mercoledì 30 novembre 2022

Da "La scoperta di Aquisgrana in Val di Chienti" del Prof. Giovanni Carnevale

 

G I O V A N N I CARNEVALE

La scoperta di

AQUISGRANA

in VAL DI CHIENTI

PAG: 35:

IL TERMINE PALATIUM INDICA L’AREA DEL POTERE DI AQUISGRANA. IL PALATIUM ERA NEL PICENO.

 

Eginardo e Claudio di Torino usano, come si è visto, il solo termine di Palatium per indicare il Palazzo di Aquisgrana.

Il Palatium lo troviamo, localizzato nel Fermano, in un documento del 787

redatto per ordine di Hildeprand, duca di Spoleto. (14) Il documento fa anche riferimento

a Guarino, genero di Hildeprand e conte dello stesso Palatium, cosicché

questo Palatium nel Fermano ha tutti i requisiti per essere Aquisgrana, ubi regis

comitatus erat. (15) Un conte di Palazzo poteva infatti esserci solo ad Aquisgrana.

La presenza del Palatium nel Fermano comporta un massiccio insediamento di

Franchi nel Piceno. Che ceppi di popolazione franca abitassero nel Piceno è

indubbio, perché ancora dopo il Mille, nei contratti locali o nelle disposizioni

testamentarie si specificava a quale legislazione i traenti intendessero attenersi, se

alla franca, o alla longobarda, o alla romana. Non si è però mai indagato né sull’origine

né sulla consistenza di tali insediamenti.

Ciò premesso, do in traduzione il documento che la cancelleria del Palatium

redasse nel 787 per volontà di Hildeprand, duca di Spoleto.

In nome del Signore Dio Gesù Cristo nostro Salvatore.

Regnando i signori nostri Carlo e Pipino suo figlio, re dei Franchi e dei

Longobardi e patrizio dei Romani, nell’anno del loro regno in Italia per grazia di

Dio XIV e VI.

In nome di Dio Onnipotente io Hildeprand, glorioso e sommo duca del Ducato

di Spoleto.

Sono noti i fatti per cui Rabenno, figlio del conte Rabenno della città di

Fermo, prese in moglie Haleruna che Hermifrid per diabolica ispirazione rapì con

violenza e sposò. In seguito a ciò Rabenno denunciò il fatto qui “in Palatio” e

successivamente si celebrò il processo a carico dello stesso Hermifrid. Secondo la

legge longobarda ambedue furono consegnati nelle mani di Rabenno. Poi Rabenno

di sua volontà fece loro dono della vita e alla sua presenza fece indossare ad

Haleruna l’abito di monaca e la fece consacrare da un sacerdote. E pur essendo

stato fatto tutto ciò, dopo se la riprese di nuovo in moglie. Di conseguenza tutti i

possedimenti della stessa Haleruna divennero di proprietà pubblica, secondo la

legge. Perdonò ugualmente ogni colpa allo stesso Hermifrid e lo restituì spontaneamente

a suo padre Spentone in seguito a “launigildo”. Dopo però, poiché stavano

di nuovo per cadere in peccato, lo stesso Rabenno lo uccise di sua mano. Perciò, in

base alle disposizioni di legge riportate dall’editto, il predetto Rabenno fu cacciato

da tutti i suoi possedimenti e la metà di essi divenne di dominio pubblico.

Perciò noi, suddetto glorioso e sommo duca, a nome dei suddetti re nostri

signori e nostro, doniamo e concediamo al Monastero di Santa Maria Madre di

Dio sito nella Sabina, nel luogo denominato Acuziano, dove lo stesso Rabenno si

è volontariamente fatto monaco, ossia a te, reverendissimo Altpert, abate santissimo,

nostro oratore, e a tutti i monaci dello stesso santo Monastero, tutta la suddetta

proprietà di costoro, quale è stata secondo diritto e ragione devoluta alla

proprietà pubblica, cioè le case, le terre, le vigne, i prati, le selve, i saliceti, gli

alberi fruttiferi e infruttiferi, i campi coltivati e incolti, i servi e le serve, i beni

mobili e immobili, tutto in blocco quale è divenuto di proprietà pubblica per diritto

e per ragione secondo la legge, e quale essi stessi prima avevano posseduto a

buon diritto, tutto insomma concediamo in possesso del detto Monastero. Perciò a

partire da oggi resti saldo e stabile possesso del detto Monastero e dei suoi abati

e non venga mai rivendicato da nessuno, conte, gastaldo o nostro “actore”. Io

Halifred diacono e notaio ho scritto ciò per ordine della suddetta autorità.

Rilasciato “in Palatio” per ordine di Spoleto nell’anno XIV della nostra elezione

a duca in nome di Dio, nel mese di agosto, indizione X.

Sotto il conte Guarino, nostro genero.

Il documento offre lo spunto per varie riflessioni:

** Carlo Magno nell’agosto del 787 era impegnato in Baviera contro il ribelle

duca Tassilone, ma dal documento risulta che in sua assenza Hildeprand aveva o si

arrogava il diritto di inviare da Spoleto ordini alla cancelleria del Palatium nel

Fermano, cui presiedeva un Conte di Palazzo. Hildeprand insomma agiva in nome

di Carlo Magno stesso. Il riconoscimento della carica di Guarino (sub Guarino

comite genero nostro) è quasi solo un atto di cortesia del suocero nei confronti del

genero. Eppure i procedimenti giudiziari rientravano nelle competenze del conte

di Palazzo. Eginardo al c. 24 riferisce che Carlo Magno se, mentre si vestiva, il

Conte di Palazzo gli riferiva che c’era una lite che non poteva essere risolta senza

una sua decisione, faceva subito introdurre i litiganti e pronunciava la sentenza.

Evidentemente, di fronte alla personalità e all’invadenza del suocero, il genero

lasciava fare.

** I Rabenno senior e junior erano conti di Fermo, ma Hildeprand li liquida con

uno sbrigativo filius cuiusdam Rabennonis comitis civitatis firmanae. Evidentemente

i conti Rabenno erano nobili longobardi senza più potere. A Rabenno

junior Hermifrid aveva potuto rapire la moglie; Hildeprand, in nome di Carlo

Magno, gli aveva sottratto metà dei beni e tutti quelli della moglie, fino a spingerlo

a trovar rifugio, come monaco, nell’abbazia di Farfa. Per il longobardo Rabenno

era stato senz’altro un’umiliazione e un errore aver chiesto ai Franchi del Palatium

che contro Hermifrid si istruisse un processo secundum legem longobardorum.

** Nel Palatium era attiva una cancelleria tanto qualificata che Hildeprand

attraverso essa poté fare, in nome di Carlo Magno, ciò che da Spoleto non avrebbe

potuto fare. Era cioè la cancelleria del Regno.

** Il documento la dice lunga sull’arroganza dei metodi con cui i Franchi si

andavano impadronendo del territorio fermano a danno dei Longobardi. Forse per

reazione a tutto ciò il longobardo Paolo Diacono maestro nella scuola palatina di

Aquisgrana fino al 787, dopo tale anno non volle più restare ad Aquisgrana, ma se

ne andò a Montecassino.

** La cancelleria del Palatiumdopo aver redatto il diploma per ordine di

Hildeprand, in chiusura, quasi a scanso di responsabilità, ci tiene a precisare che il

documento era stato redatto ex iussione suprascriptae potestatis, cui evidentemente

non si poteva dire di no. Come se non bastasse si aggiunge che è stato redatto

In Palatio ma per ordine di Spoleto, iussione Spoleti.

** Il tribunale del Palatium è il tribunale di suprema istanza del Regno. Non

dipende da Fermo perché ne giudica i conti e non dipende da Spoleto perché la

stessa Spoleto deve far ricorso al Palatium per rendere esecutivo in nome dei re

Carlo e Pipino un provvedimento preso dal duca.

** Indubbiamente Hildeprand aveva calcato pesantemente la mano nei confronti

dei Rabenno di Fermo e questo poteva aver suscitato resistenze locali e perplessità

sull’effettiva validità giuridica del documento rilasciato su pressioni del duca

di Spoleto, ma In Palatio e a nome dei re Carlo e Pipino. Trovo infatti anomalo

che Carlo, sette mesi dopo, abbia dovuto emettere un secondo documento, sulla

falsariga del primo, a integrazione dell’opera di Hildeprand. Il beneficiario abate

Altpert nel proprio interesse, ma anche la cancelleria del Regno, a scanso di

responsabilità, si rivolsero a Carlo, perché al provvedimento di Hildeprand venisse

riconosciuta indiscussa validità giuridica. E Carlo, da buon diplomatico, per arginare

la debordante invadenza di Hildeprand e precludergli un ulteriore uso personalistico

della cancelleria del Palatium non ne riconobbe esplicitamente la validità

giuridica ma emise un nuovo diploma identico al primo nella sostanza, per cui

l’abbazia di Farfa entrò in possesso dei beni di Rabenno per diretto conferimento

di Carlo Magno. Così facendo Carlo Magno riconobbe che il processo contro

Rabenno e Haleruna si era svolto legalmente, nel rispetto del diritto longobardo,

ma non riconobbe la validità del documento “estorto” da Hildeprand alla cancelleria

del Regno.

Do in traduzione il nuovo documento emesso direttamente da Carlo Magno,

pratica dichiarazione di nullità giuridica del primo, anche se ne ripete pressoché

alla lettera i contenuti. (16)

Carlo per grazia di Dio Re dei Franchi e dei Longobardi e Patrizio dei Romani.

Tutto ciò che per amore di Nostro Signore Gesù Cristo cediamo e doniamo ai

luoghi dei venerabili santi, riteniamo che in nome di Dio abbia pertinenza con la

prosperità e la stabilità del nostro regno.

Sia perciò noto a tutti i nostri fedeli presenti e futuri che il venerando Abate

Altpert e i monaci del Monastero di Santa Maria Madre di Dio e sempre Vergine,

che è situato nel luogo chiamato Acuziano, nella Sabina, hanno richiesto alla clemenza

del nostro regno alcuni beni che il duca Hildeprand, nostro fedele, ha

requisito o acquisito in seguito a processo, da un uomo di nome Rabenno e da sua

moglie Haleruna in base all’editto dei Longobardi, a causa di alcuni atti illeciti

da essi perpetrati, e cioè la metà di tutto il patrimonio del suddetto Rabenno e per

intero la proprietà di Haleruna: che tutto quel che possedevano nella città di

Fermo o nel suo territorio lo donassimo in elemosina o lo confermassimo al detto

Monastero di Santa Maria. Come a ciascuno dei nostri fedeli che presentano giuste

richieste, non abbiamo voluto dire di no alle loro richieste. Ordiniamo perciò e

comandiamo, che tutto ciò che il ricordato duca Hildeprand acquisì a giusto titolo,

secondo la legge, dal predetto Rabenno e da sua moglie Haleruna, sia in terre,

case, edifici, campi, selve, prati, pascoli, acque e corsi d’acqua, sia in vigne, alberi

fruttiferi e infruttiferi, luoghi colti e incolti, beni mobili e immobili, servi e

serve, tutto e in tutto lo tengano e lo posseggano per sempre, per conto del suddetto

monastero di Santa Maria, il prefato e venerabile abate Aldepert e i suoi

successori che saranno rettori del suddetto monastero, in virtù di quest’ordine,

come dono di sostegno da parte della serenità nostra. Se ne servano per l’illuminazione

della chiesa e il mantenimento dei monaci che ivi servono a Dio, per

sempre, come elemosina nostra e della consorte e dei nostri figli. Perché questo

documento abbia più valore e sia meglio conservato nei tempi futuri, lo abbiamo

sottoscritto di propria mano e lo abbiamo fatto sigillare col nostro anello. Firma

del gloriosissimo Carlo. Hercambald in sostituzione di Radone.

Rilasciato il 28 marzo negli anni XX e XIV del nostro regno. Redatto a

Ghilinheim nella nostra “villa”. In nome di Dio, felicemente.

Per concludere, il Palatium di Aquisgrana sul territorio di Fermo non può essere

fantomatico, anche perché possibili resti del Palatium sono già emersi dal sottosuolo

nelle immediate vicinanze di San Claudio al Chienti.


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