martedì 6 settembre 2022

A chi vengono in mente queste "ca.. pensate"!

 Nel corso del convegno organizzato nel 2018 delle precedenti amministrazioni di Corridonia, qualcuno ha presentato questo progetto per utilizzare la chiesa di San Claudio per l'esposizione di quanto più inutile possa essere immaginato (con il silenzio assenso della Soprintendenza presente al convegno, che purtroppo non è ancora in grado di dare un giudizio critico sulla architettonica della chiesa).

 




lunedì 5 settembre 2022

La "SCUOLA SICILIANA" nasce nelle Marche!

 La "SCUOLA SICILIANA" nasce nelle Marche con Guglielmo Divini ed altri valenti "marchigiani" che con Enrico VI e Federico II si trasferirono a Palermo dove questo gruppo acquisì il titolo di "Scuola Siciliana". 

Riporto il giudizio di diversi autori:

Nel trattato Osservazioni sopra le famiglie nobili d’Italia, le loro arme, ed Imprese di Francesco Antonio Marcucci (1717-1798), si riporta questa testimonianza:

«Nella venuta nel 1187 in Ascoli di luglio di Henrico VI re dei Romani Filio di Federico I Barbarossa, imperatore, gli furono fatti archi trionfali oranti con varie Imprese & Insegne & Inscrizioni, dalli Ascolani, come si cava da un antichissimo manoscritto e gli fu recitata una orazione panegirica in lingua nostra italiana allora nascente e rozza e si suppone recitata dal nostro arcidiacono Berardo, poi vescovo di Messina; e un carme italiano o sia cantico encomiastico, recitato dal nostro Vuillielmo poi Pacifico poeta, il quale nella sua età avanzata fu frate e discepolo di San Francesco… Quando la recita del carme fu fatta il 22 luglio1187, Guglielmo aveva 29 anni: il carme era di 100 versi precisi e furono sufficienti perché Guglielmo fosse dichiarato nobile paladino e poeta di corte. Ventuno anni dopo, nel 1208, a Palermo Federico II ancora ragazzo lo proclamò solennemente suo maestro e re dei versi italiani per essere stato il primo di tal professione in Italia. Gli altri poeti furono tutti allievi della scuola guglielmina. Passano altri quattordici anni e Guglielmo fa la strepitosa risoluzione che tutti conosciamo».

Guglielmo Divini da Lisciano, dopo il 1187, fu accolto da Enrico VI e Costanza di Sicilia  alla corte palermitana.

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Anche le cronache ascolane (Andrea Antonelli, 1673, IV, p. 288) riportano come Guglielmo, insieme con altri scelti cittadini, venisse condotto dalla città marchigiana (in Sicilia ndr) alla corte imperiale per i suoi meriti letterari, mostrati nella composizione di un carme encomiastico nei confronti dei sovrani.

In un documento del 1194, Costanza si riferisce a Divini come al «fidelis noster attendentes cum fidem et devotionem» (Franchi, 1995, pp. 174 s. n. XIII).

Infine Federico II nel 1208 a Palermo proclamò Divini “Rex versuum”.

E’ necessario evidenziare come Guglielmo Divini, già autore di testi lirici nell’idioma linguistico dell’Italia mediana prima che questo venisse definito dalla letteratura in volgare, fosse presente da protagonista all’interno della cerchia letteraria federiciana, insieme ad altri valenti “marchigiani”, indica che nella Scuola siciliana ebbe un ruolo non secondario, non solo perché venne incoronato come il primo dei poeti già prima della piena fioritura della Scuola ma soprattutto perché è del tutto evidente che il gruppo motore della Scuola proveniente dal Piceno, dove si era già affermato come precursore della nuova lingue, venne trasferito a Palermo dove  acquisì il titolo di “Scuola siciliana”.

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Guglielmo Divini, già autore di testi lirici nell’idioma linguistico dell’Italia mediana prima che questo venisse definito dalla letteratura in volgare, poi attivo da protagonista all’interno della cerchia letteraria federiciana, insieme ad altri valenti “marchigiani”, ci dimostra che nella Scuola siciliana ebbe un ruolo non secondario. Venne infatti incoronato come il primo dei poeti già prima della nascita della Scuola. E’ inoltre del tutto evidente che il gruppo motore della Scuola proveniente dal Piceno, dove si era già affermato come precursore della nuova lingue, quando venne trasferito a corte a Palermo acquisì il titolo di “Scuola siciliana”.


Anche per questo Aachen non è l'Aquisgrana di Carlo Magno.

 

Leggiamo da “ANGILBERTI CARMINA DUBIA” come Angilberto descrive l'alba di Aquisgrana:

 "Exoritur radiis cum primum Phoebus honestis, Et iubar ignicomo perlustrat lumine montes, Praecipites scopulos et summa cacumina tangens Silvarum,…..”

"Non appena sorge il sole coi suoi luminosi raggi e il suo splendore  

illumina con fiamme di fuoco i monti, le rocce scoscese, e lambisce la sommità dei

boschi…..”

 

Alba sui Sibillini, i monti di Aquisgrana!