lunedì 28 agosto 2017

"IL MEDIOEVO: QUESTO SCONOSCIUTO"

Venerdì 1 settembre 2017 presso la sala convegni Cag "Pippo" di Corridonia  alle ore 21,00 avrà luogo un incontro culturale dal tema "Il Medioevo: questo sconosciuto".
Relatore: Prof. Nazareno Morresi
Moderatore: Prof. Diego Campetella

martedì 22 agosto 2017

Relazione del Dott. Nazareno Graziosi su: Salj, Franchi e Francesi


Salj, Franchi e Francesi

Quando e come i Galli, o Celti, o Salj,… diventano Francesi?

A questa domanda non sono mai riuscito a darmi risposte esaurienti.
I depositari della conoscenza hanno sempre asserito, come dogma di fede, che i Franchi hanno avuto origine sulla riva sinistra del Reno. Ma il territorio individuato è modesto e da sempre popolato da varie altre tribù; non esclusi i Longobardi. Non sembra possibile che improvvisamente abbia dato origine addirittura a due popoli (Salii e Ripuani), i quali, in poco tempo, diventano padroni di mezza Europa.


        
verde : franchi salj - rosso ripuari espansione longobarda cartine da vikipedia modificate

Considerato che i romani erano soliti affrancare i popoli vinti e possiamo ritrovare i Salj in varie regioni d’Europa, mi è sembrato più corretto pensare ad una associazione di franchi (affrancati di diversi periodi), con una tribù dominante.Ho cercato conferme e smentite in vari testi antichi:
    
 “Istoria d’Europa 800 - 913” – Pierfrancesco Giambullari1 ed. 1566 Assenzio Palermo
 Iniziando la verifica dalla pag. 92, apprendiamo che intorno al Danubio e al Reno abitavano molti popoli: Franchi , Boemi. Moravi, Ungheri , Duci e Valacchi; ed a destra Svevi, Bavari , Austriavi , Pannonj , con la Svevia, Rascia, e Bolgaria , … Ungheri, i quali allora si distesero per la Franconia.Il loro paese abbonda di grano e di vino e (di) grandi selve: Ottonica, Spessartica, Turingiea e la Boemica, abbondantissime di animali domestichi e salvatichi,
e da utile e da diletto. Mediante i molti navili si rifornivano del necessario. Gli abitatori non sono nati di questa provincia comunemente detta Franconia, o Francia Orientale”.
Afferma inoltre che, dopo la guerra di Troia, “uno nipote di Priamo chiamato Franco… se ne venne nel mar Maggiore, e dismontato in foce al Danubio 1578 anni avanti alla nostra salute, dette principio al regno de’ Franchi(??). Il che… provare non si puote  Clodomiro dipoi, che fu da Franco il diciannovesimo, lo anno 326 … lasciando la foce del Reno , se ne venne dove è Franconia: …, e chiamato Francia e Franconia tutto il paese dove già erano i Tenteri e Catti... e delle favole basti questo… da principio, (i Franchi)  furono pirati, corseggiando (azioni corsare) le maremme tutte di Gallia... della quale(furono) cacciati per forza d’arme dallo lmperadore Costanzio ... Bene è vero, che la origine del nome loro non ho io trovata … e conosco nientedimeno, che quella, che molti pongono, dei dieci anni di Valentiniano, che gli fece Franchi cioè liberi, non può stare in maniera alcuna, trovandosi nella vita di Probo e di Aureliano , cioè più di cento anni prima, che pure erano chiamati Franchi”.
Altri due antichi testi2 concordemente inseriscono Franco tra i 17 “Re di Francia antiqui avanti alla natività del Signore”: 1Samoteo, 2 Mago, 3 Sarron,  4 Driius, 5 Namnes, 6 Bardo, 7 Longo, 8 Bardo più giovane, 9 Celtes, 10 Lugdus, 11 Belgio, 12 Rhemus, 13 Franco, 14 Allobrox, 15 Romus,  I 6 Paris, 17 Bavo.
Ci asteniamo da commenti. Desta meraviglia trovare fra essi anche Rhemus e Romus: assomigliano troppo a Remo e Romolo.
note

1)Giambullari:  (Firenze 1495 1555 ) Letterato, storico, segretario di Alfonsina Orsini,  stimato dai Medici e da Leone X, Canonico della basilica di S. Lorenzo a Firenze (1515),  custode della biblioteca Laurenziana, accademico degli Umidi poi Accademia fiorentina; sostenne che l’italiano deriva  dall'etrusco, il quale origina dall'ebraico e dall'aramaico. Noto soprattutto per l'incompiuta Istoria dell'Europa

2) A)“Cronica Breve dei Fatti Illvstri e re di Francia”- Bernardo Giunti. Venezia 1587;
B)“La Historia di Tutte Le Citta', Ville, .. Notabili della Franza, o di tutti i Re” –traduzione dal franzese  di Michele Tramezzino 1558.

Verificato non produttivo il faticoso studio del Giambullari, ho ripiegato su:
B) “Roma Antica e Moderna tomo terzo (il tutto ricavato dal Baronio… ed altri classici Autori) Roisecco Roma 1765.


Della Liberaltà
pag 394 “Avendo il popolo Romano felicemente occupato colle sue forze quasi tutta l’Asia, ne fece… dono al Re Attalo…
Essendo stato vinto, dai Romani, Filippo Re di Macedonia, mediante il valore di Quinzio… (partecipa ai) giuochi Istimici… Nella frequenza maggiore di quei Popoli (Greci) fece, gridare improvvisamente ad alta voce da suoi Trombetti, e suoi Ministri, che tanto lui, quanto il Senato Romano donavano a tutte le Città della Grecia, sottoposte al dominio di Filippo, la libertà primiera, e le dichiaravano immuni da qualsivoglia legge di servitù; al quale inaspettato avviso tutte quelle genti sollevarono al Cielo tanto veementi le acclamazioni, e le voci, che alcuni uccelli attoniti, ed atterriti nell’aria, si lasciarono cadere in terra, (Valerio Massimo lib 4. De Liberalitate)”.
L’affrancamento dalle contribuzioni e da aggravi servili era da sempre una prassi rispettata come si è visto anche con Sestio in Provenza e con Cesare in Gallia.

C) “Compendio Di Storia Universale” di Jacopo Brand  Vescovo di Limburgo (1827 – 1833) – Ed. 1856 Vallardi Milano

Brand conferma che la Provenza conteneva venti piccioli stati, tra cui  prevalevano i Tettosagi, gli Allobrogi e i Salj. Poi passa in rassegna le caratteristiche somatiche e d’indole dei antichi germani: li descrive del tutto simili ai Salj e/o Galli.
(pag 161 § 157)statura alta e gagliarda, valorosi ed intrepidi in guerra…, costanti a tollerare la fame ed il freddo, del caldo e della sete impazienti. Educati fin da primi anni a combattere, amavano essi la caccia, la guerra, inquieti e operosi. Si avvolgevano gli uomini in pelli d’animali affibbiate con uno spino (Sagum, già mantello italo-salico). Erano appassionati delle bevande spiritose e de’ pasti gagliardi, il cacio, le frutte selvatiche e la selvaggina il lor vitto.
Ogni capanna o corte formava quasi un piccolo stato, l’uomo libero era illimitato padrone in sua casa (vedi: pater familias e patria potestas del diritto romano e il Vergaro nelle campagne picene). Le famiglie confederate erano dette Marca (regola già in auge anche nel Piceno??).. Molte marche formavano un Distretto (Gau), molti distretti uno Stato…o Alemania;, in caso di difesa, prendeva il nome di Heermanie ..; il dio della guerra, Ermanno (il Marte dei Sali), era in grande venerazione.
(§ 161) “Popoli Emigranti che fondarono regni permanenti.
“Parecchie stirpi germaniche: Cauci, Attuarj, Brutteri, Camavi, Gatti, Salj, si unirono in una gran lega (la data è imprecisata), denominandosi FRANCHI, cioè uomini liberi. Dimorando essi tra il Reno, il Weser, l’Elba, ecc, erano finitimi a’ Sassoni. Invasa nel 237 la Gallia belgica, una parte degli alleati franchi si stabilì nel 287 sulla riva sinistra del Reno. Di detta parte salirono in eminenza due stirpi: i Franchi SALJ ed i RIPUARI… dopo iterate prove, riuscì finalmente a CLODOVEO nel 482 d’impadronirsene intieramente. Ebbe allora principio uno stato franco durevole”.
 Il De  Feller (Busselles 1735 – Ratisbona 1802) sostanzialmente concorda (posdadando, forse con riferimenti a diversi eventi storici): Clodoveo.., soggiogò, nel 507, le Gallie, le quali presero il nome di Francia” (vedi anche pag 93 “Dizionario Storico” 1830 Venezia)

D) “Storia e Decadenza dell’impero Romano” E. Gibbon (1737-1795 London) v. 7° – MI - Nicolò Bettoni 1821



“Clodoveo non avea più di quindici anni, quando successe, per la morte di suo padre, al comando della Tribù Salica. Gli angusti confini del suo Regno si limitavano all'isola de Batavi”.
Dove Cesare aveva confinato i Bellovaci (in gran parte Salj).
CONSIDERAZIONI E DEDUZIONI
Giambullari ammette: “l’origine del nome loro non ho io trovata”.
Intoro al Danubio e al Reno insistevano 15 popoli e 4 grandi selve; è quindi poco probabile l’esplosione di Franchi e Longobardi.
L’affrancamento dei vinti era una benevola consuetudine per i Romani. Nei primi secoli d.C. i Franchi, uomini liberi (Franchi perché affrancati di nuova nomina o per discendenza), dovevano essere infiniti e tutti di tribù bellicose.
La costituzione della Lega Franca, di cui fanno parte i Salj (di origine picena?), databile nei primi anni del 200 d.C., fu probabilmente promossa dai Romani per contrastare invasioni esterne. La prima conquista della Gallia Belgica (di breve durata) fù l’inutile tentativo d’interposizione di uno stato cuscinetto.
Nel 215 a.C. inizia la costruzione della Muraglia cinese, la mastodontica linea Maginot attivamente difesa; ostacolo insormontabile per i popoli delle steppe i quali si riversano ad ovest. I Romani dovevano contare sulla lealtà degli affrancati; se pur erano coscienti dell’ineluttabilità degli eventi: il “limes” (linea di confine nelle Gallie), pragmaticamente, lo costruiscono di terra e palizzate, considerando inutile una costruzione più solida. Per il Vallo di Adriano il gioco valeva la candela.
Brand scrive che nel 287 alcuni costituenti della Lega Franca si spostano sulla riva sinistra del Reno poi si dividono in Franchi Salj  e Ripuani o Ripuari. Da qui la vulgata ufficiale.  Ma la Lega Franca già esisteva e i Salj erano tra i fondatori!
Franconia, Francia Orientale, Francia ecc., prima di Clodoveo, erano territori abitati dai numerosi affrancati;
Francia e Francesi (come generalmente si intende) non possono essere antecedenti alla fine del 400 o primi del 500 d.C. (Clodoveo); o almeno al 237 (conquista della Gallia Belgica secondo Brand).
Molti altri autori confermano che Clodoveo era Re della tribù dei Salj. Durante il suo regno fu pubblicata la Lex Salica (legge dei Salj). Dopo la sua morte è molto raro ritrovare i Salj e si parla solo di Franchi.
Evidentemente i Franchi Salj di Clodoveo diventanoi Franchi, per antonomasia.
Questa è solo una mia osservazione; sono pronto a ricredermi in caso di diversi riscontri. Non mi susciterebbe alcuna meraviglia se anche qualche storico, dai lucidi galloni dorati, dottamente vaticinasse qualcosa di simile, in ossequio alla storia, alla logica, alle situazioni contingenti e al buonsenso.
Aspettiamo: dicono che il tempo è galantuomo!
E di tempo ne è passato abbastanza!
post scriptum
Quanto sopra è apparso nell’edizione cartacea “ La rucola n° 229 del giugno 2017 pagg. 28 e 29”. Considerato che ora qualcuno comincia a parlare (anche in pubblico) di Franchi da affrancati, si ritine utile spiegare perché in  quell’articolo si insisteva nel sostenere che per i Romani l’affrancamento era da sempre una prassi: l’aveva inventata lo stesso Romolo!!!
Vedi Agostino Ferentilli in “La creazione del mondo…” edito in Venezia 1572; parte relativa a “Discorso di tutte le età, monarchie, regni.. .” pag 36
ROМOLO havendo edificato con felice principio la gran Città di Roma, aperse a tutti una franchigia, da lui chiamata ASILO nel quale andavano a salvar si stessi tutti i malfattori: in questo modo accrebbe grandemente il suo popolo. Ma vedendosi mancar Donne‚ fece il ratto delle Sabine fingendo di celebrare i giuochi Consuali  e in questo avvenne c’havendo uno rapito con maraviglia di tutti una Donna bellissima la salvò da molti, dicendo che la menava al Capitano Talassio. Onde essendogli felicemente riuscite le nozze, fu ordinato che in tutti gli sposalizii fosse invocato il nome di Talassio, si come da i Greci era invocato quello di Imeneo
Si ritiene utile questo riferimento sia per quanti desiderino aggiornarsi, sia per quelli che vogliono appropriarsi della tesi dei numerosi affrancamenti, ma soprattutto per evidenziare le consonanze con i tempi attuali.
In forza della sua Franchigia nessuno può accusare Romolo per:
•  conflitto d’interessi;
•  furto, appropriazione indebita (delle aree non edificabili); costruzioni abusive… Pur ammettendo che i buoi e l’aratro erano di Romolo e che i muratori erano tutti regolarmente assunti;
•  fratricidio, con l’aggravante dei futili motivi;
•  sequestro di persona a scopo di libidine violenta, favoreggiamento della prostituzione ecc;
•  violenza contro la donne, ecc. ecc.
Dicono che la storia è (o dovrebbe essere) maestra di vita; Winston Churchill sosteneva che dal passato si può prevedere il futuro. Ma queste robe di Romolo si sono verificate molti, molti secoli prima di Cristo. E pur si continua a sostenere che il diritto Romano è quello che ha dato origine alle più giuste norme del vivere civile (infatti, per alcuni, la franchigia ancora è in vigore e non ci riferiamo ai direttori delle Banche fallite e ai ricchi creditori insolventi).
Romolo inventò il Diritto d’Asilo e la Franchigia: niente di assimilabile con l’Istituto di Richiedenti Asilo e Diritto di Cittadinanza. Sono solo assonanze.   Allora erano altri tempi: oltre 37 secoli fa. Non si possono far analogie con i tempi moderni.

Almeno speriamo.

lunedì 21 agosto 2017

Intervento del Dott. FABIO PALLOTTO

Intervento del Dott. Fabio Pollotto nel corso del convegno del 1 luglio 2017 organizzato dalla Università di Camerino su: Il patrimonio culturale delle Marche centro-meridionali dal Tardo Antico all’Alto Medioevo.

Prof MARCO MATERAZZI dell' UNIVERSITA' CAMERINO

Dal convegno del 1 luglio 2017 organizzato dalla Università di Camerino su: Il patrimonio culturale delle Marche centro-meridionali dal Tardo Antico all’Alto Medioevo.

"Aspetti ‘geologici’, evoluzione del paesaggio e antropizzazione"


Prof.ssa GRAZIELLA ROSELLI

Dal convegno del 1 luglio 2017 organizzato dalla Università di Camerino su: Il patrimonio culturale delle Marche centro-meridionali dal Tardo Antico all’Alto Medioevo.

Il ruolo delle indagini diagnostiche nello studio dell'architettura e della pittura

Prof.ssa ENRICA PETRUCCI: "Storia, architettura e restauri delle fondazioni monastiche medievali nel bacino del Chienti: nuove indagini"

Dal convegno del 1 luglio 2017 organizzato dall'università di Camerino su: Il patrimonio culturale delle Marche centro-meridionali dal Tardo Antico all’Alto Medioevo

sabato 19 agosto 2017

Centro Studi San Claudio al Chienti: Centro Studi San Claudio al Chienti: Centro Studi ...

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Alberto Morresi presenta il suo libro "LA CONGIURA DI SANTA CROCE PER DEPORRE CARLO IL GROSSO"

Il ciclo di conferenze legate alla mostra di scultura del maestro Sandro Piermarini,  presso la chiesa superiore di San Claudio, si è concluso venerdì 18 agosto, con la presentazione del libro dell'Ing. Alberto Morresi "La Congiura di Santa Croce per deporre Carlo il Grosso".
Un folto gruppo di appassionati della storia dell'alto medioevo e seguaci della tesi del prof. Giovanni Carnevale hanno partecipato con interesse all'evento. Diversi sono stati gli interventi del pubblico per richiedere delucidazioni sulle varie incongruenze legate alla ubicazione di Aquisgrana in Germania, identificata con Aachen.




sabato 5 agosto 2017

Vittorio Sgarbi visita la mostra di scultura "IL GHIGNO DELL'IRONIA"

Venerdì pomeriggio il Prof. Vittorio Sgarbi è stato ospite del Centro Studi San Claudio.
Ha visitato con interesse la mostra di scultura del maestro Sandro Piermarini e si è complimentato con il presidente del Centro Studi Ing. Alberto Morresi per le interessanti iniziative realizzate dall'Associazione.



 Vittorio Sgarbi e Alberto Morresi



Vittorio Sgarbi di fronte alla statua equestre di Carlo Magno

Vittorio Sgarbi si sofferma con alcuni visitatori della mostra

martedì 1 agosto 2017

Dalla RUCOLA notizie da Macerata del 2 luglio 2017 riportiamo il seguente articolo:

Unicam, primi risultati dalle ricerche sul tardo antico e alto medioevo
Più discipline hanno lavorato insieme in modo non invasivo con sorprendenti risultati
Al Campus universitario di Camerino, si è svolto nella mattinata di sabato 1 luglio un incontro con i responsabili e i portavoce dei gruppi di ricerca impegnati nel progetto “Il patrimonio culturale delle Marche centro-meridionali dal Tardo Antico all’Alto Medioevo”. Le varie discipline coinvolte hanno fatto il punto sul lavoro eseguito come primo step, consistente in indagini non invasive.

Il Rettore Claudio Pettinari
Ha introdotto i lavori il Rettore Claudio Pettinari, per il quale in questo tempo in cui si parla continuamente di cittadinanza globale e di sostenibilità, è necessario far comprendere a tutti che altrettanto importante, anzi irrinunciabile, è la conservazione e la valorizzazione del proprio patrimonio culturale, sull’esempio di Udine, ferita dal sisma del Friuli nel 1976, che ripartì dalla cultura creando gruppi e centri di studio. Lo stesso si deve fare nella nostra regione, che possiede una ricchezza unica di beni culturali e di bellezze naturali.

Il responsabile del progetto Gilberto Pambianchi
Gilberto Pambianchi è critico nei confronti dell’organizzazione classica degli atenei in “compartimenti stagni”, cosa che non consente spesso una visione completa della ricerca. Riportare l’Uomo al centro di tutto è fondamentale e afferma che questo progetto è proprio fondato sulla interdisciplinarietà allo scopo di restituire al nostro territorio la sua vera identità. L’attenzione iniziale degli studi si è incentrata sulla vallata del Chienti che conserva tracce d’insediamenti fin dal paleolitico, il che vuol dire che è sempre stata abitata per essere da sempre fonte di risorse atte alla vita. Qui ci sono testimonianze dall’età del ferro continuativamente fino al tempo dei romani, per poi arrivare all’intervallo temporale oggetto degli studi: dal tardo antico all’alto medioevo.

Marco Materazzi
Marco Materazzi ha mostrato i prospetti dell’evoluzione del paesaggio nell’area del Chienti.
Dove non c’è protezione il paesaggio cambia continuamente, sia in area montana che nelle valli dei fiumi, fatto che nella valle del Chienti non è accaduto: ci sono aree come “congelate” quali la zona di San Claudio e quella di Santa Maria a Piè di Chienti a Montecosaro. In questi luoghi l’area si è conservata per duemila anni riportandoci intatta la sua storia, grazie al lavoro dell’uomo che ha avuto cura del territorio. Per dinamiche naturali certamente il corso del Chienti si è modificato ma ci sono tracce di reticoli idrici creati dall’uomo per regimarlo, strutture a Sforzacosta come nell’Ete Morto con palificazioni sia per difesa delle sponde che per ponteggi di attracco per le imbarcazioni, essendo allora il fiume navigabile. Si è sempre parlato di abbandono dopo la caduta dell’impero romano, ma nell’area del Chienti questo non si riscontra: ci sono nel substrato canali e pozzi individuati dai rilievi termometrici effettuati con l’uso di drone e di georadar.

Giovanni Scoccianti
Il gruppo di lavoro messo in campo da Unicam ha il compito di raccogliere dati e costruire la storia più plausibile, che malgrado sia ancora prematuro definire, consente già qualche riflessione. L’interdisciplinarietà innovativa va oltre le somme dei risultati dei vari gruppi di ricerca delle varie discipline presi singolarmente. La interpretazione organica collega le discipline e, non trascurando alcun singolo monumento o elemento, fa sì che la ricostruzione storica diventi un vero e proprio racconto, affascinante e comprensibile. Tra le varie analisi, quelle “proporzionali” sono determinanti per capire la cultura del costruttore, il contesto politico, l’intento del committente. Ogni particolare è determinante per la narrazione delle culture di un territorio. Il Piceno, come luogo di incontro e comunicazione con il vicino oriente e con il nord Europa, è tutto da indagare. Il lavoro mostrato nell’odierno incontro è appena il 10% di quello eseguito, e solo l’1% di quello ancora da fare.

Enzo Catani
L’area è un palinsesto, cioè una stratificazione pre-protostorica sino a Roma, poi tardo antico e medioevo, per cui prima di andare a scavare, si procede alle indagini con tutte le tecnologie non invasive a disposizione, incluse fonti storiche/documentali, e questo spiega la necessità di operare in multidisciplinarietà. Si è posta attenzione allo studio storico-archivistico su Pausulae, e all’analisi climatologica. Nel tardo antico si verificò una variazione climatica con aumento di umidità e con incremento della portata dei fiumi, come gli storici hanno scritto. Ci furono inondazioni, modifica delle foci: una conseguenza fu la migrazione delle popolazioni nelle alture. È stato incentrato uno studio sul medio corso del fiume Chienti, evidenziando uno strano angolo di confluenza tra il Fiastra e il Chienti, e mostrando come tra Corridonia e San Claudio il fiume si divise in due corsi d’acqua creando un’isola. Da reperti trovati questa dovrebbe essere Pausulae. Costantini di Montesanto ne parlava già nel 1800 nel “Liber iurium” (parcella del 1143 della diocesi di Fermo) descrivendo questo luogo che risulta chiamarsi proprio “Isola” fino a quella data, ma non nei secoli successivi, e attraversato da una antica strada che porta a San Claudio. Risulta nel 1700 un rischio di alluvione, evitata grazie a lavori di regimazione a San Claudio testimoniati da una lapide ancora presente su una parete dell’abbazia, gli stessi lavori furono eseguiti a Santa Croce all’Ete. Il professor Catani ha anche affrontato l’analisi dell’etimo Pausulae. Da più fonti il nome originario risulta essere Pausulae mentre le forme Pausulas e Pausula sono un chiaro errore del copista nelle trascrizioni. Interessante la teoria che il nome derivi da “pausare” cioè fare sosta, suggerendo una zona di piccole stazioni di sosta intervallive del Chienti (allora detto Flusor). La forma Pausulae plurale può far pensare a più insediamenti piceni, un nodo viario dove si incrociavano percorsi vallivi e intervallivi. Nei pressi di San Claudio c’è da scavare andando più in profondità rispetto ai reperti romani: lo strato dei piceni non è stato mai seriamente indagato.

Enrica Petrucci
Illustra il metodo di ricerca del gruppo di studio storia e architettura. Partendo dall’archivio storico della soprintendenza, dove sono conservati i documenti di cantiere dei restauri effettuati nel 1900, si cerca di ricostruire i lavori eseguiti e le modifiche apportate alle strutture di tre costruzioni: San Claudio, Santa Maria a Pié di Chienti e Santa Croce all’Ete. Individuate le aree meno deturpate e relative letture delle caratteristiche originali anche stilistiche, geometriche, si fa il confronto con le fonti archivistiche. L’indagine inizialmente solo fotografica, serve a fornire una analisi geometrica e materica, i cui risultati vengono riportati su schede, per avere a disposizione una sintesi efficace dove si può notare la più varia composizione, che fa supporre diverse maestranze, diversi materiali, diversi momenti di costruzione, eventi di distruzione, eccetera. Interessante lo studio per determinare le unità di misura usate: la rispondenza nelle strutture per descrivere le varie parti delle fabbriche, in particolare nelle absidi, risulta essere il “piede bizantino”.

Graziella Rosselli
Indagini diagnostiche su architettura e pittura, che forniscono dati di supporto alla ricerca non invasivi: la termografia, che rileva differenze anche minime di temperatura consentendo la mappatura di strutture interne, individuando le differenze dei materiali, i particolari nascosti, le manomissioni del fabbricato originale. Per esempio alla Collegiata di San Ginesio si è evidenziata una nicchia tamponata a sinistra dell’altare principale, e sulla facciata si vede una anomalia che corrisponde con probabilità all’antico ingresso decentrato, mentre nella zona absidale c’è un diverso spessore di muratura. Si sono fatte indagini multispettrali, con diverse lunghezze d’onda, sui dipinti come nella cripta di San Biagio. Queste rendono il tipo di pigmento usato, il che consente di risalire alla tecnica e all’epoca di realizzazione, e anche a riconoscere restauri successivi. Invece l’indagine a luce radente permette di riconoscere aggiunte, stratificazioni nei dipinti murali, facendo riconoscere la più piccola differenza di spessore. Infine la mensiocronologia, tecnica mai usata nelle Marche, crea una statistica sulle dimensioni dei mattoni: la dimensione del mattone dà la datazione per cui le anomalie fanno comprendere modifiche e ricostruzioni negli edifici effettuate nel tempo.

Conclusioni
I gruppi di ricerca sono composti per la gran parte da giovani, che hanno dimostrato di aver lavorato con perizia ed entusiasmo, alla luce delle scoperte superiori alle aspettative, dopo queste indagini non invasive, si aspettano di poter continuare con le fasi successive e passare alle analisi chimiche delle malte e agli scavi, e così poter trarre delle conclusioni che potrebbero stravolgere i libri di storia. Unicam, con la collaborazione di Unimc, intende comunque – malgrado le difficoltà causate dal sisma – portare avanti le ricerche avviate, sempre con il metodo della multidisciplinarietà e le tecnologie oggi esistenti, allargando gli studi da Genga fino a Ponzano di Fermo.
Simonetta Borgiani
2 luglio 2017


Fernando Pallocchini si complimenta con Sandro Piermarini


Grazie a Sandro Piermarini Carlo Magno è tornato a San Claudio
Installata la statua equestre dell’Imperatore e inaugurata la mostra “Il ghigno dell’ironia”
Presso l’abbazia di San Claudio al Chienti, nell’ambito dei festeggiamenti per il II Sinodo di Aquisgrana (817-2017), organizzati dal Centro Studi San Claudio e dall’Associazione culturale Cluentum con il patrocinio del Comune di Corridonia, denominati “Il tempo dove”, si è svolta l’inaugurazione della mostra di scultura “Il ghigno dell’ironia” del Maestro Sandro Piermarini.

Il ritorno di Carlo Magno
Evento clou è stato il ritorno, dopo secoli di assenza, dell’Imperatore Carlo Magno… non in carne e ossa ma sotto forma di una imponente scultura, recante i tratti caratteristici dei lavori di Sandro Piermarini, che è stata posta accanto l’ingresso della chiesa inferiore dell’Abbazia.
L’artista, dopo aver letto i primi libri del professor Giovanni Carnevale, si è sentito ispirato e nella sua mente è germogliata l’idea di Carlo Magno inserito nell’antica abbazia, idea creativa presto materializzata nel possente cavaliere che, in groppa al suo cavallo, domina sul paesaggio della valle del Chienti, visibile e protetto sotto di lui.

Il ghigno dell’ironia
Nella chiesa superiore dell’abbazia è stata invece approntata l’esposizione delle opere del Maestro, perfettamente inserite nel rigore architettonico di quegli spazi. La manualità sapiente dell’artigiano ha dato forma e valenza artistica a oggetti di materica tridimensionalità e, per una volta tanto, il visitatore è stato guidato/condizionato alla comprensione delle sculture da semplici frasi, addirittura a volte una sola parola, che se disgiunte dall’opera avrebbero poco da dire ma unite a essa danno all’insieme una interpretazione di forte ironia e di contemporaneità con il nostro momento storico.
Alcuni esempi? “Il pane di destra e il pane di sinistra”, perfettamente eguali fra loro qualunque sia la connotazione politica che li porta a tavola; “Macerata sotto aceto”, con i tre monumenti simbolo della città inseriti in un vaso di vetro e chiusi da un coperchio, il cui significato è facile intendere; “Futuro?” con una vanga infilata nella zolla; “Camerino” e la divisa da carcerato è li che si fa ammirare identificativa della parte meno nobile della città camerte. E così via in una mostra da interpretare sorridendo… di noi stessi.

Il dibattito
A contorno della mostra si è dibattuto, moderatore il professor Alvise Manni, sulla dimensione pubblica dell’arte con interventi di Michele Schiavoni su “Architettura come spazi sociali”, di Massimo Bernardini che ha parlato dell’Arte negli spazi pubblici dal ‘900 ai giorni nostri e, infine, dello stesso Sandro Piermarini sul tema degli interventi contemporanei negli spazi pubblici. Evidenziato il valore dei simposi artistici, veri e propri raduni di scultori che realizzano opere che poi verranno inserite negli spazi loro destinati sul territorio. Esperienze vissute da Sandro in Cina, cui partecipano artisti provenienti da ogni parte del pianeta, e che sarebbero da replicare anche da noi, per arricchire le nostre città con segni d’arte duraturi.
La mostra resterà aperta fino al 20 agosto con i seguenti orari: mattino dalle 10:00 alle 13:00; pomeriggio dalle 17:00 alle 20:00

Fernando Pallocchini