lunedì 5 maggio 2025

Interessanti considerazioni del Prof. Enzo Mancini sul "Costitutum Constantini"

 

Donazione di Costantino

 

“Ahi Costantin, di quanto mal fu matre,

non la tua conversion, ma quella dote

che da te prese il primo ricco patre!”

 

    Dante Alighieri considerava verace la donazione di Costantino, ma era anche convinto che da questa avevano origine i mali della Chiesa, che da lì cominciò a “ puttaneggiar coi regi”. L’umanista Lorenzo Valla ne dimostrò la falsità nel 1440, in uno scritto che non poté pubblicare: “De falso credita et ementita Constantini Donatione “.     Pochi anni prima anche Niccolò da Cusa aveva formulato grossi dubbi sulla sua veridicità. Lo scritto costò al Valla l’attenzione dell’Inquisizione e il rischio di morte sicura se non fosse scappato tempestivamente a Barcellona.     In seguito riuscì a ricucire i rapporti con la curia pontificia, tanto che fu nominato canonico di San Giovanni in Laterano. 

    Non sono riuscito a capire se era o non era un prete, come oggi si intende con il termine “canonico”. L’opera di cui sopra fu pubblicata nel 1518 in Germania, messa naturalmente all’indice dei libri proibiti in ambiente cattolico.     Fu un “assist” di non poco conto per Lutero, che se ne servì per dare dell’anticristo al Papa di Roma. 

    Per quanto io sappia la Chiesa, che dopo quattro secoli ha chiesto ufficialmente scusa a Galilei, non ha mai ammesso la falsità del Costitutum Constantini tramite un suo rappresentante ufficiale. Questo documento è datato 30 marzo 315. In esso l’imperatore, che sarebbe stato guarito dalla lebbra, concede a Silvestro I il primato sulle chiese orientali, il possesso del palazzo del Laterano, di Roma e dell’Occidente cristiano. Un bel malloppo senza colpo ferire. Secondo la storiografia moderna il documento sarebbe stato redatto dalla cancelleria pontificia in un vago arco di tempo fra VIII e IX secolo, o a Roma, o a saint Denis o a Corbie. Non me lo invento io, ma così ho letto sulla Treccani, su Wikipedia e altro. Insomma o a Roma o in Francia.

 

Seguendo il mio istinto, dopo aver letto Giovanni Carnevale, il falso documento fu scritto ai tempi di Ludovico il Pio, non in quella terra che era a quei tempi “Gallia”, ma nella Francia Picena. I figli eredi dell’imperatore litigavano fra di loro e con il padre. Quelli che sapevano leggere e scrivere, chierici e monaci, avevano subodorato la mala parata dell’impero carolingio. Sapevano che una pergamena ben scritta e controfirmata conferiva la proprietà di terreni e case. Non siamo lontani dai tempi in cui diventarono abati di Farfa degli avanzi di galera come Campone e Ildebrando.

 

La falsa donazione di Costantino fornì l’appoggio per dichiarare la superiorità del Papato sul Sacro Romano Impero e il diritto al potere temporale del pontefice di Roma. Non fu cosa da poco nell’indirizzare il corso della storia dell’Occidente. Questo indizio per me è un altro tassello del puzzle che ritorna al suo posto, che mi convince della bontà della teoria di Giovanni Carnevale. Il Costitutum Constantini fu redatto quando Imperatore e Papa erano vicini fisicamente, nella Francia Picena, dove era Aquisgrana.

 

Lorenzo Valla morì nel 1457. La sua verità fu riconosciuta solo nel 1518, e non da tutti, dopo più di 60 anni. Giovanni Carnevale è morto nel 2021. Non ci spero che la sua verità sia riconosciuta prima del 2080. Chi vivrà vedrà.

 

Mancini Enzo. 2 maggio 2025.  Macerata.

1 commento:

  1. Lo scritto del Prof. Enzo Mancini ci ricorda, con acume e un pizzico di eretico coraggio, che la Donazione di Costantino è uno di quegli imbarazzanti scheletri nell’armadio della storia — che alcuni accademici preferiscono chiamare ‘documento di straordinario interesse storiografico’, pur di non ammettere che ci si è costruito sopra un impero. Fa sorridere, amaramente, che ancora oggi si cerchi di depotenziare la portata fraudolenta di quel falso clamoroso, con il tono paludato di chi, se potesse, metterebbe in discussione anche la dimostrazione di Valla... purché venga da uno fuori circuito.
    Ma si sa: nulla irrita più certe torri d’avorio del pensiero libero, soprattutto se proviene dalla provincia, magari da quella ‘Francia Picena’ che Mancini riabilita con più rigore filologico di tanti convegni sponsorizzati. La storia, ci insegna Valla, si smonta con la ragione e si ricostruisce con coraggio. A chi la distorce per interesse o nega l’evidenza per appartenenza, non resta che l’ultima trincea: il latinorum e la bibliografia autoreferenziale. Ma il tempo, come sempre, sarà galantuomo — anche se spesso è in ritardo di qualche secolo.

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