Abruzzo forte e gentile
Avevo solo undici anni nel 1962, quando con una gita parrocchiale andai al santuario di Lanciano, quello del miracolo eucaristico, in provincia di Chieti, in Abruzzo. Il mio parroco mi comandò di servire messa ad un prete del luogo; lo feci senza problemi, dato che facevo il chierichetto a San Claudio da cinque anni. Finita la messa, in latino, dopo il canonico ”prosit” in sacrestia, il prete abruzzese mi chiese da dove venivo. Risposi: da vicino Macerata. Non l’avessi mai detto: mi attaccò una ramanzina che non mi aspettavo proprio: perché quelli delle mie parti avevano sfruttato gli Abruzzesi da secoli, che si erano approfittati di loro senza scrupoli e altro che non mi ricordo.
Avevo solo undici anni, incassai e portai a casa senza spiccicare una parola. Che gli dicevo, che era la prima volta che parlavo ad un abruzzese, che io non avevo nessuna colpa?
Anni dopo, sia per le gare di ciclismo cui partecipavo, sia per il servizio militare e per l’Università, incontrai altri abruzzesi che mi rinfrescarono il concetto. Non gli stavo simpatico per il luogo da dove venivo, perché i miei antenati ai loro glielo avrebbero messo sempre in quel posto che non si dice.
Ora avevo sentito il detto: ”meglio un morto in casa che un marchigiano alla porta”. Ma a questo mi è stata data una spiegazione convincente: ai tempi dello Stato Pontificio quelli che il Papa mandava a riscuotere le tasse erano quasi tutti Marchigiani. Il detto circolava per l’Umbria e il Lazio, ma l’Abruzzo faceva parte del Regno di Napoli.
Per me questo astio abruzzese ha radici più antiche dello Stato Pontificio ed è come un documento, anzi più affidabile di un documento su pergamena. Questo odio ancestrale risale ai tempi di Carlo Magno, quando nella Francia Picena c’erano sia il detentore del potere temporale che quello del potere spirituale. Che andavano d’accordo all’inizio.
Poi cominciarono a litigare e spuntarono Guelfi e Ghibellini e la Storia prese una direzione diversa, iniziò un percorso probabilmente impossibile da ricostruire in Europa, con tutti i falsi documenti proliferati come funghi, con quelli veri bruciati, copiati male, delocalizzati…
Sarebbe interessante verificare se questo sentimento abruzzese verso i Marchigiani, che io ho potuto constatare nel secolo scorso, persiste nella generazione del XXI secolo, ma… mi ci vorrebbe un’altra vita.
E poi bisognerebbe chiedere a quelli come me che hanno superato i settanta. Perché mai nella storia umana c’è stata tanta differenza culturale fra quelli che si affacciano alla vita e quelli più o meno pronti al grande salto. Dai carri dei campi agli aerei del cielo.
Mancini Enzo 7 aprile 2025
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