mercoledì 23 ottobre 2024

DOVE E’ AQUISGRANA?

                                           LO INDICA IL CAPITULARE DE VILLIS

            “Capitulare” È un termine carolingio che indica le prescrizioni di una legge.
La legge o “Capitulare” che vogliamo prendere in considerazione è definita: “De Villis vel Curtis Imperii”
. Essa è stata emanata intorno all’anno 770; indica quali sono le proprietà della famiglia di Carlo Magno, inoltre ordina che queste  siano preservate e mantenute esclusivamente per il sostentamento della famiglia reale.
            Il “Capitulare de Villis” descrive in modo dettagliato l'organizzazione dell’Ager di proprietà di Carlo Magno, ne sottolinea la struttura che si presenta in forma piramidale con “Ministeria”,Curtis” e “Villae”. Specifica in modo dettagliato ed esaustivo ciò che deve essere prodotto ed allevato in ciascun “Ministerium”: vengono elencati i prodotti da coltivare e quali animali devono essere allevati, specificandone anche il numero da mantenere sempre nelle stalle.

         Il “Capitulare” è così dettagliato da ordinare di rendere piacevoli ed eleganti i cortili delle “Villae” con la presenza di pavoni, fagiani ed altri animali incantevoli.
La gestione del “Ministerium” è affidata ad un  “Judex”, che deve esercitare sia il potere amministrativo che giudiziario,nominato direttamente da Carlo Magno.
Agli iudices competevano anche altri doveri: dovevano servire a turno nel Palazzo e potevano essere incaricati di ambascerie o partecipare a spedizioni militari. Erano evidentemente i grandi del regno, legati al re da un giuramento di fedeltà.


            Il “Capitulare de Villis” ha sempre destato, da parte degli storici, grande interesse e anche tanta confusione a causa dell’elenco dei prodotti che devono essere coltivati nei “Ministeria”. L’identificazione di Aachen con Aquisgrana e quindi la sua ubicazione nel nord Europa ha disorientato gli storiografi, i quali basandosi sulla coltivabilità dei prodotti descritti nella legge, considerando che questi nella quasi totalità possono essere coltivati esclusivamente nell’area del Mediterraneo, non sono in grado di definire dove venivano coltivati i prodotti elencati. Il “Capitulare” afferma che solo Carlo Magno o in sua assenza la sua consorte ha il potere di dare ordini in tutto l’Ager.

            Il nostro interesse è rivolto non solo alla individuazione dell’ubicazione nella quale devono essere realizzate le colture descritte nella legge, ma principalmente all’approfondimento e all’analisi della struttura del’Ager descritta nel “Capitulare”. 

Dall’analisi del documento  ricaviamo  importanti considerazioni:

-      L’Ager di proprietà di Carlo Magno, per la tipologia di ciò che nello stesso deve essere coltivato,  è ubicato nell’area del Mediterraneo.

-      Aquisgrana  con il suo “Palatium”, cioè la sua area di potere, analizzando i dettagli delle attività in esso svolte, risulta  ubicata all’interno dell’Ager e quindi anche Aquisgrana è ubicata  nell’area del Mediterraneo.

-      Dall’analisi dei documenti dell'alto Medioevo a noi pervenuti, risulta che fino nel XI e XII secolo, solamente in quelli relativi ad avvenimenti del Maceratese  e dell’Ascolano è indicata la presenza dei  “Ministeria”, “Curtis” e “Villae”, cioè la ripartizione del territorio di Aquisgrana descritto nel “Capitulare de Villis”.

            Ribadiamo che del “Capitulare de Villis” solo la tipologia dei prodotti agricoli elencati nella legge, ha sempre interessato gli storici. Questi, avendo ubicato Aquisgrana, intesa come Aachen, nel nord della Germania, hanno avuto grande difficoltà nell’individuare i luoghi del “Capitulare”.  Poiché la collocazione di questa proprietà di Carlo Magno è strettamente legata alla collocazione di Aquisgrana, ma ad Aachen alcune colture erano impraticabili, gli storici hanno considerato Aquisgrana  una capitale diffusa presenziata da una Corte itinerante.

            Riteniamo quindi che il “Capitulare de Villis” non sia stato analizzato mai dagli storici nella sua completezza, lo abbiamo riletto, ponendo l’attenzione sulla funzione fondamentale della  organizzazione dell’Ager con i suoi dei vari “Ministeria”, che è rivolta esclusivamente al sostentamento della famiglia allargata del Re ed alla produzione e conservazione di derrate alimentari fondamentali per il sostegno delle campagne militari che venivano sostenute tutte le estati.

            Il numero dei capi di bestiame l’abbondanza dei vari prodotti agricoli coltivati denotano un  diffuso benessere e soprattutto una grande disponibilità di vettovaglie, da utilizzare nelle continue azioni militari.  L’efficienza della organizzazione militare la riscontriamo anche dalle prescrizioni per costruire i carri per il trasporto delle vettovaglie, che devono essere leggeri ed impermeabili per attraversare indenni i corsi d'acqua, senza arrecare danni alle derrate trasportate.
            Il   “Capitulare” definisce chiaramente che L’Ager”, o “Latifondo”: descrive un territorio sufficientemente circoscritto, come si evince dal fatto che, in caso di conflittualità fra cittadini o tra cittadino e autorità o quando il cittadino deve essere richiamato per un cattivo comportamento deve recarsi digiuno a piedi dal Re. Questo testimonia che l’Ager è un’area ben definita e circoscritta.

            Ogni “Ministerium” è anche gestito da un judex, il quale  è un uomo di stretta fiducia di Carlo Magno a cui il re affida la gestione sia amministrativa che legale del Ministerium. Ciò ci conferma che con Carlo Magno non vi è ancora traccia di Feudalesimo, bensì un rapporto diretto e fiduciario tra il Re e chi gestisce la sue proprietà, lo Judex.

            La indicazione del tipo e quantità di  prodotti agricoli da coltivare, di quali e quanti animali allevare, delle peschiere da gestire, dei mulini da costruire, del vino cotto da produrre ci presenta una economia florida e ben gestita, e la vitalità delle varie “Curtis” o Villae”.

            Particolarmente interessante è la figura del “Comes Stabuli” descritta nel “Capitulare”. Questa autorità presiedeva lo STABULUM, cioè l’area dove erano ubicate le strutture atte all’allevamento dei vari tipi di animali.  La concentrazione nell’alto maceratese di una nutrita serie di toponimi di origine faunistica, tipo: Pieve Bovigliana, Pieve Taurina, Capriglia, Monte Cavallo e altri toponimi attestano come questi luoghi siano stati luoghi privilegiati per alcune tipologie di allevamenti prescritti nel “Capitulare”. Riteniamo che per alcuni edifici di questa area dell’alto maceratese, che presentano caratteristiche architettoniche syriache, si possa retrodare l’origine. Uno di questi è senz’altro il castello di Beldiletto, nella sua parte più antica. Si tratta di un vasto quadrilatero, poco lontano dalla corrente del fiume, la cui struttura sembra studiata per l’allevamento del bestiame.

            I documenti sono fondamentali per la ricostruzione della Storia, ma spesso accade che gli storici partono da un assunto e si sforzano di adattare le fonti, senza averle analizzate scrupolosamente, a ciò che danno per scontato, accettato da tutti e conveniente per il mondo accademico che non ama stravolgimenti della tradizione storica. Gi storiografi rifuggono le contestazioni che richiederebbero ulteriori studi e approfondimenti per confrontarsi scientificamente con chi osa affermare nuove tesi.

  

Il documento: “CAPITULARE DE VILLIS” (Tradotto dal Prof. Giovanni Carnevale)

l)          Vogliamo che le nostre villae, che abbiamo impiantato perché servano ai
nostri bisogni, siano totalmente al nostro servizio e non di altri uomini.

2)        Vogliamo che la nostrafamilia sia ben trattata e non ridotta in miseria da nes-
suno.

    3)    Gli iudices si astengano dal porre la nostrafamilia al proprio servizio, .......

mercoledì 16 ottobre 2024

Dagli scavi archeologici di Sanseverino viene alla luce la precedente fase costruttiva di una chiesa identica a San Claudio al Chienti

 Il libro di Luca Maria Cristini ci rivela una scoperta architettonica che è passata sotto troppo silenzio presso gli studiosi del medioevo:

“Il Santuario di San Severino in occasione delle recenti opere di restauro conseguenti al sisma del 1997, è stato fatto oggetto di scavi archeologici al di sotto del pavimento…… In una delle configurazioni (dello scavo ndr) dovette essere del tutto analoga, almeno per quanto concerne lo sviluppo in pianta, all’abbazia di San Claudio al Chienti.”













sabato 12 ottobre 2024

FULDA o FARFA? Il Prof. Enzo Mancini lo spiega analizzando i documenti.

 
    Avendo sottomano il "Chronicon farfense" di Gregorio di Catino, nell'edizione a cura di Ugo Balzani, mi ha incuriosito quello che Balzani scrive a pag. 20, nota 3: “Mi pare opportuno riprodurre qui la lettera che Alcuino diresse all'abate Mauroaldo, ( natione francus, abate di Farfa dal 790 all'802 circa), chiedendogli di essere ascritto alla fratellanza farfense: Ideo me vestrae familiaritati adiungere desideravi...vestram suppliciter obsecro unanimitatem, ut me, licet indignum, vestris animis atque manibus acciper dignemini. non quasi ignotum sed quasi fratrem."
    Non è chiaro cosa abbia capito Ugo Balzani con quella "fratellanza farfense". Sembra che Alcuino chieda una amicizia a distanza come si fa oggi sui "social". Sembra evidente che per Balzani, che scrive nel 1903, questa richiesta, fatta da Aachen al monastero di Farfa, risulta inverosimile. 
Ma il testo di Alcuino  è chiaro e limpido: con il termine manibus il dotto monaco chiede esplicitamente di essere accolto fisicamente nel monastero di Farfa.
    Nelle lunghe giornate di clausura, durante la pandemia di Covid, ho avuto tempo di leggere le lettere di Alcuino, almeno quelle riportate in stampa da Frobenius Forster, principe abate di sant'Emmerammo, presso Ratisbona. L'abate Frobenius (1709 - 1791 ) nell'introduzione al suo libro afferma di aver cercato di fare una collezione ancora più completa di quella che prima di lui aveva pubblicato Andrea Duchesne, detto il Quercetano, ( 1584 - 1640 ), considerato il padre degli storici francesi. Ma neanche Frobenius trascrisse tutto di Alcuino, perché poi sono comparse altre lettere di Alcuino, soprattutto dall'Inghilterra.
    Per farla breve, questa lettera citata da Ugo Balzani la leggo solo ora.
    L'abate Frobenius scrisse anche una "Vita di Alcuino", basata sugli scritti del grande erudito e dalle testimonianze di alcuni suoi discepoli. In questa biografia si dice che Alcuino, ormai avanti con gli anni, stanco della vita di corte, voleva ritirarsi in monastero, ma Carlo Magno non voleva privarsene come consigliere. Anzi il Frobenius scrive che voleva andare a Fulda e solo dopo aver insistito nella richiesta gli fu concesso di ritirarsi a Tours, continuando ad essere consultato e visitato personalmente da Carlo Magno.
    Già tre anni fa, in un articolo pubblicato in questo Centro Studi, datato 6 gennaio 2021, sottolineai l'incongruenza: da Aachen Fulda è molto più vicina di Tours.
    Come, prima non lo lascia andare e poi gli permette di andare più lontano di dove aveva richiesto?
    Mi sembra di aver già scritto che il monastero dove si ritirò Alcuino era dedicato a san Martino di Tours. Questo non significa che il monastero stava a Tours, come intende l'abate Frobenius e tanti altri.
    Ma se Aquisgrana stava in val di Chienti e Alcuino chiese di ritirarsi a Farfa, Carlo Magno gli concesse di andare a Monte San Martino, dove poteva andare e tornare in giornata al suo palazzo, tutto diventa molto chiaro.
    Cosa mi viene da pensare? Che anche prima degli MGH gli storici d'oltralpe hanno cominciato a creare "fakes" per far tornare i loro conti.
    Io una lettera di Alcuino all'abate di Fulda non l'ho vista nella collezione di Frobenius Forster, che ricalca quella del Quercetano. E come mai la lettera all'abate di Farfa Frobenius non me l'ha fatta leggere? Sono io che non l'ho trovata o è stato lui a metterla in disparte?
    Che gli storici d'oltralpe abbiano preso FULDA  per FARFA come si prendono fischi per fiaschi? Tanto cominciano tutte e due con la effe.
    Poi ho pensato che in una pergamena cambiare Farfa con Fulda è un gioco da ragazzi. Entrambe le parole sono di cinque lettere. Una grattatina qua, un trattino aggiunto là e il gioco è fatto.
    Forse il Quercetano e l'abate Frobenius erano in buona fede e la "Damnatio memoriae" era cominciata prima di loro.
    A questo punto, se si degna, chiederei il parere di Alessandro Barbero Magno, quello che "diligit veritatem", solo lui può sciogliere il dubbio. 
    Mi aiuto nella richiesta con le parole del sommo poeta:
"Ma dilmi, e dimmi s'i' vo bene al varco; 
e tue parole fier le nostre scorte."

Mancini Enzo 12 ottobre 2024