanno superato i settanta. Perché mai nella storia umana c’è stata tanta differenza culturale fra quelli che si affacciano alla vita e quelli più o meno pronti al grande salto.  Dai carri dei campi agli aerei del cielo.                                                                                                                                                                                                    
Mancini Enzo    7 aprile 2025